Se è vero che la grandezza di un autore cinematografico si può capire anche dalla disinvoltura con cui passa da un genere all'altro, allora con questo Parigi, 13Arr. (Paris 13th District) abbiamo appena avuto un'ulteriore prova di quanto Jacques Audiard sia uno dei più grandi registi europei in circolazione. Dopo averci regalato prison movie, melò, western e drammi sociali, ora approda anche a quella che potremmo definire quasi una commedia (post)romantica o una romcom 2.0: multirazziale e multiculturale, erotica e disnibita, schietta e diretta, a tratti perfino digitale.
Ispirato ad una graphic novel di Adrian Tomine, fumettista americano molto noto anche come illustratore del New Yorker, il film è ambientato nel 13° arrondissement parigino: il quartiere forse meno turistico e francese della capitale, con il suo stile quasi americano, gli enormi palazzoni dai nomi dedicati a grandi città straniere che hanno ospitato in passato le olimpiadi (da qui il soprannome del complesso residenziale e il titolo del film) ed una grande presenza di abitanti di origine asiatica, tanto da renderla la più grande Chinatown d'Europa. Tutto questo, come vedremo in questa recensione di Parigi, 13Arr., è effettivamente presente nel film di Audiard, fin dalla panoramica iniziale a volo d'uccello. Ma è altrettanto evidente che al regista interessino soprattutto i suoi protagonisti e le complesse relazioni che andranno a intrecciare nelle due ore successive.
Le relazioni difficoltose
I protagonisti del film sono tre: Emilie, un ragazza di origini cinesi che vive nell'appartamento della nonna e lavora in un call center; Camille un insegnante (uomo, non lasciatevi ingannare dal nome) di colore alla ricerca di un appartamento da condividere; Nora una trentenne che ha lasciato Bordeaux e la sua famiglia per studiare a Parigi e cambiare la sua vita una volta per tutte. Le loro storie finiranno per l'intrecciarsi in più di un'occasione in modo quasi fortuito, ma tutti e tre sembrano avere in comune una cosa: una crescente insoddisfazione personale tanto in campo amoroso che lavorativo.
C'è chi questa insoddisfazione prova a sfogarla attraverso il sesso; chi nello studio o nel lavoro. Quello che Audiard ci mostra è che non si tratta però (solo) di un male generazionale, ma ognuno ha semplicemente il proprio bagaglio di sensi di colpa e di traumi. E sebbene nessuno dei protagonisti non faccia altro che dire la verità, a volte anche con troppa noncuranza e senza preoccuparsi dei sentimenti altrui, nessuno è in grado di guardarsi realmente dentro e capire ciò di cui ha veramente bisogno.
Paris, 13th District, il trailer del film di Jacques Audiard in concorso a Cannes 2021
Trovarsi e lasciarsi andare
Fotografato in un elegante bianco e nero che ne esalta i volti dei giovani e bravi protagonisti, scritto a sei mani da Audiard insieme a due partner d'eccezione quali Léa Mysius e Céline Sciamma, Parigi, 13Arr. è un film che non ha grande ambizioni se non quella di fornire un ritratto sincero del mondo dei giovani di oggi, ma con un taglio inaspettatamente ottimista: quasi più da cinema americano che europeo e d'autore. Il che non significa che il film di Jacques Audiard non sia di qualità o che stoni all'interno di una filmografia invidiabile: ha solo il "difetto" di non avere forse troppo da dire; ma è pur vero che quel che racconta lo fa in modo esemplare.
Conclusioni
Les Olympiades non verrà forse ricordato come il miglior film di Audiard, ma è comunque l'ennesima dimostrazione della versatilità del regista francese e del suo enorme talento nel regalarci personaggi a cui è facile affezionarsi e voler bene. Il tutto con uno stile elegante e naturale che ti fa semplicemente desiderare di più.
Perché ci piace
- Ottimamente fotografato, il film è uno sguardo elegante ad una Parigi insolita.
- I tre protagonisti lasciano il segno, grazie ad un'ottima scrittura e una recitazione sempre naturale e convincente.
- Tanto sesso, problemi d'amore e di incomunicabilità, traumi del passato da superare. Temi universali che non lasciano indifferenti...
Cosa non va
- ... ma da un autore come Audiard è lecito aspettarsi anche qualcosa di più.