Quando l'animazione è in grado di raccontare una storia che è pura poesia, di questo parleremo in questa recensione de La vetta degli dei, lungometraggio disponibile su Netflix dal 30 settembre 2021 che traspone il meraviglioso manga del maestro Jiro Tanigouchi, grazie alla regia di Patrick Imbert, cineasta e animatore francese che in questa produzione riesce veramente a stupire con un adattamento illuminato e in grado di rendere alla perfezione lo spirito, la filosofia e la profonda malinconia che caratterizzano l'opera cartacea. Presentato a Cannes nel 2021 il film ha visto, in altre parti del mondo, la sala come mezzo distributivo, al contrario del nostro paese dove è uscito direttamente in piattaforma per la delusione di noi appassionati che avremmo preferito godere delle bellissime immagini e delle atmosfere, potenti e suggestive, sullo schermo di una sala cinematografica. E credeteci quando vi diciamo che lo avrebbe meritato.
La storia nella storia
L'Everest, una delle vette più ambite e pericolose della Terra la cui prima scalata viene attribuita a Edmund Hillary e Tenzing Norgay nel 1953. Prima di loro, però, negli anni venti, due alpinisti tentarono l'impresa: Andrew Irvine e George Mallory che purtroppo perirono durante la scalata lasciando il mondo intero nel dubbio che siano stati loro i primi a raggiungere la vetta. È da questo incipit che scaturisce l'intera vicenda narrata in questo lungometraggio animato, dall reporter fotografico giapponese Fukamachi Makoto che si imbatte per caso nella macchina fotografica dei due sfortunati alpinisti settant'anni dopo. La prima volta però se la lascia sfuggire, presa da colui che sembra essere Habu Jôji, un celere alpinista scomparso dalle cronache sportive ormai da anni. Ossessionato dalla storia che quella macchina fotografica potrebbe rivelare, Makoto decide di ricostruire il percorso sportivo e di vita di Habu per poi rintracciarlo e recuperare così il prezioso oggetto.
25 migliori anime su Netflix da vedere
I mille volti di un film
Un giallo, un racconto sportivo, la narrazione di un desiderio, di un'esigenza a cui è impossibile dare un nome, La vetta degli dei è tutto questo e molto di più, è poesia in immagini, è racconto epico. La ricerca della macchina fotografica e la ricostruzione della vita di Habu veicolano la parte investigativa del film, un elemento che poi si va a fondere con la componente più intima del racconto, quella che è in grado di attribuire un significato profondo ad una storia che altro non è che una meravigliosa riflessione sulla vita, sull'ambizione di raggiungere degli obiettivi e sul significato che gli attribuiamo. La sceneggiatura in questo caso è magistrale, riesce a gestire alla perfezione tutte le sottotrame presenti con misura ed equilibrio, giostrandosi tra presente e passato senza sforzo, con naturalezza in un'ora e trentacinque minuti di pura bellezza e poesia in cui si viene catturati dalla storia come dalle immagini, che mettono in mostra scorci di natura selvaggia e impietosa che è impossibile dimenticare.
Animazione di qualità
E sono proprio queste immagini uno degli aspetti più belli de La vetta degli Dei, perché l'animazione in 2D è curata e attenta e riesce a rendere alla perfezione ogni aspetto e sfaccettatura della trama. L'apoteosi si ha durante le scene di arrampicata dove il pericolo cresce ad ogni passo al pari della fatica dei corpi sotto sforzo e della volontà, anzi della necessità viscerale, di vincere una montagna che sembra viva e ostile all'invadente presenza umana. Ogni immagine che ritrae la montagna ne delinea la sua inviolabile sacralità, con grande attenzione ai suoi rumori. Il suono viene infatti utilizzato per rendere questa idea: il vento, gli scricchiolii, il rumore dei rampini e delle piccozze sulla nuda roccia e sul ghiaccio, ogni elemento sonoro racconta qualcosa, offre un'indicazione che può essere un messaggio da captare, un avvertimento. In effetti è questa la vera qualità suprema de La vetta degli dei: l'essere capace di raccontare non solo con le immagini, ma con il suono e gli elementi narrativi nella loro completezza.
Conclusioni
Per concludere la nostra recensione de La vetta degli dei non possiamo che sottolineare ancora una volta il valore di questo adattamento. Un film che è pura poesia, con una sceneggiatura in grado di gestire alla perfezione le diverse sottotrame e i diversi piani temporali. Ottima anche l’animazione in 2D e la gestione del sonoro che rendono il tutto un’esperienza immersiva e spettacolare.
Perché ci piace
- La sceneggiatura che riesce a gestire ed intrecciare alla perfezione tutte le sottotrame.
- Il sonoro, immersivo, anch’esso mezzo narrativo fondamentale del film.
- L’animazione in 2D estremamente ben realizzata.
- La storia, ricca di poesia e di significati.
Cosa non va
- Ci rimane veramente difficile trovare dei lati negativi di questo film.