Vi ricordate quella celebre battuta pronunciata da John Belushi in The Blues Brothers? "Le cavallette!", urlava il personaggio cercando di trovare una giustificazione alle sue azioni. Battuta che ci è venuta subito in mente e che abbiamo deciso di citare per iniziare la nostra recensione de Lo sciame, un film disponibile su Netflix che di cavallette ne presenta, come promette il titolo, davvero tante. Pubblicizzato come un horror spaventoso (così viene descritto nella pagina ufficiale del catalogo della piattaforma streaming), questo film francese diretto da Just Philippot, nonostante un'idea promettente, non sceglie di appartenere davvero a quel genere. Dal ritmo compassato, Lo sciame è decisamente un film drammatico che ha al centro l'ossessione di una madre per il suo allevamento di cavallette tanto da sacrificarne i rapporti familiari.
Lavorare col sangue
Virginie è una madre single che vive con i suoi due figli, la maggiore Laura e il più giovane Kevin, in una casa di campagna. Ambiente ideale dove poter iniziare ad allevare cavallette e dare avvio a un'attività propria. Il successo tarda ad arrivare, però, e in piena difficoltà economica, Virginie inizierà a provare una vera e propria ossessione per il suo allevamento tanto da curarsi sempre di meno della propria vera famiglia. I due figli soffrono dell'assenza della madre, fanno fatica a legare con i loro coetanei che ironizzano sulla "follia" della madre. Follia che diventa vera e propria quando Virginie scopre che, donando sangue alle cavallette, queste iniziano a riprodursi più in fretta dando finalmente avvio a quel ritorno economico che la nostra protagonista si aspettava. Nonostante vari conflitti interni alle mura domestiche, Virginie proseguirà la sua opera, anche a costo di sacrificare il proprio corpo per gli insetti.
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Alveare domestico
Le premesse sono quelle di un horror di stampo psicologico capace di indagare l'ossessione di una madre che si sta sacrificando per il bene dei propri figli e in cui, talvolta, si percepisce la sensazione della minaccia imprevedibile dello sciame, sempre più numeroso e sempre più famelico. Ma l'interesse di Just Philippot non è nel realizzare un vero e proprio film dell'orrore. Bloccandosi nelle dinamiche del dramma umano, Lo sciame è, per la maggior parte dei suoi 100 minuti di durata, un vero e proprio film sulla famiglia disfunzionale, sul rapporto genitore/figli, sull'incomprensione tra le due generazioni e sulla difficoltà di costituirne un vero e proprio legame. Non mancano alcuni brevissimi momenti in cui viene mostrata qualche goccia di sangue e in cui si punta leggermente di più sullo shock visivo. Una scena in particolare che ha a che fare con delle pinzette potrebbe impressionare lo spettatore più sensibile, specie perché arriva quasi gratuitamente all'interno dell'economia del film. La dimensione più orrorifica della vicenda si sprigiona negli ultimi dieci minuti di film dando finalmente soddisfazione a quanti si sarebbero aspettati un film del tutto diverso. Bisogna comunque sottolineare che, al di là di qualche immagine più forte, il film non punta sulle immagini esplicite, preferendo concentrarsi sempre sulla dimensione più intima della vicenda. Il risultato è un film la cui metafora conclusiva è talmente evidenziata che lo depotenzia.
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Un ritmo drammatico
Complice un ritmo davvero compassato, il film sembra voler raccontare pochissimo in una durata più lunga del previsto. Con una scrittura semplice, in cui i personaggi non compiono un vero e proprio percorso ma, in maniera cristallina, confermano i caratteri con cui sono stati presentati, Lo sciame non riesce a coinvolgere davvero lo spettatore. Si potrebbe obiettare che l'assenza di colpi di scena sia un continuo accumulo di tensione e suspense in vista dell'atto conclusivo, ma non si percepisce un cambiamento di atmosfera, un'attesa crescente in vista di una rivoluzione e, anche quando la storia sembra aprire a sviluppi futuri interessanti, presto si torna al punto di partenza. Si tratta di uno scoglio importante, che sbilancia il film scontentando gli spettatori che si aspettavano tutt'altro (e lo ricordiamo: non possiamo non ritenere importante il modo in cui un prodotto in una piattaforma streaming viene descritto e pubblicizzato, al netto della sua vera natura). Nota positiva, il cast di protagonisti, soprattutto le attrici: Suliane Brahim nel ruolo di Virginie sa come portare un personaggio tormentato e ossessionato senza risultare eccessiva; Marie Narbonne, invece, mostra la crisi identitaria di un'adolescente senza madre e che vorrebbe solamente qualche attenzione in più. Non a caso, proprio nel finale, il film si concentrerà sul loro rapporto, concludendosi esattamente dopo la risoluzione del maggiore conflitto della storia.
Conclusioni
A conclusione della nostra recensione de Lo sciame non possiamo considerare il film completamente riuscito. Per la maggior parte della sua generosa durata si tratta di un film drammatico sul rapporto madre/figli per poi sfogarsi nei minuti conclusivi rientrando un po’ di più nelle dinamiche di film horror, genere con cui viene presentato e che rischia di sviare lo spettatore. Quest’unione di diversi registri non riesce però a comunicare: non si percepisce né un crescendo di attesa e di tensione e nemmeno un certo tipo di evoluzione nei personaggi, interessati a portare a termine i loro conflitti. Notevole, invece, il lavoro del cast, con una nota di riguardo per le due protagoniste, vero e proprio cuore del film.
Perché ci piace
- Le due attrici protagoniste reggono il cuore del film senza risultare caricaturali.
- Le premesse sono interessanti, al netto di una metafora un po’ insistita.
- Gli ultimi minuti di film sanno regalare qualche momento ben riuscito…
Cosa non va
- …ma arrivano troppo tardi: la durata del film appare generosa rispetto a quanto viene narrato.
- Più dramma che horror, il film non riesce a costruire un’evoluzione narrativa interna né a costruire la giusta tensione.