Instancabile Peter Greenaway. Continua a provocare affermando che il cinema è morto, ma nel frattempo si fa in quattro per portare avanti i numerosi progetti che lo vedono diviso tra regia, installazioni artistiche e sperimentazione tecnologica. In questi giorni ha sospeso le riprese del suo nuovo lavoro, un biopic sullo scultore Constantin Brancusi, per accompagnare il lancio in home video di Nightwatching, affascinante ed enigmatica pellicola sulla Ronda di Notte di Rembrandt che, dopo il passaggio al Festival di Venezia nel 2007, è stata ingiustamente trascurata dai distributori. Oggi il film arriva in home video grazie alla sinergia tra Lo Scrittoio e CG Entertainment, ma il pubblico di Firenze, Milano, Roma e Riccione può gustarsi l'eccezionale visione sul grande schermo in quattro proiezioni d'eccezione. La prima serata ha visto l'Odeon strapieno e tra l'altro, nel cinquantenario dell'alluvione di Firenze, Greenaway ha confessato di essere stato uno degli Angeli del Fango giunti a Firenze per aiutare la città dopo la catastrofe. Sold out anche Milano e Roma, a dimostrazione che le mirabolanti opere del maestro gallese continuano a esercitare notevole fascino sul pubblico, il tutto nonostante le difficoltà produttive contro cui Greenaway ha dovuto spesso lottare.
"Mio nonno guardava film sul grande schermo in compagnia" ci confessa Peter Greenaway. "Oggi le uniche esperienze collettive sono i festival. Sempre meno persone vanno al cinema, preferiscono guardare film da soli su piccoli schermi, computer, cellulari, mentre sono in ufficio o nella loro camera da letto. Il cinema è diventato una pratica intima, anche Hollywood sta cominciando a realizzare. La vecchia esperienza è finita, oggi i film dovrebbero essere più agili, più preziosi, dobbiamo dire addio al cinema ipertrofico".
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Da Rembrandt a Brancusi: l'arte dei biopic
Il lancio di Nightwatching in home video è accompagnato da un'edizione limitata in DVD, autografata dal regista, che raccoglie il film su Rembrandt, Goltzius & The Pelican Company e il recente Eisenstein in Messico. Tre biopic su tre figure centrali nel mondo dell'arte. "Negli anni i miei film diventavano sempre più teatrali e barocchi (motivo per cui il pubblico italiano mi apprezza più degli altri), perciò mi sono detto 'Facciamo qualcosa di veramente teatrale, superiamo il limite'" racconta Greenaway. "Il cinema è un medium artificiale. Chiunque mira al realismo è destinato al fallimento perché il cinema è finzione. L'essenza dei film è vedere le persone che fanno sesso e muoiono, ma tu sai perfettamente che non fanno sesso e certamente non muoiono sul serio. E' un gioco e i personaggi di cui ho scelto di parlare erano consapevoli del concetto di arte come finzione. Rembrandt era un artista perfettamente cosciente e lo hanno perseguitato proprio per questa ragione, Eisenstein l'ho raccontato larger than life, i russi mi odiano per come l'ho messo in scena, le donne lo amavano nonostante le sue preferenze sessuali. Per quanto riguarda Goltzius mi interessava parlare della stampa perché, come il cinema, è legata alla produzione di massa. Goltzius viveva in un'epoca molto affascinante. Le epoche più interessanti sono quelle di passaggio perché quando non vi sono certezze avvengono i cambiamenti più epocali".
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E in principio dio creò l'immagine
Ancora biopic nel futuro di Peter Greenaway. Prossimamente tornerà a occuparsi di Eisenstein raccontando la sua défaillance a Hollywood, ma al momento è immerso nella lavorazione di Walking to Paris, pellicola dedicata allo scultore Constantin Brancusi. "Il cinema è un medium bidimensionale, la scultura tridimensionale. Vediamo cosa verrà fuori facendo scontrare questi due mondi. Brancusi era molto povero, è nato in un villaggio rurale in Romania. Quando ha deciso di andare a Parigi era talmente povero e talmente ambizioso che ha deciso di andarci a piedi. Ha impiegato un anno e mezzo, perciò il film sarà diviso in quattro parti che corrispondono alle quattro stagioni. Gireremo l'autunno in Italia la prossima settimana".
Come ha dichiarato in passato lo stesso Greenaway, un film storico ha senso solo se ci racconta qualcosa sul presente. Quando gli chiediamo quale sia l'attualità di Nightwatching, il regista spiega: "I film che faccio mi rendono un outsider, proprio come Rembrandt e gli altri miei protagonisti, quindi c'è una componente autobiografica. L'arte del presente imita quella del passato da sempre, la Casa Bianca imita lo stile del Palladio, idem per la moda. Il nostro senso principale è la vista. La Genesi è sbagliata. La prima cosa che è stata creata è l'immagine e l'immagine è qualcosa che vedi. I pittori dipingono le immagini, per questo sono così importanti." Per interpretare il suo umanissimo Rembrandt, Greenaway ha voluto Martin Freeman. All'epoca l'attore era noto soprattutto per il ruolo di Tim nella serie comica The Office. "I comici hanno dei tempi recitativi eccezionali. In The Office Martin aveva un personaggio molto strano, timido, che mi ha colpito. Dopo che ha terminato Nightwatching, è andato a girare The Hobbit. Un uomo per tutte le stagioni".
Molti anni fa Peter Greenaway ha deciso di lasciare l'Inghilterra per stabilirsi ad Amsterdam dove risiede con la famiglia. Prima di salutarci è inevitabile un commento sulla Brexit: "Una decisione terribile e molto, molto stupida. Ora se ne stanno pentendo tutti. Il parlamento sta pensando di bloccare l'esito del referendum, ma non credo che ci riuscirà. È stata una sorpresa, non pensavo che gli inglesi fossero così stupidi in un'epoca in cui avremmo bisogno di unità, pace e comunicazione tra i popoli".