All'età di 93 anni ci ha lasciati Lina Wertmüller, tra le figure più importanti del cinema italiano dagli anni Sessanta ad oggi. Regista, sceneggiatrice e scrittrice, Arcangela Felice Assunta Wertmüller von Elgg Spanol von Braueich (il suo nome per esteso) era nata a Roma nel 1928, discendente di una famiglia nobiliare dalle origini svizzere.
In carriera ha diretto oltre trenta opere, tra lungometraggi, documentari e film per la televisione, ed è stata, nel 1977, la prima donna a ricevere una candidatura agli Oscar, per la regia di Pasqualino Settebellezze. Nel 2020, il Consiglio di amministrazione dell'Academy l'ha insignita della statuetta onoraria, tributandole un riconoscimento per il contributo straordinario che ha regalato al pubblico.
Soprattutto fra gli anni Sessanta e Settanta, Lina Wertmüller ha realizzato le pellicole che hanno contraddistinto il suo percorso cinematografico, anche grazie al sodalizio artistico stretto con Giancarlo Giannini, suo attore di riferimento diretto in ben sette occasioni. Di seguito vogliamo rendere omaggio alla regista italiana, riscoprendo i cinque migliori film della sua carriera.
1. I basilischi (1963)
In un paese di provincia del Meridione italiano, due giovani privilegiati trascorrono le giornate pervasi dalla noia. Antonio (Antonio Petruzzi) è figlio di un notaio, studia legge ma più per obbligo che per convinzione personale; Francesco (Stefano Satta Flores) è figlio di proprietari terrieri, diplomato da ragioniere ma con una vera passione per lo svago e le discussioni tra amici. L'unico progetto che sembra interessarli è quello di costituire una cooperativa per la produzione di alimenti tipici delle loro zone. Un giorno, Antonio parte per Roma, dove intende trascorrere un breve soggiorno e andare a trovare due sue zie che vivono nella Capitale. L'aria di città e discorsi del tutto differenti sul modo di intendere la vita gli apriranno nuovi orizzonti. Così, decide di trasferirsi lì, e dare una svolta alla monotonia del paese. Ma avrà il coraggio di andare fino in fondo come mai avrebbe immaginato fino a poco tempo prima?
Dopo essere stata aiuto regista di Federico Fellini ne La dolce vita (1960) e in 8½ (1963), Lina Wertmüller esordì con la sua opera prima, I basilischi. Per l'occasione, ambientò il racconto nelle zone d'origine del padre, e per l'esattezza a Minervino Murge, paesino al confine tra la Puglia e la Basilicata. Se Fellini aveva narrato i vitelloni della sua Rimini nel capolavoro del 1953, la regista romana descrisse i suoi basilischi, termine di antica derivazione greca dai molteplici significati ma che qui indica dei giovani senza arte né parte, che si lasciano trascinare dalla vita come fossero onde del mare. Più che un disagio sociale, una rassegnazione tipica della provincia, dalla quale emergere era difficile sessant'anni fa come adesso, in particolare nella realtà del Mezzogiorno.
I basilischi ottenne la Vela d'argento al Festival di Locarno del 1963 e poté annoverare, nel cast creativo, la fotografia di Gianni Di Venanzo, il montaggio di Ruggero Mastroianni e la colonna sonora di Ennio Morricone, ancora agli albori della sua carriera da compositore per il cinema.
2. Mimì metallurgico ferito nell'onore (1972)
Il manovale catanese Carmelo Mardocheo, detto Mimì (Giancarlo Giannini), ha da sempre difeso i propri ideali di sinistra e mal sopportato le vessazioni dei padroni e soprattutto della criminalità organizzata. Un giorno, per aver votato un candidato sindaco comunista e non quello sostenuto dalla mafia, viene licenziato dalla cava di zolfo presso la quale lavorava. Così, Mimì decide di emigrare a Torino lasciando a casa la giovane moglie Rosalia (Agostina Belli). Solo e senza alcuna certezza, e trovando sostegno soltanto nel locale sindacato, Mimì otterrà un impiego come operaio edilizio, e intreccerà una relazione con la sottoproletaria Fiore (Mariangela Melato), anch'ella politicamente schierata. Da essa avrà un figlio ma, in seguito a un fatto violento al quale si troverà ad assistere, Mimì avrà la dimostrazione di come la mafia abbia allargato il proprio potere anche al Nord. Rifiutandosi di collaborare con gli inquirenti e mantenendo proposito al "principio di omertà", Mimì entrerà nelle grazie della criminalità, ottenendo una promozione e di poter tornare a Catania, per ritrovare Rosalia. La quale, nel frattempo, ha però frequentato un brigadiere, tradendo così Mimì e "infangando" il suo onore...
Mimì metallurgico ferito nell'onore rappresentò la terza collaborazione tra Lina Wertmüller e Giancarlo Giannini e la prima con Mariangela Melato, che avrebbe diretto successivamente in altre occasioni (delle quali scriveremo più avanti). Dopo aver spaziato tra la commedia (Il Giornalino di Gian Burrasca con Rita Pavone, i due capitoli di Rita la zanzara ancora con la cantante e con Giannini, quindi Questa volta parliamo di uomini) e il western (The Belle Starr Story - Il mio corpo per un poker), la regista romana si dedicò a tematiche più impegnative e di grande attualità, tra dramma e considerazioni politico-sociali.
Presentato in concorso al Festival di Cannes, Mimì metallurgico ferito nell'onore consacrò il talento di Giannini e della Melato, premiati successivamente con il David di Donatello, il Nastro d'argento e il Globo d'oro.
Giancarlo Giannini, travolti da un insolito talento
3. Film d'amore e d'anarchia (1973)
Primi anni Trenta. Dopo l'uccisione di un compagno anarchico, il contadino lombardo Antonio Soffiantini, detto Tunin (Giancarlo Giannini), decide di recarsi a Roma con un unico intento: assassinare Benito Mussolini. Giunto nella Capitale, l'uomo entra in contatto con Salomè (Mariangela Melato), una prostituta amante di un altro anarchico che intende ospitarlo nella casa di tolleranza dove lavora, presentandolo come suo cugino. Nel frattempo, Tunin si innamora di un'altra prostituta, Tripolina (Lina Polito), alla quale chiederà di trascorrere insieme gli ultimi giorni prima dell'attentato...
Film d'amore e d'anarchia, ovvero "Stamattina alle 10 in via dei Fiori nella nota casa di tolleranza..." racconta una storia di disperazione e di rabbia, durante la dittatura dello Stato fascista: un altro tema più volte affrontato da Lina Wertmüller. Le interpretazioni degli attori principali, infatti, esprimono l'impossibilità dei personaggi di sottrarsi a un destino forse già scritto, in un'epoca nella quale pochi determinavano l'esistenza di molti. Tunin agisce d'impulso, più che per una matura idea politica, mentre le prostitute, trattate come merce da uomini senza valori, cercano come possibile di aiutare chi come loro è oppresso da una società invivibile.
Con la colonna sonora di Nino Rota e Carlo Savina e le canzoni eseguite da Anna Melato (sorella di Mariangela), Film d'amore e d'anarchia venne presentato al Festival di Cannes del 1973, con il premio per la miglior interpretazione maschile a Giancarlo Giannini.
4. Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto (1974)
La ricca borghese Raffaella Pavone Lanzetti (Mariangela Melato) trascorre le sue vacanze nel Mediterraneo insieme allo sgradevole marito e agli amici, altrettanto ricchi e annoiati come lei. Durante il soggiorno, provoca apertamente Gennarino Carunchio (Giancarlo Giannini), un marinaio comunista che disprezza i benestanti e il loro modo di vivere. Nonostante tutto, i turisti, di qualunque estrazione siano, sono coloro che gli consentono di lavorare. Durante un'escursione, un guasto a un gommone farà restare in mare aperto Raffaella e Gennarino, che così approderanno su un'isola deserta. A quel punto, rimasti soli, il gioco di ruoli si invertirà e, dopo le iniziali prese di posizione ancora più nette, tra i due sfocerà un'inattesa passione...
Cult assoluto della cinematografia di Lina Wertmüller, con frasi indimenticabili e una sferzante riflessione politico-sociale, frutto di una sceneggiatura brillante con le tematiche care alla regista. Impossibile poi non evidenziare le eccezionali interpretazioni di Mariangela Melato e Giancarlo Giannini. Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto è ancora oggi celebrato come accadde in occasione della sua uscita nelle sale italiane, dove fu accompagnato da un grande successo di pubblico.
5. Pasqualino Settebellezze (1975)
Napoli, anni Trenta. Pasqualino Settebellezze (Giancarlo Giannini) è un giovane delinquente, quello che si potrebbe definire un "guappo". Unico figlio maschio in una famiglia composta da sette donne, intende scalare le vette della malavita per affermarsi come uomo "di rispetto". Egli è però un vigliacco, e non perde mai occasione per dimostrarlo.
Quando la sorella Concetta verrà ingannata da un uomo e costretta a prostituirsi, dopo non essere riuscito inizialmente ad affrontarlo, Pasqualino deciderà di ucciderlo e, per paura di farsi scoprire, lo farà a pezzi, rinchiudendone il corpo in tre diverse valigie. Dopo che gli inquirenti sveleranno quanto ha commesso, Pasqualino verrà condannato al manicomio criminale ma, dopo qualche anno, uscirà per arruolarsi come volontario all'esplosione della Seconda Guerra Mondiale. Le sue "avventure", però, non saranno ancora concluse.
Grandissimo successo di pubblico e critica: Pasqualino Settebellezze è probabilmente il film più acclamato della carriera di Lina Wertmüller. Un magnifico Giancarlo Giannini in una storia che, tra farsa e tragedia, ripercorre gli anni più difficili del Novecento: il protagonista, nonostante l'esecrabile condotta morale, cercherà la propria redenzione dopo essere stato sopraffatto dagli eventi.
Presentato negli Stati Uniti con il titolo Seven Beauties, la pellicola ottenne applausi a scena aperta e quattro nomination agli Oscar: miglior regia e miglior sceneggiatura per la Wertmüller, miglior attore protagonista (Giannini) e miglior film straniero.