In occasione della celebrazione dei trent'anni anni di Lucky Red, la magica coppia del cinema italiano formata da Gabriele Mainetti e Nicola Guaglianone si è ritrovata per omaggiare la società di Andrea Occhipinti, che ha creduto e distribuito Lo chiamavano Jeeg Robot, di cui i due sono rispettivamente regista e sceneggiatore, quando nessun altro era disposto a farlo, e per annunciare il prossimo progetto realizzato insieme.
Arrivati al cinema Quattro Fontane di Roma, Mainetti e Guaglianone (che sta lavorando anche a La Befana vien di notte, titolo provvisorio della pellicola, descritta come un fantasy, diretta da Michele Soavi con protagonista Paola Cortellesi nei panni della Befana) hanno confermato che il loro prossimo film non è né il sequel di Lo chiamavano Jeeg Robot, né, come si è letto su internet, un lavoro di stampo coreano, anche se, Mainetti ha affermato: "Non posso entrare nello specifico, ma qualche tempo fa è uscito un articolo che diceva che il mio prossimo film sarebbe stato un thriller sudcoreano. Ho semplicemente detto che amo quel cinema e che un giorno mi piacerebbe affrontare quel genere, che sicuramente influenza moltissimo il mio lavoro. Secondo me la Corea del Sud è la nazione che, al momento, utilizza il linguaggio cinematografico, e fa ricerca, come nessun altro".
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Abbiamo intervistato regista e sceneggiatore insieme, capendo perché tutto quello che toccano ha un'impronta originale e soprattutto genuina: non si prendono troppo sul serio, almeno durante le interviste. La chimica e l'intesa fra i due è palpabile, tanto da far desiderare di poter assistere, con tanto di secchiello formato gigante di pop-corn, alle loro sedute di brainstorming: uno spettacolo assicurato.
Gabriele Mainetti vol. 2
Il nuovo film di Mainetti, attualmente in fase di pre-produzione, è avvolto dal mistero quasi come fosse un oggetto non identificato nascosto nell'Area 51: ancora senza titolo, si sa solo che è stato scritto insieme a Guaglianone e prodotto da Goon Films e Lucky Red. Alla nostra richiesta di ulteriori dettagli il regista ci ha detto: "Niente. Non possiamo dire niente. Per dire qualche cosa senza svelare nulla posso solo affermare che Nicola, mentre lo stavamo scrivendo, ha detto una cosa molto interessante: Jeeg è l'avventura di un uomo solo, che scopre la propria identità, questo invece è un film corale, c'è un collettivo che si muove. Per me è importante: Enzo Ceccotti fa fatica ad avvicinarsi alla gente, mentre qui abbiamo abbandonato la nostra misantropia per fare un percorso inverso". "Se esistessero ancora le videoteche non saprei dove collocare questo film" ha rinforzato Guaglianone, continuando: "Forse andrebbe sullo scaffale del cazzeggio. Ritornando alla storia del coreano: nel nostro film potremmo mettere una scena di barbecue coreano, sarebbe interessante. Gabriele è fissato: a New York mi ha portato in un ristorante dove va sempre".
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Lo chiamavano Jeeg Robot 2: un'eredità importante
Il successo di Lo chiamavano Jeeg Robot è stato così trascinante che fare un sequel sarebbe stata la scelta più facile, ma non per i nostri eroi della macchina da presa: "È la rendita italiana: in altri paesi devi dimostrare quotidianamente di valere, altrimenti te ne torni a casa con la tua piantina. All'estero il tuo spazio magico è semplicemente una scrivania all'interno di un cubo, invece in Italia puoi mangiare e rimangiare. Quindi, quando avremo proprio finito il piatto, tié: Jeeg Robot 2! E là vorrà dire che siamo finiti: a quel punto non guardateci più". D'accordo Guaglianone: "È un po' come la collana d'oro che ti regalano alla comunione: la tieni lì, poi, quando hai bisogno di soldi, te la vai a vendere. E poi vai a Via dei Pettinari e te la ricompri". Visto il recente successo di Wonder Woman, se un eventuale sequel alla fine arrivasse, i due sarebbero disposti a prendere in considerazione una bella antagonista donna dotata di superpoteri? "Come no, la Regina Himika: ci avevamo pensato. Con i capelli di Medusa-Marley" ha detto Guaglianone, subito seguito da Mainetti: "Si potrebbe risvegliare la Pastorelli".
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"Avrei voglia di qualcosa di horror": arriva La chiamavano Viale Parioli
Visto il desiderio evidente di evitare tutti i maggiori cliché del cinema italiano recente, vedremo mai il duo scrivere e dirigere un dramma familiare in interni alto borghesi, come tanto cinema "d'autore" ci ha abituato in questi ultimi anni? "Una versione horror di un film viscontiano, perché no?" ha risposto pronto Mainetti, subito sostenuto da Guaglianone: "Lo avevamo anche pensato ti ricordi? Un horror a San Giuseppe De Merode: La chiamavano Viale Parioli. È già pronto".