Prendere nota, è così che si gira un film. Asciutto, diretto, estremo. Confinato in uno spazio che diventa parte integrante di una storia normale, e per questo ancora più potente. Potente ma mai melenso, mai ridondante, mai ricattatorio. Senza sfruttare l'ego ma anzi delineando un contesto verace e reale. Insomma, L'ultimo turno di Petra Volpe è un manuale di regia, di narrativa, di interpretazione.

Produzione svizzera/tedesca, passato assurdamente fuori concorso a Berlino 2025 (come si può tenere fuori da un concorso un film così?). Novanta minuti secchi e l'aria che si contorce, che diventa irrespirabile, tra i solventi, l'urina, i disinfettanti. L'adrenalina a mille, il referto che non arriva, l'ascensore bloccato. L'ecosistema drammatico, il palco in cui una storia ne sfiora altre e poi altre ancora. Tutto legato, tutti legati. Con una suggestione, e una domanda che poniamo: possibile che in Italia film del genere non sappiamo (o non vogliamo?) produrli?
L'ultimo turno: nel cuore di un ospedale
Scritto dalla stessa Petra Volpe (che fosse brava lo sapevamo già da The Divine Order), il plot de L'ultimo turno si potrebbe riassumere in mezza riga: l'insostenibile turno di un'infermiera. Protagonista Floria, interpretata da Leonie Benesch. Parentesi d'obbligo: l'attrice tedesca, in questo momento, è tra le migliori in Europa. Floria è, appunto, un'infermiera che lavora nel reparto di chirurgia (e non solo) di un ospedale svizzero. Una clinica moderna, pulita, ma a corto di tempo: non ci sono abbastanza infermieri.

Floria, esperta, diligente, precisa, viene allora sballottata da un piano all'altro. Stanza dopo stanza, paziente dopo paziente. Le flebo, i parenti in attesa, il giro dell'antibiotico che ritarda, perché c'è sempre qualcosa di più urgente che preme e artiglia una routine pronta ad infiammarsi. Nervi saldi, pazienza infinita, e il tempo che si relativizza. Una madre malata, un signore che attende la diagnosi, un paziente arrogante e viziato. Troppo carico, troppa tensione. La crisi di nervi incombe, e il turno finisce per esplodere.
Il cinema migliore
Ciò che più colpisce de L'ultimo turno è il costante movimento. Tutto si muove, tutto corre e scorre in funzione del protagonista che lega gli eventi: il tempo. Petra Volpe, presentando il film, definisce il tempo come il vero nemico. Nulla di più vero. Inarrestabile, onnisciente, spietato. La leva su cui si forma la storia, esaltata da un'andatura che cresce, alzando un ritmo tenuto sotto controllo dalla musica di Emilie Levienaise-Farrouch e dal montaggio di Hansjörg Weißbrich. Un'esperienza radicale, che racconta una normalità trasfigurata in un grande spettacolo horror. Tutto riflette la crescente tensione, e tutto finisce per tradurre al meglio l'ansia di Floria, in un bilanciamento tra tragedia e dolcezza.

La regista, allora, perseguendo un cinema in cui la verità è il punto fisso, non può mai allentare la presa, portando - come raramente accade - in primo piano lo sfondo tipico dei tanti medical drama che popolano cinema e tv: Petra Volpe racconta una storia dal basso, il qui ed ora di una semplice infermiera, puntando l'attenzione sulla reale e complessa responsabilità di quei camici a metà che si aggirano tra una corsia e l'altra, vittime di un sistema sanitario senza scrupoli e senza empatia. Ecco perché L'ultimo turno, mai pietistico, reagisce umanizzando la professione. Una reazione ferma, arrabbiata e decisa. Una reazione uguale e contraria verso quel mondo che ha dimenticato di stringere la mano a coloro rimasti senza speranza. L'ultimo turno di Petra Volpe, lo sguardo ammaccato di Leonie Benesch e le luci fredde di un ospedale. È questo il cinema migliore.
Conclusioni
Un manuale di cinema. Regia, interpretazioni, messa in scena, emozioni, musica. Ne L'ultimo turno lo spazio e il tempo sono gli elementi utilizzati da Petra Volpe per costruire la tensione, ambientando tutto all'interno di un ospedale svizzero. Il lavoro di un'infermiera è scandito con puntualità e verità, facendo risaltare una sceneggiatura a dir poco perfetta, e soprattutto mai pietistica. Leonie Benesch fuoriclasse.
Perché ci piace
- Leonie Benesch è un talento incredibile.
- La regia di Petra Volpe.
- L'utilizzo non banale del tempo.
- Le emozioni sempre in movimento.
Cosa non va
- Non risultano marcate note negative.