Memorie bollenti di un'insaziabile divoratrice di uomini
Ninfomania: impulso, tendenza ossessiva della donna a ripetere esperienze sessuali con uomini diversi. Così recita il dizionario, così è in effetti Val, l'insaziabile protagonista di Valérie - Diario di una ninfomane, melò porno soft in arrivo dalla Spagna, che si è giocato un po' di scalpore attorno alla censura di un manifesto che osava far scivolare la mano di una donna dentro le proprie mutandine. Sesso e autoerotismo fanno ancora paura? Così sembrerebbe in una società ancora benpensante che tende a colpevolizzare ostinatamente ogni pulsione sessuale che eccede quanto lecito. D'altra parte però, un pubblico sempre più voglioso di scandaletti a buon mercato non sembra aver intenzione di lasciarsi scappare materiale utile a suscitare qualche prurito passeggero. Il cinema scollacciato come Viagra. Da noi il diario 'osceno' dell'adolescente Melissa P., dal quale fu poi tratto un film per la regia di Luca Guadagnino, divenne un vero e proprio caso nazionale, dai cugini spagnoli a tramutarsi in best seller sono state le memorie di una francese, Valérie Tasso, trapiantata a Barcellona, ansiosa di far sapere al mondo il suo percorso di indipendenza sessuale dopo una serie di esperienze senza limiti.
Christian Molina traduce oggi quelle pagine bollenti sul grande schermo, stando ben attento a non allontanarsi troppo da quello che il pubblico-tipo di un prodotto del genere si aspetterebbe da esso: corpi nudi in primo piano, esplorati senza mai cadere nella pornografia hard, che si accoppiano voracemente, in un continuo affanno senza freni inibitori. Il problema è che a contrappuntare l'erotismo da seconda serata che pervade ogni fotogramma del film c'è una musica invasiva che ricama trame inutilmente romantiche e una voce fuori campo che su tette e sederi appoggia una logorrea da flusso di coscienza sul modello "sono una donna non sono una santa". Perché in fondo l'opera a quello tende, a mostrare cioè la donna come una persona con bisogni, pulsioni e perversioni, esattamente come quel maschio a cui tutto è concesso. Se nella prima parte però, Val sembra sapere bene quel che vuole e va a prenderselo passando da un letto all'altro, quando per lei arriva l'illusione dell'amore l'arroganza e la violenza dell'uomo la devastano con fin troppa facilità, affogandola in una valle di lacrime. La rinascita arriva per lei con una masturbazione con tanto di sguardo in macchina, semmai qualcuno avesse dei dubbi su quanto il film sia mirato a stuzzicare l'appetito dello spettatore e a cercare la sua complicità. Spinta a seguire la propria natura da una nonna (che come in Melissa P. è interpretata anche in questo caso da una sciagurata Geraldine Chaplin) Val si lascia vincere dalla disperazione della solitudine e tenta la carta della prostituzione. Qui il film potrebbe sterzare, cambiare rotta rispetto a quel melodramma in cui si è andato a impelagare fino a quel momento, ma decide invece di tenersi ben stretta la componente tragica che aveva disintegrato la storia d'amore di Valerie: lo squallore dell'uomo non può essere taciuto e arriva puntuale a tagliare nuovamente le gambe a una protagonista apparentemente così emancipata. L'umanità del bordello, tra donne che si vendono e uomini che comprano il piacere a suon di bigliettoni, non va oltre lo stereotipo, mentre il dramma prepara la strada alla rinascita, a sancire la quale non ci viene risparmiata neppure la pioggia catartica. A causa del mancato equilibrio tra la componente erotica e quella psicologica, il film non trova mai modo di appassionare veramente lo spettatore, proponendo in più di un'occasione un montaggio bislacco che non può che far sorridere. Belén Fabra si concede anima e corpo, è proprio il caso di dirlo, al ruolo, ma le sue avventure sessuali non riescono a penetrarci, né a smuovere pensieri di alcun tipo. Ma probabilmente questo a Valérie non importerà, con la raggiunta coscienza di sé stessa e la certezza che a volte è meglio fare da sola.