Nottefonda, recensione: un dramma potente sullo sfondo di una Napoli inedita

Giuseppe Miale di Mauro firma la trasposizione rivisitata del suo romanzo, La strada degli americani. Protagonista un grande Francesco Di Leva nei panni di un uomo trincerato nel suo dolore.

Francesco e Mario Di Leva in Nottefonda

"È sempre più buio appena prima dell'alba". Lo scriveva nel XVII secolo lo scrittore e storico inglese Thomas Fuller. Una frase che sembra racchiudere lo spirito di Nottefonda, esordio al lungometraggio di Giuseppe Miale di Mauro in sala dopo il passaggio alla Festa del Cinema di Roma. Un'opera liberamente tratta dal romanzo del 2017 La strada degli americani scritta dallo stesso regista e trasformata in una sceneggiatura insieme a Bruno Oliviero e Francesco Di Leva.

Un grande lavoro di interpretazioni

Nottefonda Francesco Di Leva Scena
Francesco Di Leva è Ciro

L'attore - che con il regista è anche il cofondatore del NEST, il progetto socioteatrale sviluppato nel cuore di San Giovanni a Teduccio - è Ciro. Un uomo disperato, alla sbando. Ha perso la moglie, investita e uccisa in strada. Ogni notte, da un anno, sale sulla sua auto e cerca la vettura rossa che ha causato l'incidente per farsi giustizia. Al suo fianco il figlio tredicenne Luigi (Mario Di Leva, vero figlio dell'attore già protagonista di Resta con me) che lo accompagna in un viaggio doloroso. Una lenta autodistruzione, un annientamento assoluto, un'elaborazione del lutto rifiutata a favore di un distaccamento totale dalla realtà.

Ciro è così trincerato in quella sofferenza da aver scelto il crack come anestetizzante e chiuso ogni possibilità di vita alternativa. Un dolore che ha esteso alla madre (una sempre stupenda Dora Romano), testimone di una lenta e inesorabile discesa negli inferi e all'amico Rosario (Adriano Pantaleo, altro cofondatore del Nest). Nottefonda diventa così il ritratto di un uomo senza più nulla da perdere che vive nella potente interpretazione di Di Leva capace di restituire al suo personaggio tutto il tormento e la desolazione in cui è sprofondato (merito anche grazie di un importante lavoro sul corpo).

Nottefonda Francesco Di Leva Mario Di Leva
Francesco e Mario Di Leva in una scena del film

A rendere ancora più palpabili le sue emozioni la relazione con il figlio. Un rapporto spesso invertito, dove è il ragazzino a cercare di spronare il padre, a tentare di rimetterlo in riga, a farlo riemergere dalla sua apnea emotiva. Ma Ciro prova a evitare qualsiasi confronto, sfugge ogni possibilità di relazione umana. La sua è una punizione che infligge prima di tutto a se stesso, consumato dai sensi di colpa. E in questo il film di Giuseppe Miale di Mauro è un grande lavoro di interpretazioni che spesso parlano anche attraverso i silenzi.

Una Napoli inedita

Nottefonda Francesco Di Leva Adriano Pantaleo
Una scena di Nottefonda

Puntellato da vari flashback che aiutano a capire meglio il passato di Ciro e della sua famiglia prima dell'incidente, Nottefonda è ambientato nella periferia est di Napoli ma ha il grande pregio di non abusare visivamente della città. A fare da sfondo a questa storia ci pensano i sottopassaggi, i tetti dei palazzi, le strade illuminate da fari e lampioni. Nulla è strettamente riconoscibile e rende ancor più universale il racconto che si dipana in un periodo natalizio chiamato ad accentuare il senso di solitudine e disperazione che attanaglia il protagonista.

A rendere ancor più vincente l'approccio visivo ci pensa la freddezza della fotografia di Michele D'Attanasio che toglie i colori caldi spesso associati alla città partenopea e li sostituisce con sfumature metalliche. Le inquadrature fisse, pulite, spesso incentrate sui primi piani dei personaggi raccontano poi una scelta ben precisa che si concentra su di loro senza cercare altrove la potenza emotiva. Anche se l'elemento narrativo che dovrebbe accompagnare lo spettatore fino allo svelamento finale, rischia di essere compreso fin dall'inizio.

Nottefonda Francesco Di Leva Primo Piano
Francesco Di Leva in una scena del film

Il buio della notte da cui ha deciso di lasciarsi avvolgere Ciro e che rischia di annientarlo è ciò che caratterizza il racconto, ma di pari passo c'è una piccola, flebile luce che si insinua nella sua vita. È aggrappandosi a quella che l'uomo può iniziare ad accettare ciò che è accaduto e, nonostante le lacrime, ricominciare a sorridere.

Conclusioni

Ciro è un uomo distrutto dalla perdita della moglie morta in un incidente stradale. Da un anno un desiderio di vendetta lo porta all'autodistruzione, rifugiandosi nel crack e isolandosi affettivamente. Al suo fianco c'è il figlio Luigi, che tenta invano di scuoterlo dalla sua disperazione. Il film esplora il tormento interiore di dell'uomo, magistralmente interpretato da Francesco Di Leva, e la sua incapacità di affrontare il lutto. Ambientato nella periferia di Napoli in un periodo natalizio che accentua la solitudine del protagonista, il film utilizza una fotografia fredda e inquadrature focalizzate sui personaggi per intensificare l'impatto emotivo. Una riuscita opera prima la cui unica pecca è data dalla possibilità di comprendere prima del previsto un fondamentale ingranaggio narrativo.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • L'interpretazione di Francesco Di Leva
  • La dinamica attoriale tra i due Di Leva
  • La fotografia di Michele D'Attanasio
  • La scelta di non raccontare visivamente una Napoli vista e rivista
  • Un cast di ottimi attori, da Dora Romano ad Adriano Pantaleo

Cosa non va

  • Un ingranaggio narrativo rischia di essere compreso prima del tempo