Nel regno del Prozac
Charlie Bartlett è un ricco adolescente abbandonato a se stesso e a un'irrequietezza che ne ha comportato l'espulsione da diverse scuole private. Il padre è in galera e la madre è mediamente più fatta di un adolescente a un rave. Ovvio che l'improvviso inserimento in una scuola pubblica gli causerà tragici problemi, anche per via del bullismo e dell'ostruzionismo di un preside decisamente sopra le righe (guarda caso con il volto di Robert Downey Jr.) e padre della ragazza anticonformista di cui Charlie si innamorerà. Constatata sulla sua stessa pelle la faciloneria con cui lo psichiatra gli assegna potenti farmaci per placarne ogni esuberanza, Charlie costruisce la sua popolarità cominciando a somministrarli indiscriminatamente ai compagni di scuola come panacea agli svariati problemi esistenziali confidatigli nei bagni della scuola.
Con un fantasioso misuglio tra college-movie ridanciano, un pizzico di comicità distintiva alla Frat Pack - di cui l'esordiente alla regia Jon Poll è un fedele adepto in qualità di montatore e produttore di moltissimi titoli della factory - e un abusato ricorso a una sensibilità indie stralunata e un po' artefatta (tra Todd Solondz e Wes Anderson), Charlie Bartlett si barcamena senza particolari guizzi o cali di tono. Se il tema della superficialità e della noia della ricchezza è buttato lì senza profondità né colore e l'ansia dimostrativa di Charlie ricorda davvero troppo il Max Fisher di Rushmore, decisamente più riuscito è il racconto di un'adolescenza conformista e apatica, succube del bullismo e dell'ansia da etichettamento sociale. Ottimamente riuscita sotto quest'aspetto la trovata di Charlie di commercializzare gli atti di prepotenza, attraverso l'uscita di una collezione di video che testimoniano i trattamenti più violenti subiti dai più deboli della scuola.
In questo senso Charlie Bartlett riesce, utilizzando il registro della commedia, a raccontare le enormi mancanze dell'istituzione scolastica e di quella familiare e soprattutto l'allarmante abuso di psicofarmaci che progressivamente si stanno imponendo anche nella fascia adolescenziale, dopo aver intossicato le menti di un'intera generazione di adulti ricchi e svogliati. Stona allora un finale conciliante e consolatorio, in cui i personaggi sembrano come per magia ritrovare il senso delle cose e dei legami, in stridente controtendenza con lo spirito guascone e irriverente che attraversa il film.