La doppia vita di Madeleine Collins è nelle sale italiane dal 2 giugno, distribuito da Movies Inspired: è la storia di una donna, Judith, interpretata da Virginie Efira, che vive una doppia vita tra la Svizzera e la Francia. Da una parte è moglie e madre di due figli, dall'altra cresce la figlia dell'amante. Poco a poco le due realtà entrano pericolosamente in collisione e non riesce più a gestirle. E a distinguerle.
La doppia vita di Madeleine Collins è diretto da Antoine Barraud, che è rimasto affascinato dall'idea di raccontare la storia di una donna che vive più identità, perché la questione dei figli e della famiglia diventa immediatamente un problema.
False identità, etichette, stereotipi: abbiamo incontrato il regista Antoine Barraud durante un suo passaggio a Roma. Ecco cosa ci ha detto sul film e sulla protagonista Virgine Efira, che ha fatto completamente suo il personaggio.
Il brutto rapporto social del regista Antoine Barraud
In La doppia vita di Madeleine Collins si parla di una donna che ha più identità: oggi è sempre più facile farlo con i social media. Secondo lei a cosa porterà?
Odio i social media: non li ho. Li disprezzo. Le false identità sono divertenti nella vita reale: se sono virtuali per me è una cosa patetica. La cosa divertente è poterla mettere in pratica: confrontarti con delle persone e fingere di essere qualcun altro. Può fare paura o essere un gioco. Ma se lo fai da dietro un computer è patetico. Quasi patologico. I leoni da tastiera hanno tanto coraggio quando sono anonimi. Ricordo che quando ho visto Facebook per la prima volta ho pensato che fosse una forma di controllo mentale. Penso che siamo già abbastanza schedati. E questo mi sembrava evidente molto tempo prima dello scandalo dei dati degli utenti diffusi da Facebook. Amo invece tutto ciò che ha a che fare con la creatività, con la recitazione. Nel film è una scelta della protagonista di cambiare identità. Potrebbe smettere in ogni momento.
La doppia vita di Madeleine Collins, la recensione: esistere alla seconda
La doppia vita di Madeleine Collins e le etichette sociali
La protagonista vive un dilemma interiore: si sente intrappolata nel ruolo di moglie e madre, ma allo stesso tempo vuole stare con suo figlio. Perché ha voluto raccontare questa contraddizione?
Perché non lo so. Si vive una volta sola e ci mettiamo addosso un sacco di etichette. Il nostro genere, i capelli, se sei divertente o no... Tutto ciò che ti descrive sarà chi sei fino alla tua morte. Spesso una persona è molto di più. Tutti possiamo essere qualcos'altro: non divertenti, figure tragiche, una donna, un bambino, un uomo molto vecchio. Possiamo essere tutto nello stesso momento. Dobbiamo solo esprimerci. Ma non lo facciamo, perché la società etichetta le persone. Penso che sia bellissimo quello che sta succedendo nel movimento queer in termini di libertà, ma non mi piace quando categorie che finalmente stanno sperimentando la libertà si combattono tra loro. Nelle comunità queer sta succedendo: ci si dice l'un l'altra "non si fa così". Penso sia una cosa orribile. Penso sia una forma pericolosa di egocentrismo. A me interessa che i muri vengano abbattuti. Uomo, donna, giovane, vecchio: possiamo essere chiunque vogliamo. Capisco per alcuni sia difficile: a volte esprimere chi si è veramente può essere pericoloso. Capisco la sofferenza che può comportare. Ma voglio vedere anche la gioia: il senso di libertà, il divertimento. Ripeto: si vive una volta sola, quindi è meglio levarsi di dosso le etichette.
È per questo che hai ribaltato uno stereotipo diffuso? L'uomo che le dà il nuovo passaporto è molto sensibile, vuole essere visto da lei. Judith invece è molto dura.
Lui per me è un personaggio molto interessante: sono contento che lo citi. Per me soffre per il suo stesso motivo: gli hanno messo addosso l'etichetta del "cattivo". Così come lei è "una casalinga". Entrambi vogliono dire al mondo che sì, sono anche questo, ma non soltanto un criminale e una casalinga.
La doppia vita di Madeleine Collins: Virginie Efira è bravissima
Come ha lavorato con Virginie Efira? Sembra quasi la protagonista di un thriller soprannaturale come Suspiria: non riesce più a distinguere la realtà dai sogni.
È una grande lavoratrice. Abbiamo parlato molto del suo ruolo. Le ho chiesto chi pensava fosse il suo personaggio, se riusciva a capirla, se sapeva cosa volesse. Quando scelgo un attore mi piace che abbiano fiducia nel personaggio. Se do una parte a qualcuno quella persona diventa proprietaria del ruolo. Non è più mio. Virginie sapeva meglio di me cosa fare. Si deve lavorare tanto prima: parlare, capire se siamo sulla stessa lunghezza d'onda. E, dalla prima volta che l'ho incontrata in un bar, ho saputo immediatamente che aveva capito il personaggio. È una donna molto intelligente: siamo entrati subito in sintonia. Quindi dal primo giorno di set mi sono semplicemente seduto a guardarla. Le sue scene sono state quasi tutte perfette.
La doppia vita di Madeleine Collins e la famiglia
Nel film si parla anche di famiglia: per la protagonista in certi momenti è quasi una prigione. Qual è per lei il vero significato della famiglia?
Non lo so. Non so se la definirei una prigione. Non lo è più della società. È un'altra etichetta. Forse i sentimenti sono più forti perché è formata da persone con cui ti senti legato. O con cui comunque passi più tempo. Si possono manifestare forme di violenza nella famiglia, esattamente come nella società. Quello che mi piace della protagonista è che sa che magari la sua seconda vita non è giusta dal punto di vista della società, ma lo è da quello emotivo. Judith sa molto bene cosa vuole e non accetta un no come risposta.
Sempre a proposito di stereotipi, una donna che si comporta così spesso viene descritta come egoista. Mentre se magari è un uomo a comportarsi in questo modo ci sembra più accettabile. Siamo nel 2022 ma c'è ancora molto da lavorare sull'uguaglianza?
Vorrei dire no, ma lo vedo succedere ogni giorno. Anche per le persone nere è così. Ho sentito un'intervista di Whoopi Goldberg in cui diceva che quando sei una persona nera non puoi semplicemente esistere. Devi esistere ed essere impeccabile. Un esempio. È dolorosamente vero. Perché essere un esempio è un fardello.
La doppia vita di Madeleine Collins e la realtà
Secondo lei oggi è più difficile interpretare la realtà? Siamo bombardati da notizie e pensiamo di essere super informati, ma il mondo diventa sempre più complicato. L'arte può aiutare a capire meglio la realtà?
Penso tu abbia ragione. Sta diventando anche sempre più difficile toccare la realtà. Siamo circondati da immagini, notizie e fake news. Le persone fingono di essere altro su Facebook. Dicono di essere amiche quando in realtà non si sono mai incontrate dal vivo. Ci sono addirittura coppie che non si sono mai incontrate. Non mi piace. Il problema è che non voglio nemmeno vivere nel passato, nella nostalgia. Il passato fa schifo! Amo il futuro e il presente. Non mi importa del passato, non voglio rivivere ciò che ho già vissuto. Ma non so come vivere nella realtà oggi senza essere un vecchio rimbambito. Non ho la tv, i social, non guardo i film sulle piattaforme di streaming, vado al cinema. Mi piace leggere nei caffè, fare le passeggiate all'aria aperta. Ma sembrano cose che appartengono a un mondo morto ormai. Sono un fossile. Non so più come vivere nel futuro. Amo le nuove esperienze, gli imprevisti, vedere nuovi film, conoscere nuovi posti e persone ma non so come viverlo senza dire "ai miei tempi si stava meglio". Ormai siamo divisi in due fazioni: chi condanna gli eccessi del capitalismo, e tra queste ci sono anche io, e chi vive il presente. Siamo a un ossimoro: i progressisti stanno diventando sempre più conservatori. Una realtà alla Matrix mi fa davvero paura. Non voglio farne parte. Mi piacciono le voci vere, la pelle, vivere le esperienze insieme.