In mezzo a mille remake, trasposizioni di libri e videogiochi, il cinema sembra ricordarsi ogni tanto di una fonte di ispirazione fruttuosa, quella che viene dagli analogici e creativi giochi da tavolo. Da una semplice battaglia navale che ha dato vita a Battleship nel 2012 o il classico Cluedo che si è trasformato nell'ancora più classico Signori, il delitto è servito uscito del 1985, il confronto ed anche scontro, seduti attorno ad un tavolo, ha da sempre fornito buoni spunti al cinema. Se n'è ricordato il francese François Uzan che, con il supporto di Netflix, ha radunato un cast attinto dal meglio della cinematografia francese e messo in piedi l'adattamento cinematografico di un celebre boardgame, Loups-Garous, in italiano Lupi Mannari di Roccascura.
Arriva dunque dal 23 ottobre su Netflix, per l'appunto, Lupi Mannari, Family Pack per gli internazionali, dove Jean Reno è il patriarca di una famiglia allargata composta da figlio Franck Dubosc, nuora Suzanne Clément e ben tre nipoti di età diverse che vanno da infanzia a difficile post - adolescenza. In una riunione di famiglia, complice un vecchio gioco da tavolo in cui vanno catturati i lupi mannari, il "branco" si trova catapultato per magia nel lontano Medioevo e costretto a scovare e cacciare i licantropi per poter far ritorno a casa. Non è la prima volta che un gioco edito da Asmodee trova una sua declinazione sul piccolo schermo. Prima di Lupi Mannari, Exploding Kittens è diventato una serie animata. Queste operazioni, se così possono essere chiamate, sono sempre rischiose ma Lupi Mannari è a tutti gli effetti una commedia fantasy che approfitta delle possibilità di trama offerte dal gioco, per diventare un film godibile, ironico e a volte pungente, perfetto per la spooky season, da vedere nella famiglia che si è scelti.
Lupi Mannari: come tornare al Medioevo
Facile immaginare come il primo spunto per lo sviluppo virtuoso di una commedia come Lupi Mannari possa essere stato il potenziale del viaggio nel tempo. Soprattutto se si viene catapultati in un'epoca, il Medioevo, che viene spesso citata a modello di pensiero retrogrado, simbolo di ingiustizie e disuguaglianza. Quale terreno più fertile dunque per ricordarci come eravamo e come a volte, resistiamo al cambiamento? A servizio di questo memo comico, c'è innanzitutto il personaggio di Suzanne Clément, Marie, avvocata specializzata nella difesa delle donne vittime di violenza, seconda moglie di Jérôme e già mamma di un adolescente, oltre alla bimba avuta con l'attuale marito.
François Uzan la mette alla prova e in pericolo in situazioni che sono tanto divertenti quanto avvilenti, in cui Marie non può azzardarsi nemmeno a parlare, dire la sua. Al suo nominare il divorzio e nel tentativo di scrivere il suo nome su una pergamena viene accusata di essere una strega. Accanto a lei le donne vengono vessate, percosse in maniera sistematica da mariti, fratelli e forse figli e considerate inutili perché ancora nubili a 17 anni. Tutto questo lavoro di riflessione sullo situazione delle donne allora in confronto all'oggi, Lupi Mannari lo fa sempre con la giusta leggerezza, il tono adatto per essere recepito da un target più vasto e con uno scopo funzionale alla trama, mai solo per farci la lezioncina sui diritti.
Ascoltare il nuovo, ascoltare il vecchio
In un film che mette al centro della scena un capofamiglia trascurato e che sta purtroppo dimenticando chi è e chi è stato, ci si aspetta, a proposito di lezioni, se non altro una infusione di saggezza sulla cura dei più anziani e sul loro essere portatori di valori, ricordi, affetto incondizionato. Lupi Mannari non si sottrae certo a questa riflessione, attraversandola dentro il rapporto padre-e-figlio ma, si dedica di più a ricordare l'importanza dell'ascolto e del rispetto per l'altro, giovane o vecchio che sia. Nell'entrare nel mondo magico del gioco, tutti i giocatori di questo film acquisiscono poteri, c'è chi può trasformarsi in chi vuole, chi diventa invisibile, chi può leggere nel pensiero. Tutti hanno valore, tutte queste "diversità" nel modo in cui ci si può interfacciare con il mondo esterno, hanno senso, sono utili. Sì al fare il content creator nella vita se è fatto con serietà e impegno. Sì alle famiglie allargate, alle acconciature bislacche.
Quando la differenza la fa il cast
Per realizzare un film che metta d'accordo tutti, specialmente con temi come la licantropia in tempi di Halloween, trovare il cast giusto che si faccia carico della giusta alchimia familiare, è impresa ardua. Lupi mannari sa di averlo trovato e lo si evince dal fatto che non ci ha risparmiato il solito poster dove li mostra tutti con orgoglio, ma ci passiamo sopra poiché la tripletta Reno, Clément e Dubosc è imbattibile. Da svampito patriarca, Jean Reno alterna con prevedibile facilità, momenti di estrema presenza scenica e mentale ad altrettanti quasi sospesi. Franck Dubosc è quello sempre con i piedi per terra ma è lo stesso che ci regala un numero musicale, omaggiante di Ritorno al Futuro e infine, Clément non perde mai un colpo. Il suo carisma rende credibile anche la più sciocca delle scene, da madre coraggio a imbattibile strega. I fan di Emily in Paris ritroveranno anche Bruno Goeury, l'attore che interpreta Luc, in un ruolo inaspettato e potranno riconoscere la voce anche nel doppiaggio visto che Goeury è perfettamente bilingue poiché di madre italiana.
Conclusioni
A fine recensione di Lupi Mannari, film Netflix diretto dal francese François Uzan con un trittico di star come Jean Reno, Franck Dubosc e Suzanne Clément, ne consigliamo la visione per una serata in linea con il mese di Halloween. Tratto dal celebre gioco da tavolo Lupi Mannari di Roccascura, il film sfrutta tutte le potenzialità del boardgame e il viaggio nel Medioevo, per proporre situazioni in chiave commedia fantasy che ammiccano a riflessioni sul come eravamo e come siamo.
Perché ci piace
- La famiglia strampalata e allargata capitanata da Jean Reno, conquista.
- Diventa occasione per riflessione ironica su come eravamo e come siamo.
- Elogia la saggezza del nuovo e del vecchio
Cosa non va
- Il Lupi Mannari del titolo è solo un pretesto narrativo, non approfondisce il tema.
- È ovviamente prevedibile in quasi tutte le sue conclusioni.