Toxic Jungle: un trip suadente a ritroso nel tempo

Sulle note di un rock psichedelico, Gianfranco Quattrini si inoltra nella foresta amazzonica lungo un road movie allucinogeno e dalla valenza catartica.

Dritto al cuore (di tenebra) della giungla Amazzonica. Per liberare così il fantasma di una musica intrappolata fra un passato tracimante di vita, sesso e riff musicali, ed un presente inchiodato all'inguaribile senso di colpa. È qui che Gianfranco Quattrini, filmaker peruviano di limpide origini italiane, rievoca la tormentata e mitica ascesa dei Fratelli Santoro a cavallo della fine degli anni '60 ai primi '70. Band di pionieri del rock argentino, giovani allo sbando in un universo figlio dei fiori dove abbandonarsi a profondità rituali e funghi allucinogeni, verso piani di percezione mescolati tra realtà e immaginazione. Quello di Toxic Jungle è dunque un biopic immaginifico, riconducibile agli spazi fisici e (im)materiali a ritroso nella coscienza di un'epoca iconografata su viaggi extracorporei con l'ausilio di sostanze psicotrope. Ma anche una discesa lisergica, se non fortemente selvaggia, nel mondo della musica sudamericana: un po' road movie un po' trip mentale, dentro un loop visivo ed erotico senza filtri ne vincoli alcuni.

Toxic Jungle: un momento del film
Toxic Jungle: un momento del film

In gioventù, Diamond Santoro (Robertino Granados), ha conosciuto tempi migliori. Quelli in cui con il fratello Nicky (Manuel Fanego) aveva dato vita a un gruppo rock che, con un solo album, scalò tutte le classifiche in Argentina diventando leggenda. Ma la loro fu una breve meteora musicale, caratterizzata dall'assunzione di droghe di ogni tipo, che costò tragicamente la vita al fratello più piccolo e fisicamente più fragile. Quaranta anni dopo, Diamond vola ancora dall'Argentina a Iquitos, il maggior centro dell'Amazzonia peruviana, richiamato da Pierina (Camila Perissé), l'ex fidanzata di Nicky, per intraprendere un viaggio interiore lungo il Rio delle Amazzoni. Alla ricerca della magica Ayahuasca, la 'buona medicina' nascosta nel cuore della foresta Amazzonica, che si rivelerà essere l'unica possibile via di salvezza per ritrovare se stesso e liberarsi, finalmente, dal peso dei ricordi.

Il passato bussa sul presente

Toxic Jungle: un'immagine tratta dal film
Toxic Jungle: un'immagine tratta dal film

"Durante il rito dell'Ayahuasca ci si sente male, si perde il senso del tempo e sembra che il corpo stesso si perda. Contemporaneamente tutti gli errori del passato, anche quelli rimossi, tornano alla mente. Attraverso questa consapevolezza avviene la purificazione dell'anima" spiega il regista che ha indagato a fondo i suoi effetti, prima di lanciarsi in questa coproduzione italo-argentino-peruviana scritta insieme a Lucía Puenzo e Leonel D'Agostino. Tuttavia, in Toxic Jungle è la lenta rielaborazione del lutto ad esplicitare un percorso umano disseminato da colpe irrisolte, con continui flashback all'adolescenza dei due fratelli fino alle porte infernali di quegli anni così intensi e fuori controllo. Scivolano allora suggestioni, paesaggi subtropicali, immagini e suoni nelle inquadrature febbricitanti di Quattrini, o ancora, nel montaggio psichedelico che sovrasta ogni scena dove aleggia l'ombra della morte. Come il suo flusso amazzonico teso su una narrazione bulimica, allo stesso modo i colori vividi del passato esplorato riflettono quelli altrettanto vivi di un road movie ascendente anziché discendente: tutto qui riporta alle origini, alla purezza di una seduzione visiva che fa rima con giovinezza. E se la resa appare sensuale, quasi accattivante, dall'altra ecco subentrare tutti i limiti di una commistione magmatica che lascia storditi più che conquistati. A dispetto della penetrante fotografia di Ivan Gierasinchuk, sono troppi i fili narrativi (c'è persino una sottotrama noir) che non sembrano legarsi al resto con omogeneità; faticando a rendere incisivo il cammino del protagonista verso la sua definitiva rigenerazione catartica.

Toxic Jungle: Camila Perissé e Robertino Granados in una scena del film
Toxic Jungle: Camila Perissé e Robertino Granados in una scena del film

La salvezza nella musica

Toxic Jungle: una scena del film
Toxic Jungle: una scena del film

Puntellato da un buon cast, Toxic Jungle non aggiunge nulla di nuovo al tema ne fornisce elementi sufficienti quanto utili a far convogliare partecipazione nella sua tragedia. Investendo di allucinazioni lo spettatore, senza mai svolgere un'azione di persuasione sull'intera storia. Colpisce però l'ottima prova di Robertino Granados nei panni 'adulti' di un Diamond inquieto e paralizzato dall'esistenza. Perseguitato dai propri fantasmi, lo vediamo sbraitare e farneticare sotto il peso di una vita dissipata da rockstar, in attesa di una salvezza che ne consoli dapprima il cuore, poi la mente ed infine l'anima. Che, forse, al pari di una magia sciamana e guaritrice, arriverà proprio dalla musica. Perché come ben evidenzia il suo autore "Toxic Jungle racconta la storia di due fratelli, legati per sempre dalla musica. Costantemente alla ricerca del loro destino e della guarigione nel cuore della Selva Amazzonica" .

Movieplayer.it

2.0/5