Le bugie hanno le gambe corte
Difficile, vista e considerata la risibile statura del protagonista, che la possibilità di rispolverare il proverbio "le bugie hanno le gambe corte" vada incontro a occasioni più appropriate di questa! Tutto merito del giovane attore Ryan Pinkston (già apparso in Babbo bastardo e Spy Kids 3-D: Game over) e dei suoi 163 cm scarsi di altezza. 14 anni vergine è del resto un teen movie sostanzialmente conforme alla regola, giocato com'è sulle frustrazioni del giovane Sam Leonard, sfigatissimo anti-eroe in perenne lotta con le cattiverie riservategli dai compagni di scuola. Gli elementi che lo caratterizzano (in negativo, almeno agli occhi dei suoi brufolosi persecutori) sono la statura da nanerottolo, per l'appunto, e il buonismo fuori luogo di genitori che, con la loro asfissiante presenza, non fanno altro che metterlo in cattiva luce di fronte a un ambiente scolastico tendenzialmente ostile. Vogliamo aggiungere una aggravante? Nella scuola dove si è appena trasferito, il fatto che Sam sia un asso della matematica a caccia di borse di studio viene visto come la ciliegina sulla torta: il ritratto del secchione, pronto ad essere vessato dai bulli del circondario, è ora completo.
Fin qui tutto nella norma. Ma il film diretto dal carneade Christian Charles si accende, tanto da tenere vispa l'attenzione, grazie a quelle trovate di sceneggiatura (non più di un paio, in realtà) che sconvolgono l'assetto di partenza con la loro morale cinica e beffarda. Il primo momento in cui la condizione di sfigato del protagonista viene messa in discussione è l'incontro con uno stralunato consulente scolastico, da cui arrivano consigli sottilmente perversi; allo sfiduciato Sam viene suggerito di raccontare un sacco di balle sul proprio conto, così da soddisfare l'intimo desiderio di apparire "figo" e recuperare la necessaria autostima. Eppure, non appena Sam si mette a barare vantandosi di cose fondamentalmente estranee alla sua vita (compresa un'improbabile amicizia con Carmen Electra, cui viene regalato peraltro un divertente cameo!), i guai invece di diminuire sembrano moltiplicarsi. Lo scarto ulteriore è rappresentato dal misterioso evento che cambia completamente le carte in tavola: un curioso incidente comincia infatti a far avverare le bugie di Sam, che si trova così a dover gestire un'improvvisa e travolgente popolarità. Ed è un tocco di magia che al film giova senz'altro. Ne sono un esempio le partite di basket, dove l'impacciatissimo Sam si trasforma senza preavviso in campione capace di segnare da posizioni impossibili, neanche fosse il Gigi la Trottola dei cartoni animati.
Non mancano in questa commediola adolescenziale, che la distribuzione italiana ha voluto ridicolizzare con un titolo fin troppo ammiccante (l'impronta derivativa di 14 anni vergine stona con la sobria essenzialità del titolo originale, Full of It), le cadute di umorismo e le battute sguaiate alle quali il (cattivo) gusto yankee ci ha ormai abituato. D'altro canto la catena di equivoci generata dalle bugie di Sam regala anche momenti di sano divertimento, con un potenziale comico tutto sommato discreto affidato a interpretazioni di indubbia efficacia, soprattutto quelle di alcuni caratteristi. Brillano in tal senso le performance dei navigati John Carroll Lynch e Cynthia Stevenson, gli appiccicosi genitori di Sam, come anche la folgorante apparizione del consulente scolastico Mike Hanbo, interpretato con malizioso disincanto da Craig Kilborn, vecchia volpe dei talk-show televisivi statunitensi. Ad amalgamare il tutto una confezione visiva non proprio brillante e nemmeno sciatta, che comunque si integra bene con l'ottima scelta delle musiche. Dalla divertente citazione iniziale dei Beach Boys all'inserimento di una canzone di Beck, decisamente in tema con il mood generale, tutto ciò che concerne la colonna sonora sembra funzionare per il verso giusto.