Tornano undici anni dopo Palermo-Milano solo andata, Raoul Bova e la sua squadra di poliziotti, impegnati ancora una volta a proteggere la famiglia Leofonte. Il ragioniere della mafia pentito, Turi Leofonte, ha infatti saldato il suo debito con la giustizia e può finalmente tornare libero, ma il figlio del boss Scalia, fatto incastrare dall'uomo insieme all'intero clan, cerca la sua vendetta. Il team che aveva decretato il successo del primo film c'è tutta: dal regista Claudio Fragasso alla sceneggiatrice Rossella Druidi, fino agli attori Giancarlo Giannini, Ricky Memphis, Enrico Lo Verso e Romina Mondello, oltre al già citato Bova. Alla conferenza stampa di presentazione di Milano-Palermo: Il ritorno si parla del bisogno di una rinascita del cinema di genere in Italia, ma anche dei recenti fatti di cronaca nera legati all'omicidio del giovane Gabriele Sandri, tifoso laziale morto per un colpo di pistola sparato da un poliziotto su un autogrill nei pressi di Arezzo, che ha suscitato lo sdegno della popolazione e le reazioni sconsiderate degli ultrà.
Claudio Fragasso, con Milano-Palermo: Il ritorno ritroviamo il film di genere, un tipo di cinema un po' messo da parte negli ultimi anni.
Claudio Fragasso: Sono convinto che in Italia ci sia bisogno di film di genere, dalla commedia all'horror, perché è la strada migliore per esportare i nostri film all'estero. Fino agli anni '80 eravamo considerati i migliori in questo tipo di cinema, ma poi c'è stato un calo trasversale perché il genere si è spostato nella produzione di fiction televisiva. Bisogna fare dei tentativi per adeguare il cinema d'azione alla mentalità italiana. Questi sono film che hanno bisogno di un budget adeguato per essere credibili, perché bisogna puntare su un forte impatto visivo, e visto che costano tanto i produttori tendono a non farli. Oggi dobbiamo motivarci per riuscire a realizzare questo tipo di cinema.
Com'è nata l'idea di un sequel per Palermo-Milano solo andata?
Claudio Fragasso: Avevamo in mente di fare il sequel di Palermo Milano solo andata già da diverso tempo, ma non si riusciva a trovare una chiave giusta. Questo film nasce da una serie di incontri avuti con gli attori, che avevano determinato il successo del primo. Volevamo fare un prodotto moderno che si allontanasse dalla fiction televisiva. C'era bisogno di trovare una chiave narrativa da parte della sceneggiatrice, visiva da parte mia e interpretativa da parte degli attori.
Rossella Druidi: Avevamo paura di rovinare un bellissimo film dal grande successo e c'era bisogno quindi di un'idea narrativa forte che abbiamo trovato nei due bambini che fanno da collante tra il vecchio film a quello nuovo.
Raoul Bova: L'idea di fare questo sequel è partita da Claudio e Rossella e noi attori non eravamo troppo convinti all'inizio, poi ci siamo incontrati e abbiamo lavorato tutti insieme, cercando di dare spessore ai personaggi, e confrontandoci sulle storie parallele e su tutto il resto. Il lavoro sul set non è stato sempre facile, anche perché Claudio è una persona molto passionale e a volte ha dei modi un po' bruschi nel trattare gli attori, quindi ci sono stati molti litigi, ma secondo me è l'unico regista in Italia, insieme a Michele Soavi, in grado di fare film di genere. Io ho cercato di divertirmi girando questo film, provando a fare in primo luogo un prodotto di intrattenimento rivolto a un pubblico giovane.
Romina Mondello: Io sono stata convinta e contenta fin da subito di poter nuovamente interpretare il personaggio di Chiara, la figlia di Leofonte, anche se sapevo che in questo sequel sarebbe dovuta morire. Però ora non posso svelare se Chiara nel film muore effettivamente o meno!
Nel film ci sono episodi poco credibili, come la strage in una piazza di Montecatini Terme che non ferma il viaggio dei protagonisti come ci si aspetterebbe. Perché questa scelta?
Claudio Fragasso: Perché essere credibili? Io coi miei film devo emozionare lo spettatore! Noi italiani abbiamo una maledetta scuola, quella del neorealismo, ma la sua pretesa di raccontare la realtà per quella che è fa riferimento ad un'idea di cinema che è del '45. Io faccio film d'azione, con sparatorie, non necessariamente credibili. Un film è fatto anche di cazzate. Quello che mi interessava era emozionare attraverso scene forti, esagerando nel genere, stando però sempre attento a non calcare troppo la mano. Se andiamo oltre, se guardiamo per esempio al cinema francese di genere, riusciamo ad accettare l'incredibile ed io ho voluto proprio fare un film incredibile, mettendoci dentro un po' di sentimenti e di commedia, nella tradizione del cinema italiano.
Rossella Druidi: Il cinema è finzione e io non voglio essere castrata in partenza nella mia scrittura. Chi scrive e chi recita deve essere libero di fare altri film rispetto a quello che c'è in giro, e alla fine c'è un vasto pubblico di giovani che ci ama, come ho scoperto ultimamente navigando in internet, e quindi vado avanti per la mia strada.
Cosa differenzia oggi una fiction da un film di genere come può essere il poliziesco?
Raoul Bova: Il confronto tra fiction e cinema è legittimo. La fiction è cresciuta tanto e bene in questi anni, quasi arrivando ad essere migliore del cinema. Questo film rispetto alle fiction ha voluto inserire degli elementi narrativi importanti. Per esempio i bambini e il rapporto cercato dal protagonista col figlio di Chiara, la donna che deve proteggere.
E proprio riguardo ai bambini, il finale è molto forte, con un rifiuto deciso da parte dei bambini nei confronti della mafia.
Raoul Bova: Il bambino che sceglie di non sparare è un messaggio molto importante, perché combattere la mafia significa proprio partire dai più giovani che riempiono poi le file del suo esercito. Nel film c'è un altro messaggio importante, quando chiedo ai miei compagni di abbandonare la missione e loro continuano invece a stare al mio fianco. E' un messaggio per le forze dell'ordine che nonostante i soldi che guadagnano hanno una missione che portano avanti a rischio della vita. A parte le cose tragiche che possono capitare queste persone ci proteggono e non è giusto che per una cosa che è successa si sminuisca il loro lavoro.
Rossella Druidi: Fare un film d'azione non vuol dire non poter dare un messaggio. Il messaggio dei due bambini è un cambiamento: la mafia va estirpata all'origine e quindi bisogna partire dai bambini. L'umanità dei personaggi va al di là della divisa che indossano, di quello che possono o non possono fare, perché ciò che è importante è il rapporto umano che cercano tra di loro.
Questo film parla di polizia ed esce in un momento molto caldo per le nostre forze dell'ordine. Ve la sentite di fare un commento riguardo alla vicenda Sandri, il tifoso laziale ucciso la scorsa domenica da un poliziotto?
Claudio Fragasso: Quello che è successo è qualcosa di molto grave ed inaccettabile, ma c'è da dire che la polizia in Italia sta molto male. Hanno il parco macchine fermo perché non c'è la benzina, non hanno i proiettili per esercitarsi al poligono di tiro. Quello che fanno lo fanno oltre il dovere. In mezzo a tanti poliziotti può capitare una cosa del genere, che comunque non può essere giustificata. Quello che è assurdo è che in Italia da parte degli ultrà ci sia una forma di inasprimento inconscio ingiustificato verso le forze dell'ordine che vengono viste come un nemico. Questa mentalità va cancellata, perché il poliziotto non è soltanto colui che reprime, ma è una persona che ha una coscienza e una realtà che andrebbero penetrate con un po' meno razzismo per non far succedere certe cose. Quando Pasolini nel 68, riguardo agli scontri di Valle Giulia, si mise dalla parte dei poliziotti e non degli studenti successe il finimondo. Nel nostro film c'è la figura più umana del poliziotto ed io voglio credere che siano questi i nostri poliziotti, non chi spara senza un motivo.
Raoul Bova: L'omicidio del ragazzo è un fatto fine a se stesso, non si può fare demagogia. E' stato un incidente e bisogna prenderlo per quello che è, senza allargare troppo la questione.
Enrico Lo Verso, mentre scorrono i titoli di coda c'è l'immagine degli abitanti di questo villaggio-feudo della famiglia Scalia che scendono in strada quasi come a voler manifestare contro la mafia. Che effetto ha fatto questa scena a lei che è siciliano?
Enrico Lo Verso: Da siciliano quest'immagine mi ha ricordato subito quella del teatro pieno a Palermo che ha recentemente ospitato una riunione di cittadini onesti contro il pizzo. A differenza del passato, il teatro stavolta era colmo di gente, una sorta di reazione all'arresto di Lo Piccolo, una presa di coscienza dei siciliani. Il cinema deve essere intrattenimento, ma sono anche due ore che devono restare nella tua vita, e perciò bisogna raccontare qualcosa che poi il pubblico possa conservare dopo la sua fine. Milano-Palermo Il ritorno non è un film di mafia, ma un western, una sorta di fumettone. Noi siamo cresciuti coi fumetti e il cinema viene dal fumetto, che è qualcosa che quando sfogli ti prende, ti emoziona e alla fine vorresti averne ancora.