Misurarsi con un'icona come quella di Dracula non dev'essere facile per nessuno. Il compito che è toccato a Luke Evans, però, è leggermente diverso da quello degli altri, storici interpreti del Conte: in Dracula Untold, infatti, più che del principe dei vampiri, l'attore è stato chiamato a vestire i panni del suo ispiratore storico. Il film di Gary Shore racconta infatti la storia del principe Vlad III di Valacchia, detto l'Impalatore, prima che si trasformasse in una creatura della notte.
La lettura che il regista esordiente dà del personaggio, quindi, si rivela essere in chiave "storico"-fantasy, più che horror; con una particolare attenzione alla natura umana di Vlad, dipinto come sovrano giusto e affezionato al suo popolo (malgrado la sua sinistra fama), costretto a fare un faustiano patto col male per difendere la sua famiglia e la sua gente. Del suo lavoro per il film, del suo approccio al personaggio, e di altre curiosità legate al suo modo di intendere la recitazione, ci ha parlato proprio Evans, giunto nella Capitale per presentare il film alla stampa.
Vampiro o supereroe?
In questi anni di proliferazione di vampiri, il vostro film sembra recuperare l'ortodossia, ma con uno stile ancora più "fumettesco". È d'accordo?
Luke Evans: Non so, io non lo paragonerei a un fumetto. È un fantasy, ma ciò che lo rende diverso dalle classiche storie su Dracula è che parla delle origini: noi prima affrontiamo la realtà. La cosa divertente è che raccontiamo una storia mai raccontata, il viaggio umano del personaggio.
Non le sembra che qui Dracula appaia più un supereroe che un mostro?
Lui ha questi poteri, quasi da supereroe: ma dobbiamo ricordarci che in fondo lui è stato, in un certo senso, il primo supereroe, visto che i suoi poteri fanno parte del mito del vampiro. Quando diventa un vampiro, acquisisce poteri che già troviamo nei libri del folklore: forse, semmai, è stato lui ispirazione per i successivi supereroi. Più che come un supereroe, lo vedo come un uomo che lotta per sopravvivere, e usa dei poteri su cui non ha controllo.
E in futuro, le piacerebbe vestire i panni di un supereroe?
Sì, perché no! Sono bravo con cappuccio e mantello, e so usare la spada. In questo film, mi sono sentito un po' supereroe, e sarebbe interessante interpretarne uno vero e proprio. Ma per me non è tanto questione di essere supereroe o vampiro: è questione di dare vita a un personaggio che il pubblico capisca, che abbia anche i suoi lati oscuri o difetti.
Nel film a un certo punto si dice che "gli uomini a volte hanno bisogno di mostri". Anche lei la pensa così, e pensa possa essere così anche per gli spettatori?
Il motivo di quella frase è sottile, ed è un riferimento al cinema: volevamo dire che forse, dopo tanti supereroi, abbiamo bisogno di nuovo di qualche mostro sullo schermo. Parlando del periodo del film, bisogna dire che allora c'era molta violenza, era un periodo turbolento, crudele, in cui non era solo Vlad a usare certi metodi. Effettivamente, allora, massacrare un villaggio e incutere terrore poteva significare risparmiarne altri dieci. Parlando della realtà di oggi, no, non credo che oggi ci sia bisogno di mostri: semmai, ce ne sono fin troppi.
Un uomo chiamato Dracula
Per preparare il ruolo, ha visto più film o letto più libri di storia?
Entrambe le cose. Ho rivisto alcuni dei film su Dracula, soprattutto il Dracula di Bram Stoker di Francis Ford Coppola. Ma la differenza è che quei film si basano sulla storia di Bram Stoker, mentre la nostra comincia 400 anni prima della sua nascita. E' una storia inedita e affascinante, la storia umana del personaggio storico, del suo viaggio e della sua vita, e del suo rapporto col suo popolo.
Cos'ha pensato quando è stato scelto per interpretare questo ruolo?
Sono stato molto contento quando me ne hanno parlato, ma anche un po' spaventato: mi dicevo che di solito Dracula appariva come un uomo più vecchio, mentre io avevo solo 35 anni. Poi ho capito che il film era incentrato sull'uomo giovane, sull'aspetto umano del personaggio: allora ho pensato che potevo fare un buon lavoro, dargli vita.
Cos'ha in comune col personaggio?
Non so se ho molto in comune con lui... forse solo i canini! Però capisco il suo viaggio e la sua esperienza. Lui attraversa emozioni che attraversiamo tutti: l'amore, la lotta per ciò che si crede giusto, il senso di perdita. Sono emozioni universali.
Pensa che il personaggio abbia ancora un potenziale, per gli spettatori moderni?
Il nostro lavoro è quello di raccontare l'uomo dietro al vampiro: un uomo che tenta di fare bene usando i suoi poteri. E' un uomo che lotta per sua moglie e suo figlio; e queste sono emozioni a cui tutti possono relazionarsi, anche gli spettatori moderni. Lo abbiamo raccontato come un uomo qualsiasi, anche con nei suoi momenti di vita quotidiana, con sua moglie e suo figlio: era importante che gli spettatori potessero rapportarvisi.
La formazione e il successo
Quando è nata la sua passione per la recitazione?
Già da piccolo volevo recitare, mi piaceva intrattenere le persone. A 16 anni, finita la scuola, ho trovato lavoro in un negozio di scarpe, e allora ho potuto pagarmi gli studi di recitazione. Già a 17 anni ho capito che la mia vita sarebbe stata quella.
Lei ha fatto anche molto teatro. In quale dei due contesti si trova meglio?
Sono mezzi differenti: il teatro è dal vivo, lì ogni sera si racconta una storia, e c'è sempre la reazione istantanea dal pubblico, l'applauso. Nel cinema il processo è molto più lento: quando finisci un film quasi te lo scordi perché passi al successivo, poi però, dopo un po' di tempo, vai in giro a promuoverlo e rivivi le stesse esperienze, ma in modo diverso. Il punto in comune è che in tutti e due i casi si racconta una storia, e bisogna cercare di essere autentici. Credo che in ogni film, comunque, utilizzo sempre la mia formazione teatrale: più il film è grande e fantastico, più lo sento come teatrale. E' a teatro che ho iniziato ad essere attore.
Lei ha sempre interpretato personaggi dalla forte caratterizzazione, tra cui il Bard de Lo Hobbit. I suoi fans, a volte, la riconoscono più col nome dei suoi personaggi che col suo. Come riesce a spostarsi dall'uno all'altro?
Questa cosa è divertente. Quest'anno ho fatto la corsa delle Mille Miglia, guidavo una Lancia tra paesini italiani, così a un certo punto mi sono fermato per prendere un caffè in un bar, e tre ragazzetti mi hanno detto "Ehi, ma tu sei Bard! Che ci fai qui?" So che per molti non sono Luke Evans, ma uno dei miei personaggi. Invece, nel mio nuovo film, High Rise, interpreto un agitatore sociale: lì ho potuto essere maggiormente me stesso, non più Bard o Vlad. E' un film indipendente, che è stato girato molto più velocemente di quelli che ho fatto con le major: una storia insolita, molto sinistra, ambientata negli anni '70 in un palazzo molto alto.
Il futuro
Il finale del film annuncia in un certo senso un sequel. Ci sarà?
Sì, c'è il progetto di un sequel. Ma prima questo film deve fare il suo percorso. Certo, sarà curioso trovarsi prima a uccidere un drago, in Lo Hobbit: La Battaglia delle Cinque Armate , per poi diventare un drago: ma i due progetti sono diversi.
Lei dovrebbe recitare anche nel reboot de Il corvo. A che punto è il progetto?
Un anno fa ho avuto la proposta, ora bisogna trovare una "finestra" per tutti noi che dobbiamo partecipare al film; trovare il tempo, nel nostro lavoro, è sempre la cosa più difficile. Sono molto contento di farlo, comunque: è un progetto controverso, perché l'originale è molto amato, ed è un film splendido. Noi vorremmo riportare alla vita quelle parti del fumetto che nel film precedente non hanno trovato spazio. E' una storia molto bella, di amore, rabbia e vendetta, che forse i giovani non conoscono.
Cosa le piace vedere, come spettatore?
Tutto. Io vivo a East London, e da noi c'è molto cinema indipendente: mi piace supportare la scena indipendente di Londra. Spesso, nelle sale fanno vedere cinema classico, film del passato, ma anche pellicole più recenti, film stranieri provenienti da varie parti del mondo insieme a film indipendenti, di tutto. Spesso non mi metto coscientemente a scegliere un film, ma vado a vedere ciò che trovo: e spesso è proprio così che si scelgono i film migliori.
Ha mai pensato di fare il regista?
Sì, ogni volta che recito penso a come sarebbe essere il creatore, avere il totale controllo dell'opera. Quando fai l'attore, fai la tua parte e te ne vai, ma quando sei regista hai la responsabilità di tutto. Come regista o montatore, puoi costruire un film o distruggerlo. Mi piacerebbe farlo, e probabilmente nei prossimi 2-3 anni lo farò. Penso che potrei essere un buon regista.