Noi, figli del '68 tedesco
Germania ovest, primi anni '60. Bernward Vesper sogna di diventare uno scrittore famoso e di poter rendere un giorno il giusto riconoscimento all'ultima opera scritta dal padre Will, celebre per aver giocato un ruolo assai importante come sostenitore di Hitler durante il Terzo Reich. Celebrato dai nazisti come l'ideatore della teoria dell'appartenenza di ogni individio a blut und boden, sangue e terra, suo padre muore nel 1962 con addosso l'etichetta di infame autore nazista e proprio in punto di morte chiede al figlio, grande appassionato di letteratura, di lottare con tutte le sue forze affinché il suo controverso libro venga pubblicato.
La guerra è finita da soli quindici anni, ma l'atmosfera in Germania è ancora soffocata sotto il peso sua Storia recente. Gli ex-leader nazisti sono tornati ad occupare importanti poltrone governative come se nulla fosse accaduto nei campi di concetramento, e nessuno ha avuto ancora la forza di confrontarsi con i crimini di guerra.
E' in questo preciso momento che Bernward incontra Gudrun Ensslin, la figlia di un pastore protestante, che diverrà una delle donne più famose di Germania per il suo grande spirito rivoluzionario. Uniti dall'amore e dalla forza della parola scritta, i due intraprendono una passionale storia d'amore, estrema e dolorosa, ai limiti della follia, che più volte rischierà di interrompersi a causa dei continui tradimenti di Bernward. Una travagliata relazione che col tempo li porterà ad autodistruggersi. Decisi a combattere il conformismo e a conquistare il mondo, i due fondano una casa editrice grazie alla quale pubblicheranno libri di sociologia e politica che lasceranno il segno nella letteratura tedesca, e poi lasciano la città partono alla volta di Berlino.
I figli del '68 protagonisti di If Not Us, Who? hanno fatto tanti errori, ma fanno parte di una generazione che porta e porterà sempre sulle spalle il fardello gli errori dei padri che aderirono direttamente o indirettamente alla ferocia nazista. In tal senso la scena d'apertura del film, quella in cui il gatto di Bernward bambino viene ucciso con una fucilata dal padre perchè colpevole di aver mangiato un usignolo caduto dal nido, assume un valore potente e straordinariamente emblematico. Parole, sogni e imprese eroiche (o antieroiche, a seconda dei punti di vista) dei ragazzi che hanno cambiato la storia e hanno scelto di gridare la loro protesta ad alta voce contro le oppressioni e le dittature, in particolare di una donna che ha dedicato tutta la sua vita in nome dei suoi ideali diventando sempre più integralista e ossessionata col passare degli anni, fino alla morte avvenuta nel 1977 per sua stessa mano in una cella della prigione Stammheim di Stoccarda, luogo in cui si suicidarono anche i due compagni di tante battaglie Andreas Baader e Jan-Carl Raspe.
Un film ben scritto e diretto con mano ferma dal Veiel che riesce a portare sul grande schermo senza esasperazioni e con il giusto equilibrio tra dramma, azione e romanticismo, un altro pezzo del puzzle della Storia tedesca, uno di quelli meno conosciuti fuori dai confini tedeschi. Un plauso va anche ai tre bravissimi attori protagonisti, Lena Lauzemis (Gudrun), August Diehl (Bernward Vesper) e Alexander Fehling (Andreas Baader), due tra i Bastardi senza gloria di Tarantino. Non a caso.
Movieplayer.it
3.0/5