Olga, la recensione: una vita sospesa e lo sport come salvezza

La recensione di Olga: Elie Grappe dirige un film che ha per protagonista la ginnasta professionista Anastasia Budiashkina. Realtà, finzione e lo sport come sinonimo di salvezza da un esilio forzato.

Olga, la recensione: una vita sospesa e lo sport come salvezza

Sport, vita, cinema. Tre piani, la stessa identica linea. Una linea che ondeggia in una messa in scena che mette al centro il corpo, e una messa in scena che il regista alterna in due realtà geograficamente distinte, eppure legate dal rapporto tra una madre e una figlia. Il regista in questione è il franco-svizzero Elie Grappe, che quando ha iniziato a scrivere Olga aveva poco più di vent'anni. Ora ne ha ventisette e a metà della scrittura, della produzione e dell'uscita, ecco che in mezzo è sbucata una pandemia, e pure una guerra. Quella guerra che arriva da lontano e non ancora percepita (o forse sì?) durante la rivoluzione di Maidan, avvenuta a Kiev nel 2014. Del resto, quella di Olga, presentato alla Semaine de la Critique di Cannes 2021 e poi passato ad Alice nella Città, non è il solito film sul riscatto, sulla perseveranza, sul coraggio.

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Olga: una scena del film

Bensì, è un alternativo coming of age che viene giocato - per così dire - sulle distanze incolmabili e drammatiche, vissute dalla protagonista in relazione alla sua situazione famigliare e alla sua situazione socio-politica. Del resto, l'idea per il film è arrivata al bravo Grappe quando ha sentito la storia di una violinista ucraina arrivata in Svizzera durante il movimento dell'Euromaidan (molto in breve: manifestazioni pro-Europa esplose nel novembre 2013), e di quanto fosse turbata dall'incandescente situazione di un paese spaccato in due. Per questo, dietro il percorso sportivo, Olga - un po' storia vera, e un po' finzione - si sofferma sulla conflittualità della protagonista, strapazzata dal dovere sportivo e dal bisogno umano, e afflitta dalla lontananza che la separa dalla sua famiglia. Sullo sfondo, i tumulti politici di una terra che dovrebbe essere intesa come casa, e ma che invece finisce per inquietare e spaventare.

Olga, andare o restare?

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Olga: una scena del film

Un po' storia vera, un po' finzione cinematografica perché Olga ha per sfondo la cronaca dei fatti politici avvenuti in Ucraina tra il 2013 e il 2014, e ha per protagonista Anastasia Budiashkina, talentuosa ginnasta ucraina, che nel film interpreta appunto Olga, un'atleta di quindici anni alle prese con gli allenamenti per i campionati europei. Tuttavia, il clima politico di Kiev è incandescente, e allora la ragazza si troverà davanti un bivio: volare in Svizzera, e accettare la cittadinanza franco-svizzera (l'Ucraina non permette la doppia cittadinanza), come il suo defunto papà, oppure restare in Ucraina, con sua madre Ilona (Tanya Mikhina), che di lavoro fa la giornalista e prova sostenere la causa europea schierandosi (pericolosamente) contro il presidente (filorusso) Yanukovych. La strada sembra segnata, ma per Olga è comunque difficile accettare la sua nuova dimensione, trovandosi emotivamente sospesa. Sospesa come quando tende i muscoli, in equilibrio su una vecchia panca di legno.

Tra realtà e finzione

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Olga: una scena del film

Gli allenamenti, il sudore, il senso dell'applicazione, la disciplina. Elle Grappe, al suo primo film, dimostra un certo talento senza troppo strafare (sfruttando nel miglior modo possibile la fotografia di Lucie Baudinaud e la colonna sonora di Pierre Desprats). La costruzione del clima sportivo - tipico nei suoi cliché - è efficace, asciutto e ben strutturato, tuttavia la sceneggiatura, e di conseguenza il tono, è molto più avvicinabile al romanzo di formazione, e all'umanità che la vicenda si preoccupa di portare in superficie. Poi, è da sottolineare la finzione scenica miscelata ad un approccio strettamente legato al reale: se Anastasia Budiashkina è davvero una ginnasta (che oggi sale e scende dai rifugi anti-aereo...), anche le altre compagne di squadra sono delle atlete professioniste (un po' ucraine e un po' svizzere), così come gli allenatori. Questo, ha fatto sì che Olga acquisisse maggiore credibilità (non richiesta, ma è una scelta stilistica che rispettiamo) e una maggior spontaneità emozionale, enfatizzando in modo davvero preciso l'aspetto sportivo. Come detto, però, non c'è solo questo in Olga.

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Olga: una scena del film

Piuttosto, Grappe spinge sull'intensità (interiore, fisica, espressiva) di una ragazza a metà, e di quanto sia complesso rinunciare ad una parte di sé perché il concetto di casa ha improvvisamente cambiato i confini. Dunque, è l'esilio la vera chiave che insegue Elle Grappe, portandolo più volte in primo piano, benché lo nasconda in modo intelligente dietro l'apparente freddezza di un'efficace protagonista. Alla fine, Olga diventerà (per merito o per colpa del tempo) qualcos'altro rispetto alle iniziali intenzioni di Grappe. Anch'esso inconsapevole di ciò che un destino già scritto aveva riserbato per migliaia e migliaia di ragazze che non sanno più cosa sia la felicità.

Conclusioni

Come scritto nella nostra recensione di Olga, Elie Grappe dimostra un certo talento, portando in scena una storia bilanciata tra realtà e finzione cinematografica. Nel film l'aspetto sportivo è fondamentale, ma è ancora più importante quello umano: la storia di una ragazza che, per inseguire il suo complicato sogno, deve lasciare il suo Paese d'origine, l'Ucraina.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
5.0/5

Perché ci piace

  • Anastasia Budiashkina è molto brava.
  • Una buona scrittura.
  • I colori scelti.
  • L'approccio reale...

Cosa non va

  • ... che confonde un po' il tono generale.