Recensione Thunderbirds (2004)

Lady P e Parker non bastano a salvare un film che fallisce nell'attualizzare il soggetto, nel creare personaggi accattivanti, nel generare coinvolgimento emotivo, risultando un vuoto e noioso giocattolo senza vita.

La nostalgia non basta

Con Starsky & Hutch, la moda di reinventare per il cinema i soggetti di celebri serie televisive degli scorsi decenni ha espresso un film che coniuga le atmosfere del serial con uno stile caratteristico e una comicità più moderna - questo ne fa una pellicola non eccelsa, ma caratterizzata da una sua identità e dignità filmica.
Altrettanto non si può dire di questo Thunderbirds, che recupera una serie animata celebre nei Swinging Sixties il cui spirito e i cui personaggi sono ancora cari all'immaginario collettivo britannico: ora, la serie era ingenua di per sé, e il suo forte erano lo humour, i gadget futuristici e colorati, e, su tutto, l'efficace tecnica di animazione dei pupazzi: il film batte, anacronisticamente e con attori umani, la stessa strada.

La trama esile dalla struttura scontata potrebbe essere tranquillamente alla base di un episodio televisivo di trenta minuti di durata: gli eroici Tracy, padre e prole, accorrono ovunque occorra una salvataggio disperato alla guida dei loro veicoli, i Thunderbirds. Sennonché il cattivo di turno tende loro una trappola e riesce non solo ad allontanarli dalla base operativa (la favolosa ed esotica Tracy Island), ma anche a prenderne il controllo, con lo scopo di usare i Thunderbirds per portare a termine le sue malefatte, gettando fango sulla reputazione della gloriosa famiglia.
Sarà il più giovane dei Tracy, fino a questo momento lasciato a scuola ad attendere - con una certa frustrazione - il suo momento, a sobbarcarsi l'onere di salvare genitore e fratelli nonché il buon nome dei Thunderbirds.
Ma non da solo. Uno dei cambiamenti rispetto al serial riguarda infatti gli amici di Alan Tracy: la graziosa Tin Tin, nella serie, era di qualche anno più grande e quindi non rappresentava né una compagna di giochi né un possibile love interest per Alan. Inoltre gli sceneggiatori hanno dato allo scienziato Brains, amico del capo-tribù Jeff Tracy e geniale progettista dei Thunderbirds, un figlio pressappoco dell'età di Alan e Tin Tin: si è in tal modo costituito un trio che non può non far pensare a quello dei romanzi e dei film della serie di Harry Potter. Le dinamiche che si creano tra questi giovani protagonisti, tuttavia, non hanno nulla della freschezza di quelle create da J.K. Rowling con i suoi maghetti, ma seguono i più piatti e prevedibili standard della narrativa e della filmografia per ragazzi.

La fiacchezza della sceneggiatura fa la sua parte, ma gli interpreti non riescono ad aggiungere molto a questi loffii personaggi: e questo non vale solo per gli esordienti. Se Sir Ben Kingsley riesce a regalare qualche guizzo nei panni del perfido The Hood, è dolorosamente imbarazzante vedere il povero Bill Paxton alle prese con l'interpretazione del bolso e ridicolo Jeff Tracy. Gli unici personaggi che bucano lo schermo sono Lady Penelope e il suo fido factotum Parker, ossia la bella Sophia Myles e il veterano Ron Cook, i cui dialoghi sono scritti in maniera quasi decorosa e assicurano qualche sorriso.

Non bastano a salvare un film che fallisce nell'attualizzare il soggetto, nel creare personaggi accattivanti, nel generare coinvolgimento emotivo, risultando un vuoto e noioso giocattolo senza vita. I pupazzi erano protagonisti della serie TV, ma è guardando il film che si ha la sensazione di trastullarsi pigramente con versioni assai patetiche e male in arnese di Barbie e Big Jim.

Movieplayer.it

1.0/5