Mango, recensione: dopo Toscana, Avaz punta al romance tra Danimarca e Spagna

Nato in Iran ma ormai danese per acquisizione, il regista Mehdi Avaz torna alla rom-com e racconta l'amore che nasce tra completi opposti. Su Netflix.

Josephine Park in una scena di Mango

Non è la prima volta che Mehdi Avaz, regista e sceneggiatore nato in Iran ma attivo in Danimarca, realizza un film sentimentale. Utilizziamo il termine sentimentale e non romantico perché le sue pellicole non sono mai pienamente delle commedie romantiche nel senso più commerciale del termine ma hanno sempre quel tocco nordico, danese per l'appunto, da film indipendente che le rende distinguibili, piacevolmente, dalle altre. Anche se con trame scontate e percorsi già visti e rivisti, i suoi personaggi sono ben costruiti e ben scritti, il che è già una mezza vittoria.

Mango Una Foto
Josephine Park in una scena di Mango

Conferma questa valutazione anche l'ultimo lavoro del regista, Mango, tra le migliori offerte Netflix in un novembre dove a farla da padrone sono già le rom-com di Natale. Il titolo è abbastanza calzante, poiché i mango sono il frutto coltivato in una piccola piantagione in provincia di Malaga, Spagna, dove la protagonista del film Laerke (Josephine Park), apparentemente fredda manager di una catena alberghiera, è stata inviata dalla sua capa, per cercare di convincere il proprietario Alex, anch'egli danese, a vender loro il terreno, ottimo per un albergo.

Un finale ovvio

Non esiste nessuno tra gli abbonati Netflix che non sappia già come questa storia andrà a finire. Ma, lo abbiamo detto fino allo sfinimento, ciò che conta è il modo in cui le cose accadranno all'interno di film come questo. Con l'aiuto di un cast degno di nota, composto non solo dagli ottimi Josephine Park e Dar Salim ma anche dalle due attrici Josephine Hojbjerg e Sara Jimenez che interpretano, rispettivamente, la figlia adolescente di Laerke, Agnes e la figlioccia di Alex, Paula, e dei dialoghi non scontati, Mango riesce a fare la sua figura, intrattenendo e coinvolgendo in tutta la sua prima parte. Poi, per inspiegabili ragioni, sul finale esaurisce le idee, si ricorda che il film doveva pur finire e si sbriga a chiudere senza impegno alcuno, perdendo contatto con la credibilità guadagnata in precedenza, seppur in un ovvio epilogo.

La variante "Mangonata"

Nel 2022 con Toscana, Avaz raccontava di uno chef danese che, in Toscana per vendere la tenuta ereditata dal padre, si innamorava di una donna del posto, di tutta la comunità e abbracciava un diverso approccio alla vita. È evidente che il regista ha una predilezione per questo tipo di storie di cambiamento, innamoramento e rinnovamento poiché Mango non è altro che una diversa declinazione del principio che regge una marea di commedie romantiche. Ripetiamolo insieme: la città e i lavori frenetici cittadini rendono aridi e freddi, solo la provincia, la campagna, il vigneto, il mangheto e chi più ne ha più ne metta, possono portarci a scoprire cosa veramente è importante nella vita.

Mango Inquadratura
Josephine Park e Dar Salim in una scena di Mango

Finito questo ripasso, torniamo a Mango e la piantagione che Alex si barcamena per far funzionare nonostante un debito imponente, dove serve la "mangonata" ed altri prodotti a base di mango. L'incontro con Laerke non è affatto un meet-cute, anzi, i due si conoscono per caso in aereo e già lì, non si piacciono. A metterli poi l'uno contro l'altra c'è, infine, la missione di spietato business capitanata dalla donna. Josephine Park e Dar Salim sono perfetti nello scontro verbale passivo aggressivo che è più una danza, sottile, di frecciatine. Un sano ( in questo caso) "chi disprezza, compra" è già nell'aria ad animare il film ed invitare lo spettatore a voler scoprire di più di chi sono stati e chi potrebbero diventare questi due personaggi, dopo quest'avventura.

Mango: una buona sceneggiatura

Mango Foto
Josephine Hojbjerg in una scena di Mango

Per voler comprendere di più dei protagonisti di una storia, è necessaria una sceneggiatura degna, dei dialoghi che siano brillanti, credibili, per permettere a dei buoni attori di dare il meglio che possono. Anche nelle situazioni più prevedibili, Mango fortunatamente non si affida alla ormai consueta Chat Gpt degli sceneggiatori e, scritto anche dal fratello del regista, Milad Schwartz Avaz insieme a Karina Dam e Renée Simonsen, conferisce spessore e integrità ai personaggi, offrendo loro momenti per mostrarsi e scoprirsi.

Tra le scene migliori, quella del confronto tra madre e figlia, dove Laerke chiede scusa ad Agnes per non essere stata una mamma presente e per essersi sempre sentita inadeguata, tanto da affidarla quasi totalmente alle cure paterne, perché considerate più valide. Situazioni così vere, in film dagli archi narrativi convenzionali come questi, non si trovano spesso e sono un regalo ormai, poiché di solito vengono considerate superflue ai fini dell'obiettivo finale, che è portarsi a casa la storia d'amore tra i due iniziali antagonisti.

Perdersi alla fine

Mango Immagine
Dar Salim in una scena di Mango

Interpreti ottimi, trame melodrammatica e romantica entrambe credibili, grazie ad una cura al dettaglio rara per il genere, tutto giusto e godibile se non fosse che Mehdi Avaz si lascia prendere la mano, si adagia dentro questo piccolo mondo antico fatto di mangheti, fattorie, multilinguismo e discorsi sulla comunità che accoglie e diventa famiglia e si dimentica che è passata un'ora e manca il telefonato colpo di scena: i due si innamorano ma lei è ancora teoricamente ancorata alla missione per cui è arrivata in Spagna: trasformare la finca spagnola in un hotel. Come detto, Avaz si ricorda che deve ancora farli scontrare per poi arrivare alla redenzione finale a meno di 30 minuti. Così finisce per perdersi alla fine e dismettere il tutto con la stessa fretta con cui si ammassano i vestiti in un armadio senza piegarli. Nonostante questo, l'errore di Avaz non è imperdonabile e il film è comunque superiore alla media della stagione.

Conclusioni

Il regista Iraniano-danese Mehdi Avaz torna al film sentimentale, dopo A Beautiful Life e Toscana, e con Mango costruisce con la giusta attenzione un classico racconto di opposti che si attraggono. Lei, hotel manager alla ricerca di un nuovo affare, lui piccolo coltivatore di mango, deciso a preservare la sua terra e la sua comunità. Ben recitato e ben scritto, si perde nell’ultima mezz’ora per consegnarci un finale scontato.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Non si abbandona alla trama scontata ma la supporta con una buona sceneggiatura.
  • Ottimi gli attori, dai protagonisti Josephine Park e Dar Salim alle comprimarie Josephine Hojbjerg e Sara Jimenez.

Cosa non va

  • Si distrae nel voler fare le cose con un tocco indie e si perde nella fretta del finale.
  • Non prova a fare nemmeno un passo fuori da un arco narrativo scontato, pur avendone le potenzialità.