"Scusate se sono un po' fuori di me. Ho un po' di jet lag, vengo da New York". Matt Dillon arriva in ritardo all'appuntamento con la stampa fissato sul tetto panoramico di un albergo di Sestri Levante che ha ospitato le attività del Riviera International Film Festival. "È talmente bello qui che capisco se non si abbia voglia di entrare in sala". L'attore qualche ora prima è stato protagonista di una masterclass dove ha ripercorso le tappe della sua carriera, il suo approccio alla recitazione e alla regia e il lavoro con alcuni dei più grandi registi del cinema internazionale.
La storia umana e le macchine senza intenzioni

Oltre quarant'anni di carriera che lo hanno visto muovere i primi passi diretto da Francis Ford Coppola ne I Ragazzi della 56ª Strada e Rusty il Selvaggio, per passare a lavorare con Gus Van Sant in Drugstore Cowboy e Da Morire, Lars Von Trier ne La Casa di Jack o Wes Anderson in _Asteroid City. Senza dimenticare Tutti Pazzi per Mary, la nomination agli Oscar per Crash - Contatto Fisico o il suo debutto alla regia con City of Ghosts. Un lungo percorso che ha attraversato svariate evoluzioni. "L'industria cinematografica cambia in tantissimi modi. Anche in quello in cui usufruiamo del nostro intrattenimento, tra streaming e piattaforme", riflette Dillon.
"Ma penso che una cosa sia costante: la narrazione", continua l'attore. "La storia umana è sempre lì, solida. Anche se l'intelligenza artificiale è un po' spaventosa, specie il modo in cui a volte viene usata o abusata. Ma le storie provengono dalle persone. Alcune cose sono generate dall'IA, ma in definitiva sono pensate da persone. Filosoficamente si può vedere in questo modo. La macchina non ha intenzione, ma le creature viventi sì. Credo ancora molto in una buona narrazione e in personaggi interessanti. Il mondo del lavoro cambia di continuo, non mi preoccupo troppo. Cerco solo di adattarmi".
Vestire i panni di Marlon Brando

Uno degli ultimi ruoli di Matt Dillon sul grande schermo è stato quello di Marlon Brando in Maria di Jessica Palud. La storia di Maria Schneider che, appena diciannovenne, viene scelta da Bernardo Bertolucci per affiancare l'attore statunitense sul set di Ultimo tango a Parigi. Un successo fulmineo, ma anche uno scandalo difficile da gestire. "Un regista, quando ero ragazzo, mi chiamava Marlon perché senza saperlo facevo già cose che erano considerate "Method Acting". Mi diceva: 'Hey Marlon, perché non la smetti?'", ricorda l'attore.
"È stata una sorpresa per me quando ho ricevuto quella sceneggiatura. Il film era incentrato su Maria Schneider, ma mi piaceva il copione", ricorda Dillon. "Ho pensato che non avrei resistito, dovevo farlo. Non amo le sorprese in generale nella vita, ma quando arriva qualcosa che non ti aspetti è bello. Come quando dovevo interpretare l'alter ego di Bukowski, Henry Chinaski, in 'Factotum'. È stata una sorpresa per me che mi venisse offerta una parte del genere".
The Fence e il nuovo film di Claire Denis

All'orizzonte un nuovo ruolo sul grande schermo mentre è al lavoro su un nuovo film da regista del quale Dillon preferisce non anticipare ancora nulla. "Ho appena finito di girare con Claire Denis 'The Fence' nell'Africa occidentale. È l'adattamento di un'opera teatrale di Bernard-Marie Koltès. Un drammaturgo francese morto negli anni '80", svela l'attore. "Non sapevo nulla di lui. Ma ovviamente mi piace Claire, è una regista davvero brava e volevo lavorare con lei"_.
"E poi nel cast c'è Isaach De Bankolé, un grande attore africano che conosco da anni. Volevamo lavorare insieme e mi sono trovato benissimo. L'abbiamo girato in Senegal. È molto interessante dal punto di vista stilistico. L'opera teatrale più famosa di Koltès si chiama 'Nella solitudine dei campi di cotone', ma quella da cui prende spunto la sceneggiatura è intitolata 'Lotta di negro e cani' . Non so quando uscirà, l'ho finito di girare circa un mese fa".

"Interpreto un tizio di nome Horn che è il capo di un cantiere edile. Anche se è stato scritto negli anni '80, in un certo senso è applicabile anche oggi", prosegue Dillon. "Nella storia accadono diverse cose e il mio personaggio è in qualche modo intrappolato in determinate dinamiche. Per me la visione di Claire è chiara ed è molto interessante. Mi è piaciuto molto lavorare con lei, è molto intransigente e appassionata. Alcuni registi amano davvero i personaggi dei loro film e gli trasmettono emozioni. Lei è una di quei registi".