Nel 1977 Robyn Davidson attraversò oltre 2000 miglia di deserto australiano in compagnia del suo cane e di quattro cammelli, finendo con il diventare una celebrità dopo un articolo pubblicato sul National Geographic. In seguito scrisse anche un vero e proprio libro sulla sua avventura, ed è proprio su questo omonimo bestseller che si basa il nuovo film di John Curran, Tracks, che vede protagonisti assoluti la talentuosa Mia Wasikowska e le bellezze di Down Under, fotografate magistralmente da Mandy Walker.
Alla conferenza stampa del film alla 70. edizione della Mostra di Venezia, sono presenti, oltre al regista e all'attrice, anche i due produttori Emile Shaerman e Iain Cunning e l'autrice del libro e "vera" protagonista.
Abbiamo letto che è stata la stessa Robyn a proporre Mia come alter ego cinematografo, come mai questa scelta e com'è stato il vostro primo incontro?
Robyn Davidson: Per me Mia era la scelta più ovvia, l'avevo vista in In Treatment e come tutti ero rimasta sconvolta ed emozionata dalla sua performance. Mi è difficile descrivere le qualità di un attore, ma Mia mi dava l'impressione di essere non solo brava, ma anche molto intelligente. Quando ci siamo incontrate la prima volta, l'ho portata nel deserto per mostrarle i cammelli ed alcuni dei luoghi del mio viaggio e l'ho vista così fragile e delicata, così spaventata, e mi sono un po' preoccupata. Quando l'ho vista la volta dopo invece si era già trasformata in una versione di me, forte e decisa, e vi posso dire che sono contentissima del risultato, non avrei potuto sperare di meglio.
Mia Wasikowska: Sono stata legata a questo progetto per quasi due anni, e fin dal primo momento mi sono innamorata del personaggio, l'ho sentito in me. Poi ho letto anche il libro e quindi questo legame è diventato ancora più profondo. Ammetto che la prima volta ero quasi terrorizzata dall'idea di incontrare Robyn di persona ma invece quelli con lei sono stati tre giorni meravigliosi: noi, i cammelli, gli addestratori, a bere ed esplorare, quasi una mini versione del viaggio da lei affrontati più di trent'anni fa.
Mia, questo film arriva in un momento importante della tua carriera.
Mia Wasikowska: Sì, anche perché era tanto tempo che non giravo un film in Australia, ed è stato molto bello poter riconnettermi con la storia del mia paese e le mie radici. Non è un caso infatti che due mesi dopo le riprese ho deciso di rimanere e vivere in Australia, unire il mondo professionale al mio mondo reale.Robyn, cosa ti è rimasto di quella esperienza e come ha cambiato la tua vita?
Robyn Davidson: E' stata un'esperienza fondamentale, mi ha cambiato profondamente; attraverso la solitudine e la bellezza di quei paesaggi penso di aver trovato veramente me stessa in un modo che non si può spiegare. Penso però che fosse anche un'esperienza molto legata a quel periodo, adesso i tempi sono certamente cambiati, anche per me.
Quali sono state le difficoltà di girare nel deserto e come avete fatto a scegliere le location adatte?
John Curran: Già andare in location tutti i giorni era molto complicato, arrivare all'ora e al momento giusto per le riprese. Per fortuna non abbiamo girato nei mesi più caldi, ma in ogni caso anche se è stato complicato era tutto talmente bello che ne è valsa certamente la pena.
Anche selezionare le location non è stato semplice, alcuni luoghi erano fondamentali, ma anche volendo non avremmo potuto ricreare tutto il viaggio, non solo per ottimizzare i costi, ma anche perché alcuni luoghi adesso non sono più così isolati come erano allora.
Nel 1977 già molta stampa ha seguito questo viaggio, ma certamente non c'era ancora una vera e propria invasione come adesso. Pensate sarebbe possibile fare un viaggio del genere oggi, in solitudine e senza l'attenzione dei media?
Robyn Davidson: Credo che oggi avrebbe un significato completamente diverso, io non avevo tecnologia o mezzi di comunicazione, e soprattutto io ho fatto il viaggio per motivi personali e di certo non per essere famosa, anzi non pensavo che nessuno sarebbe mai stato interessato alla mia vicenda. Penso invece che oggi molto farebbero qualcosa del genere proprio per farsi notare e diventare celebrità.Nel film ad un certo punto la protagonista perde la bussola, è forse una metafora? Quanto c'è di romanzato? Robyn Davidson: La bussola l'ho persa davvero, e al momento non era certo la metafora che mi preoccupava, ma semplicemente rimanere nel deserto senza sapere dove andare! Il film non è ovviamente una trasposizione letterale di quello che è successo, ma nemmeno il mio libro lo è, ma posso assicurarvi che è comunque molto fedele e rispettoso.
E' stato difficile lavorare con i cammelli? Mia Wasikowska: No perché sono straordinari, ed è un peccato che vengano utilizzati per dei film così raramente, perché sono davvero molto professionali, bastava chiedere loro di fare una cosa e subito la facevano, al primo ciak. In questo sono stato certamente più bravi di me!