Memoria, la recensione: suoni misteriosi che attraversano il tempo e lo spazio

La recensione di Memoria, il nuovo film del regista thailandese Apichatpong Weerasethakul presentato a Cannes 2021.

Memoria Tilda Swinton
Memoria. un primo piano di Tilda Swinton

Con Memoria, uno dei cineasti più importanti e innovativi del secolo in corso torna in concorso al Festival di Cannes. A distanza di 11 anni da quella Palma d'oro - consegnatagli dall'allora presidente di giuria Tim Burton - per il film Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti, il cinema del thailandese Apichatpong Weerasethakul si fa, se possibile, ancora più onirico e sensoriale. Tanto che chi magari pensava che il debutto in lingua inglese (e in parte spagnolo), l'ambientazione Colombiana o la presenza di un'attrice di fama internazionale come Tilda Swinton potessero in qualche modo snaturare la poetica del regista, dovrà certamente ricredersi. Come vedremo in questa recensione di Memoria questo film è tanto autoriale e ostico quanto lo erano quelli precedenti; e se non raggiunge le vette di un capolavoro quale Cemetery of Splendor è proprio perché Apichatpong Weerasethakul continua a sperimentare e rischiare.

La zia Tilda che si ricorda le vite precedenti

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Memoria: Tilda Swinton, Jeanne Balibar in una scena del film

Jessica è una botanica inglese che arriva in Colombia per andare a trovare la sorella che si trova in ospedale, per una malattia non meglio precisata. Da quel momento il personaggio interpretato dalla Swinton incomincia a sentire degli strani boati, dei rumori sordi che apparentemente nessun altro (se non noi spettatori) sembra udire. Sono suoni che arrivano in modo quasi casuale, all'interno di una conversazione così come durante la notte, e che ovviamente non riesce a spiegarsi. Sono messaggi che arrivano da qualcuno o qualcosa? Sono forse un ricordo? Inizia così una ricerca che porterà la protagonista fin dentro la foresta amazzonica, le permetterò di incontrare strani personaggi e di trovare (forse?) la risoluzione al mistero.

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Memoria: Tilda Swinton, Elkin Diaz in una scena del film

Cinema sensoriale

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Memoria: Tilda Swinton durante una scena del film

Come sempre il cinema di Apichatpong Weerasethakul è a metà tra il reale e l'onirico. Le immagini, sempre splendidamente fotografate, abbagliano e questa volta anche il sonoro è parte integrante, se non preponderante, dell'esperienza sensoriale e unica che solo il suo cinema riesce ad offrire. Se non fosse per le usuali lunghissime inquadrature con camera fissa e il ritmo come sempre dilatato al massimo, si potrebbe quasi dire che, mai come questa volta, si sfocia quasi nell'horror/thriller. Ma per chi ama i misteri e le rivelazioni è bene segnalare che il finale in questo caso chiede davvero tanto allo spettatore. Forse più di quanto sia lecito, anche per un grandissimo autore.

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Memoria: Elkin Diaz in una scena del film

Conclusioni

Forse ancora più estremo e ostico dei precedenti, come abbiamo visto in questa recensione di Memoria il nuovo film di Apichatpong Weerasethakul riesce ad essere sempre ipnotico e immaginifico. Chiaramente non per tutti. Nonostante la presenza della Swinton e della lingua inglese, Memoria non è forse il modo migliore per approcciarsi al cinema di uno dei più grandi registi contemporanei, ma anche uno dei più lontani in assoluto dai gusti (e la pazienza) del pubblico mainstream.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
2.7/5

Perché ci piace

  • Immagini splendide come sempre: lunghissimi piani sequenza e immagini statiche che valorizzano al massimo le incredibili ambientazioni colombiane.
  • Un utilizzo del sonoro davvero unico nel suo genere, un suono che diventa protagonista del film.

Cosa non va

  • La presenza di Tilda Swinton non aggiunge molto al film, se non ulteriore elemento "alieno".
  • Il cinema di Apichatpong Weerasethakul non è mai stato e mai sarà per tutti. Questo film, e questo finale, sembrano fatti per dividere ancora di più.