Da ormai sette anni Netflix si è fatto un nome nel mondo dello streaming, dominando il mercato con un catalogo molto ricco a base di produzioni originali e facendo parlare di sé anche in sede di Oscar e festival cinematografici (anche se non sempre in termini positivi, se pensiamo per esempio alla polemica con il consiglio di amministrazione di Cannes e gli esercenti francesi). Poi, lo scorso novembre, è arrivato Disney+, servizio concepito dalla Casa del Topo e forse il primo davvero in grado di rivaleggiare con la "piattaforma Alpha" per quanto riguarda l'importanza sul mercato e il numero totale di abbonati. Un'impressione in apparenza confermata dal successo che ha riscontrato durante la prima fase del lancio europeo tra la fine di marzo e l'inizio di aprile (in altri mercati del nostro continente arriverà durante l'estate), ma Netflix continua a presentarsi avvantaggiato da diversi punti di vista, come potrete leggere nell'articolo che segue.
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Catalogo
In termini puramente numerici, l'offerta di Netflix per ora batte di gran lunga quella di Disney+, essendo quest'ultima piattaforma ancora agli inizi. Quello che però potrebbe essere il vantaggio decisivo della Casa del Topo riguarda l'archivio: mentre Netflix ha un catalogo di produzioni non sue la cui presenza sul servizio è interamente in base a licenze che vanno puntualmente rinnovate o meno, e a volte senza un trattato di esclusiva, Disney+ ha puntato molto, in sede di marketing, sul fatto che avrà, senza vincoli (o quasi, poiché in America alcuni film sono ancora temporaneamente bloccati a causa di accordi precedenti che scadranno a breve), tutta la produzione Disney dal 1928 a oggi (con la possibile eccezione de I racconti dello zio Tom, assente per ora in tutti i mercati che hanno il servizio e da qualche decennio completamente invisibile sul territorio americano, dove non è nemmeno uscito in home video). Da quel punto di vista, pur potendo vantare anche produzioni originali di non poco conto (il già apprezzatissimo The Mandalorian e le prossime serie Marvel), Disney+ si prospetta come un'opzione più appetibile, potendo più o meno garantire un archivio sterminato e permanente. Altra considerazione di non poco conto: il catalogo Disney dovrebbe essere più o meno uguale in tutti i mercati (al netto di eventuali singoli titoli temporaneamente non disponibili, motivo per cui l'esordio europeo è iniziato a marzo), mentre quello Netflix varia da paese a paese, a volte anche per i presunti Originals (vedi Riverdale, che i quasi tutti i territori europei va su Netflix a cadenza settimanale, il giorno dopo la messa in onda americana, ma in Italia viene trasmesso da Premium Stories).
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Prezzo e qualità streaming
Questo è l'ambito in cui Disney+ ha il vantaggio maggiore nei confronti di Netflix: mentre quest'ultimo ha prezzi variabili in base al tipo di offerta che meglio soddisfa le esigenze dell'abbonato (numero di schermi in simultanea e qualità audio/video dello streaming), la piattaforma della Disney ha un unico prezzo in Italia, ossia 6,99 euro al mese o, a scelta, un abbonamento annuale a 69,99 euro. Più o meno l'equivalente del prezzo base di Netflix, ma con tutti i vantaggi dell'offerta più prestigiosa: Disney+ infatti propone fino a sette profili per account, la possibilità di visionare i contenuti su quattro dispositivi in contemporanea e un numero illimitato di download per la fruizione offline (mentre Netflix ha uno spazio limitato per i titoli scaricabili). Quanto alla qualità dello streaming, la risoluzione va fino a 4K Ultra HD, mentre l'audio, a seconda dei dispositivi, è disponibile anche in Dolby Atmos.
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Servizio
Disney+ e Netflix sono entrambi visionabili sulla maggior parte dei dispositivi comunemente usati per lo streaming: prodotti Apple (inclusa Apple TV) e Amazon, Chromecast, eccetera. A giudicare dai commenti americani, però, la piattaforma della Disney presentava inizialmente alcuni difetti che rendevano l'uso più faticoso rispetto a quello di Netflix: per l'esattezza, era stato riportato che per le serie il sistema non memorizzasse il punto in cui si è fermato l'utente, e spetta a quest'ultimo ricordarsi dov'era rimasto. Questo problema è stato risolto, ma diverse serie della Disney hanno tuttora gli episodi in ordine casuale, mentre altre hanno addirittura degli episodi mancanti (l'unico caso voluto è quello de I Simpson, che omette la puntata con la voce di Michael Jackson). Un problema minore per i programmi classici, ma già più sostanzioso per un'opera moderna come il nuovo Ducktales, le cui stagioni hanno una trama orizzontale. Sempre per quanto riguarda la famiglia gialla di Springfield, diversi fan si sono lamentati dell'assenza del formato originale per gli episodi classici, prima del passaggio all'alta definizione. Questo problema sarebbe stato risolto, con la possibilità di scegliere tra la versione originale e quella usata per le repliche su dispositivi più moderni. Rimane da vedere come sarà la questione delle lingue a livello globale: lo scorso agosto, la Disney aveva annunciato che per l'archivio le opzioni audio sarebbero state l'inglese, lo spagnolo, il francese e l'olandese, ma si presume che altre versioni, qualora disponibili, saranno aggiunte a seconda dei mercati. Tale opzione con Netflix è già disponibile, che inoltre non presenta, generalmente, problemi di episodi mancanti (anche se in alcuni paesi è possibile che siano rimosse determinate stagioni intere, ragion per cui I Griffin e South Park hanno un catalogo frammentario). Quanto alla memoria interna, essa funziona anche a distanza di mesi o addirittura anni, qualora l'utente volesse riprendere una serie che aveva accantonato per motivi vari.
Censura e target
La differenza principale tra i due servizi rimane legata al bacino d'utenza: anche se entrambe le piattaforme offrono la possibilità di impostare dei profili per spettatori più giovani, con restrizioni a livello di contenuto disponibile, Netflix si rivolge a un pubblico vasto, con prodotti per ogni età, mentre Disney+, per esplicita strategia aziendale, ha un target legato alle famiglie, e di conseguenza mancano all'appello film e serie per spettatori maturi. Scelta di per sé comprensibile, ma applicata in modo un po' incoerente: l'animazione classica (lungometraggi e corti) è proposta senza tagli ma con un disclaimer nella scheda di presentazione, per contenuti datati (nella fattispecie rappresentazioni di tabagismo e situazioni e personaggi che al giorno d'oggi risultano etnicamente discutibili), ma altri film contengono modifiche già riscontrabili in precedenti montaggi per l'uso televisivo in America (il nudo fugace della protagonista di Splash, una sirena a Manhattan e sporadiche parolacce in Tutto quella notte). Netflix invece non censura, salvo casi eccezionali e solo per le proprie produzioni: dallo scorso anno, in seguito a proteste, il finale della prima stagione di Tredici non contiene più la scena del suicidio, giudicata troppo forte per il pubblico di riferimento.