Tratto dal bestseller omonimo scritto da Adam Nevill, il film diretto da Santiago Menghini è un altro di quei prodotti di genere horror che, durante la spooky season, arricchiscono il catalogo Netflix. Come vedremo in questa recensione di Nessuno ne uscirà vivo, la storia di una giovane immigrata clandestina che si trova prigioniera nella casa in cui ha affittato una stanza, offre anche interessanti spunti di riflessione, oltre che una buona dose di brividi, Peccato, però, per lo scarso approfondimento dell'elemento sovrannaturale ed orrorifico della storia: abbiamo trovato molto intrigante l'idea di sfruttare la mitologia e la religione del Messico precolombiano per creare la cornice horror in cui si articola la vicenda, avremmo però preferito che la sceneggiatura si soffermasse di più proprio su questa realtà culturale. L'immaginario da cui il film di Menghini (che si distacca da quello del romanzo) prende il via sarebbe perfetto per una storia di questo tipo, arrivati al termine della visione, però, ci resta la curiosità inappagata di scoprire di più sul mondo che la ispira. Ci ritroviamo con una storia interessante, con una serie di immagini visivamente molto affascinanti e alcune sequenze particolarmente ben riuscite, inserite in quello che però ci è sembrato un contesto privo di fondamenta.
Dal Messico agli Stati Uniti
Ambar (Cristina Rodlo) è un'immigrata messicana che arriva negli Stati Uniti per rifarsi una vita dopo la morte della madre. Nel nuovo paese l'aspettano uno zio alla lontana, che però non sembra particolarmente disposto ad aiutarla, un lavoro in una fabbrica dove vengono sfruttati clandestini senza documenti e una stanza in una grande casa dove trovano alloggio ragazze come lei, povere e con un futuro incerto davanti. Le prospettive per Ambar non sono delle più rosee, soprattutto se nell'edificio in cui vive cominciano ad accadere cose strane: voci di donne che gridano aiuto, strani sogni che la perseguitano e ombre spettrali che si nascondono negli angoli più bui. Come presto verremo a scoprire, nelle fondamenta si nasconde qualcosa di assolutamente terrificante: una scatola misteriosa trovata dal padre dei proprietari della casa, un archeologo, nelle profondità della giungla centro americana. Al suo interno un antico potere che si nutre del dolore delle sue vittime, e che le rende eternamente prigioniere.
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Una casa popolata da spiriti
La storia di Nessuno ne uscirà vivo sembra partire dalle premesse della più classica delle ghost story, una casa - popolata dagli spiriti di chi ci è morto - che nasconde oscuri segreti. I "fantasmi" che incontriamo nel corso del film ci hanno ricordato quelli di un altro prodotto Netflix di genere horror, Hill House: spesso li troviamo sullo sfondo dell'azione, appaiono e scompaiono con il movimento dei personaggi e popolano una casa che è quasi un'entità a sé stante. Le scene in cui la protagonista si trova ad interagire con le varie presenze sono tra le meglio riuscite del film, soprattutto quando sogno e realtà si mescolano, portando il passato di Ambar - e quanto accaduto a sua madre - nel presente. La cura nel creare un immaginario che colpisca lo spettatore è evidente, anche le interpretazioni dei personaggi, in particolare ovviamente quella di Cristina Rodlo, risultano molto convincenti, e sono capaci di trascinarci in una storia horror che fa poco uso di jump scare ma cerca, invece, di costruire la tensione lentamente, sfruttando una location che definire inquietante è dire poco e una fotografia che esalta i colori freddi, e di conseguenza l'ostilità della realtà che ci circonda.
Curiosità insoddisfatta
Nessuno ne uscirà vivo propone diversi spunti di riflessione, in particolare legati alla vita che aspetta gli immigrati clandestini che abbandonano il proprio paese, perseguitati dal ricordo di quello che si sono lasciati alle spalle e prigionieri di una nuova vita priva di prospettive. L'horror diviene in questo caso lo strumento perfetto per esplorare questi temi, come dicevamo in apertura, però, il contesto sovrannaturale in cui si muove la storia di Ambar non viene approfondito come meriterebbe: chi è la creatura che si nasconde nella scatola? È una divinità - come ci sembra di capire - a cui certi popoli precolombiani offrivano vittime in sacrificio? La costruzione dei diversi elementi sovrannaturali ed orrorifici - ispirati alla mitologia del Messico precolombiano - risulta fino alla fine fin troppo vaga, lasciandoci con l'insoddisfatta curiosità di saperne di più.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di No Gets Out Alive - Nessuno ne uscirà vivo sottolineando come si tratti di un film horror a tratti molto interessante, che offre, oltre ad una buona dose di brividi, anche interessanti spunti di riflessione. Peccato per lo scarso approfondimento del contesto sovrannaturale.
Perché ci piace
- La storia è intrigante e offre interessanti spunti di riflessione.
- Alcune sequenze - da brivido - sono molto ben costruite.
- La protagonista di Cristina Rodlo è a tratti particolarmente intensa.
Cosa non va
- Il contesto sovrannaturale - ispirato alla mitologia e alla religione precolombiana - non viene approfondito come dovrebbe. La storia si basa quindi su fragili fondamenta.