L'uomo che comprò la luna, la recensione: una Sardegna surreale e il valore delle radici

La recensione di L'uomo che comprò la luna: Paolo Zucca ci porta in una Sardegna surreale che gioca con l'essere sardi, tra gag e identità.

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L'uomo che comprò la Luna: un'immagine della commedia

Dopo L'arbitro, con questa opera seconda Paolo Zucca riporta lo spettatore in una Sardegna sospesa nel tempo, dove trova ancora una volta spazio quella sua vena poetica che si riallaccia al realismo magico ispano americano alla Garcia Marquez. Ma diversamente dal suo film d'esordio stavolta - come spiegheremo nella recensione de L'uomo che comprò la luna - l'isola appare caratterizzata concretamente attraverso il suo bagaglio antropologico e sociale, il quale diventa materia su cui impostare una messa alla berlina dei suoi stereotipi più conosciuti, per affermare però il valore stesso delle radici culturali di appartenenza. Si tratta di un vero e proprio salto carpiato narrativo sulla sardità e sull'essere sardi che non ha paura di giocare con il politicamente scorretto, utilizzando un registro il cui termine più calzante, visto il tema della storia, è proprio quello di essere stralunato. Sempre in bilico e sempre mutevole nei toni.

Qualcuno ha rubato la luna. Chi è stato?

La trama de L'uomo che comprò la Luna parte quando due agenti dei servizi segreti italiani - interpretati da Stefano Fresi e Francesco Pannofino - ricevono una chiamata allarmata da parte degli Stati Uniti. Qualcuno in Sardegna ha comprato la luna, diventandone il legittimo proprietario. Una cosa inaccettabile, visto che sono stati loro, cinquant'anni fa, a poggiarci i piedi per primi e a piantarci pure una bandiera a stelle e strisce. Così viene reclutato un soldato per rintracciare questo misterioso compratore; si chiama Kevin Pirelli (Jacopo Cullin) e ha un marcatissimo accento milanese. In realtà è un sardo doc, ma ha nascosto e rinnegato la sua identità sin dal nome che è in realtà Gavino Zoccheddu. Così per farla riemergere e mandarlo in missione senza farsi scoprire viene ingaggiato un formatore culturale molto particolare: un emigrato sardo, Benito Urgu, che ha il compito di trasformarlo in un vero uomo di Sardegna.

A scuola di sardità mettendo alla berlina i cliché

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L'uomo che comprò la Luna: un'immagine del film

Ed è proprio questo corso intensivo per acquisire la patente di sardità la parte più riuscita dell'opera di Paolo Zucca, grazie anche a Benito Urgu che domina la scena come maestro burbero e inflessibile, ma in fondo malinconico e con una profonda nostalgia per una terra che ha lasciato ormai da troppo tempo. Nonostante ciò, infatti, la Sardegna è ancora parte di se stesso. Diversamente da Kevin/Gavino che l'ha dimenticata volutamente sin dall'aspetto più macroscopico: la lingua. Il lungo apprendistato mette alla berlina usi, costumi e tradizioni in un susseguirsi di situazioni che spesso sfociano nel surreale.

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L'uomo che comprò la Luna: una scena della commedia

La sceneggiatura, scritta da Zucca insieme a Geppi Cucciari e Barbara Alberti, sfrutta il comico che scaturisce dai cliché senza porsi freni e remore di sorta ma anzi facendo leva proprio su una delle caratteristiche più proverbiali associate all'essere sardo: la permalosità. Così sullo schermo ogni aspetto tipico viene caricato all'inverosimile: dai silenzi, al modo di camminare, dal bere o mangiare al come impostare una discussione. E' il pregio ma anche il limite del film perché l'impianto narrativo, scandito per archetipi, porta a lungo andare ad una iterazione degli stessi, facendo emergere mano a mano più una monotonia delle situazioni rispetto allo sviluppo dell'intreccio, sia tra i personaggi sia della trama.

Riappropriarsi delle proprie radici

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L'uomo che comprò la Luna: un momento del film

Paradossalmente, tutto ciò accade proprio quando il protagonista arriva in Sardegna e si incontra e scontra con la realtà locale. La dialettica che fino ad allora aveva funzionato molto bene, e che trova pure un altro suo momento notevole nella lunga scena del zilleri ovvero il bar di paese, perde mordente in ricalchi drammaturgici meno funzionali. A pesare è anche l'improvviso cambio di registro che conduce L'uomo che comprò la luna verso toni più poetici e dai contorni marcatamente più favolistici nel finale.

In quest'ultima parte è infatti contenuto quello che è il vero cuore del film: la riappropriazione della propria cultura, della propria storia, dei suoi luoghi e dei suoi valori più alti. Ne sono portatori una coppia di anziani coniugi, interpretata da Lazar Ristovski e Ángela Molina. Un uomo e una donna ai confini di un mondo, le cui azioni però sono declinate in modo così repentino, troppo veloce, da non permettere di poterne apprezzare appieno la figura di struggenti custodi del tempo e della memoria che Paolo Zucca ha loro affidato.

Conclusioni

La recensione de L'uomo che comprò la luna di Paolo Zucca analizza un film che, portando lo spettatore in una Sardegna sospesa, mette costantemente alla berlina gli stereotipi più macroscopici della sardità ma allo stesso tempo vuole riaffermare i valori più alti di quella stessa cultura. Il tutto grazie ad andamento narrativo stralunato che mescola farsa e comicità, commedia e dramma in un amalgama che, dopo una prima parte ben riuscita, disperde poi purtroppo parte del potenziale accumulato.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.4/5

Perché ci piace

  • Mette in scena una Sardegna surreale.
  • Diverte per come ironizza sugli stereotipi sardi.
  • Non ha paura di essere politicamente scorretto.

Cosa non va

  • Le gag a lungo andare sono ripetitive.
  • Perde coesione nella seconda parte del film.