La distanza di un amore
Ha un fascino ambiguo la Sardegna che fa da sfondo alla resa dei conti di una giovane coppia tedesca in vacanza, protagonista di Alle Anderen, secondo film della trentaduenne Maren Ade in concorso a Berlino 2009 che guarda con fierezza a un certo cinema europeo che spende fiumi di parole nel fare chiarezza sulle relazioni amorose. L'isola italiana si propone ai due come labirinto da esplorare, riflettendo nello stesso tempo gli stati d'animo che intercorrono tra loro. Come quando scalano un territorio roccioso, mentre il loro rapporto esprime ormai un'aridità soffocante. Lui è un architetto tutto preso dal lavoro e poco incline ad assecondare le smanie della ragazza, una bellezza magnetica che pare non accontentarsi di quanto le è concesso e aggredisce l'amato con continue pretese.
Il confronto tra i due è seguito dal regista nella quotidianità del loro rapporto, sporcata da un'insoddisfazione che allarga una distanza non facile da colmare. Gitti vorrebbe frantumare lo spazio che la separa dall'uomo che ama, lasciarsi possedere senza barriere (il preservativo che gli chiede di eliminare dai loro rapporti sessuali) ma l'amore quasi indifferente di lui la annichilisce in una nevrotica frustrazione. Per uscire dal pantano in cui sono inciampati, provano anche a modificare i loro ruoli, a modellarsi su posizioni più convenzionali, ma quando sono chiamati a confrontarsi con gli altri (la coppia di amici) le maschere si mantengono indosso a malapena e il fallimento è dietro l'angolo. A colpire di Alle Anderen è soprattutto la capacità di fotografare questo rapporto nella sua banalità, senza che l'occhio del regista risulti mai fuori luogo, nonché la delicatezza con la quale vengono rivelate debolezze e insicurezze dei protagonisti, coraggiosi nel mettersi in gioco senza freni in questo loro confronto. Il regista tedesco tiene bassi i toni, lascia liberi i personaggi di ritagliarsi anche la banalità del quotidiano, e naturalmente a patirne sono i loro caratteri. I due risultano infatti particolarmente fastidiosi, sia nelle dinamiche relazionali, che nelle loro singole personalità da borghesi insoddisfatti. Innegabile è però anche l'umorismo che punteggia i loro dialoghi, tutti rivolti a saccheggiare la condizione del loro amore. A dominare sono i rumori della natura e le conversazioni dei protagonisti, ma quando si lascia spazio alle canzoni pop l'atmosfera diventa magica, e Ade sa renderla al meglio. La sua è una regia attenta, che segue i personaggi misurando con precisione chirurgica la distanza che li separa, e gli attori (Lars Eidinger e soprattutto Birgit Minichmayr) sono bravi a non caricare oltre misura i ruoli che interpretano. Nel corso del film fa però capolino anche una certa stanchezza nel racconto, che si trova a girare a vuoto in alcuni passaggi nei quali l'antipatia dei personaggi in gioco si fa alquanto ingombrante e rischia di far scemare l'interesse dello spettatore verso l'evoluzione di questa relazione decisamente faticosa.