La guerra è finita, la recensione: ricordare il passato per garantire un futuro

La recensione de La guerra è finita, la nuova fiction di Rai 1 con Michele Riondino e Isabella Ragonese che racconta il difficile ritorno alla vita di un gruppo di ragazzi e bambini sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti.

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La guerra è finita: un'immagine della prima stagione

La guerra è finita è la nuova fiction Rai, prodotta da Palomar in collaborazione con Rai Fiction, con Michele Riondino e Isabella Ragonese per la regia di Michele Soavi (Ultimo - La sfida, Rocco Schiavone), che approda sulla rete ammiraglia per portare su piccolo schermo una storia poco raccontata, attingendo a piene mani dalla realtà di un periodo tra i più difficili nella storia del nostro paese. In questa recensione de La guerra è finita cercheremo di descrivere questa serie mettendo in risalto pregi e difetti di un prodotto a modo suo ambizioso, con tanto cuore, che cerca di raccontare l'orrore con occhi innocenti. Una serie che si pone l'obiettivo di metterci davanti ai traumi post bellici come monito e ci racconta quello che forse già sappiamo ma che non ci possiamo permettere di dimenticare. La nuova serie di Rai 1, in quattro prime serate, vuole raccontare il passato per salvaguardare il nostro futuro e lo fa con una storia di dolorosa rinascita, usando i toni del romanzo di formazione per mostrare il ritorno all'innocenza di un gruppo di bambini e ragazzi sopravvissuti ai campi di concentramento.

Una trama in bilico tra la catarsi e il romanzo di formazione

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La guerra è finita: una scena della serie

Sono trascorsi pochi giorni dalla fine della seconda guerra mondiale e per i pochi superstiti della deportazione nazista si apre una nuova realtà: alcuni riescono a ritrovare le proprie famiglie, o ciò che resta di loro, altri purtroppo no; tra questi molti bambini, segnati dalla vita nei campi, alle prese con traumi difficili da processare e impossibili da dimenticare. In questa delicata situazione facciamo la conoscenza di Davide, un ebreo, ex ingegnere in cerca della propria moglie e figlio, deportati senza che lui potesse fare nulla, e di Giulia, una psicologa figlia di un imprenditore accusato di aver collaborato con i nazisti e per questo in cerca di riscatto dall'onta paterna. Insieme all'austero Ben, un ex ufficiale della brigata ebraica, cercheranno di creare un luogo dove tutti gli orfani dei campi possano pian piano ricostruirsi una vita, riscoprendo i concetti di amore e speranza. Ripartendo dalle piccole cose e scoprendo una nuova quotidianità questi bambini e ragazzi rimuoveranno piano piano quel velo che celava l'orrore dei campi nazisti, mettendo Davide e Giulia difronte ad una realtà fatta di immane tortura e negazione fino ad allora sconosciuta.

Poco equilibrio e tanto cuore

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La guerra è finita: Michele Riondino e Isabella Ragonese

La guerra è finita è una serie imperfetta ma importante, che racconta una nota pagina della storia da un punto di vista unico e inedito, ed è proprio questo punto di vista a costituire l'elemento di forza maggiore di questo prodotto. L'orrore riflesso da occhi innocenti è un pugno nello stomaco: proprio come i protagonisti adulti si rimane tramortiti dai racconti, ma sopratutto dal non detto che i giovani interpreti riescono a rendere in modo eccellente. Qualche problema lo si riscontra con il ritmo incostante con cui procede la narrazione che ci è sembrata a tratti un po' prolissa. Nonostante qualche difetto la serie riesce comunque ad appassionare, evitando gli sgambetti della retorica grazie anche a momenti più leggeri di riscoperta di una quotidianità sacrosanta e a lungo negata.

La memoria se non la racconti non esiste

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La guerra è finita: un'immagine della serie

Come ricordato in conferenza dal regista Michele Soavi, la memoria se non la racconti non esiste, ed è anche questo il messaggio de La guerra è finita. Ricordare è necessario per non perdere noi stessi e la nostra umanità, serve a preparare terreno fertile per la compassione e l'empatia affinché atrocità come queste smettano di essere la nostra vergogna più grande. Nella sua scelta di usare gli occhi dei giovanissimi, la serie tenta di raccontare a un pubblico della stessa età la guerra e i suoi traumi, le lotte fratricide, la violenza e la negazione di quei diritti che spesso diamo per scontati.
Riuscirà a fare breccia nel cuore e nella caotica e velocissima mente di bambini e adolescenti? Una risposta certa, non essendo più così giovani, non l'abbiamo. Però ce lo auguriamo, perché c'è bisogno di nuovi occhi e nuove orecchie, ma soprattutto di menti fresche che guardino all'orrore senza filtri e influenze, smascherando con semplicità quella bestia crudele che spesso si cela dietro le nostre più assurde convinzioni.

Conclusioni

Come già affermato nella nostra recensione de La guerra e finita, questa serie riesce a portare sul piccolo schermo tutto l’orrore dell’olocausto ma da un punto di vista nuovo. Ispirandosi ad una storia vera mostra in modo efficace traumi e atrocità, narrando il difficile ritorno alla vita di un gruppo di giovanissimi sopravvissuti ai campi di concentramento. Questa fiction, pur avendo qualche problema di ritmo e una narrazione a tratti prolissa, rimane un tentativo coraggioso e interessante di trattare un tema delicato, rendendolo fruibile al maggior numero possibile di individui.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
2.6/5

Perché ci piace

  • Il nuovo punto di vista con cui è raccontata la storia.
  • I giovani interpreti, bravi e credibili.
  • L’importanza del messaggio che vuole lanciare e il tentativo di renderlo fruibile a tutti.

Cosa non va

  • Una narrazione a tratti un po’ prolissa.
  • Il ritmo incostante.