Ritenere questo disco una colonna sonora è un po' restrittivo, tanto è vero che una frase sulla copertina recita Music from and inspired by the motion picture, e soltanto quattro di queste canzoni sono presenti nella pellicola.
In effetti Tim Robbins chiese ad alcuni musicisti di scrivere qualcosa pensando alla trama del film, non musicisti qualsiasi ma star del calibro di Bruce Springsteen, Patti Smith, Tom Waits, Johnny Cash, Suzanne Vega, Michelle Schocked, Steve Earle e Lyle Lovett.
Visti i nomi il risultato è un po' cantautorale, ma alla luce delle personalità coinvolte c'è da sobbalzare sulla sedia!
Anche perché non abbiamo ancora citato i due veri protagonisti del cast: Eddie Vedder, leader e frontman dei Pearl Jam, una delle band più importanti ed influenti degli ultimi quindici anni e Nusrat Fateh Ali Khan, il più grande cantante pakistano di tutti i tempi, autore di una discografia a dir poco sterminata, una sorta di santone della musica asiatica, purtroppo scomparso da pochi anni.
Insieme realizzano una doppietta da brividi: The Face Of Love e The Long Road; quest'ultima scritta da Vedder durante le sessions di registrazione di Mirror Ball, capolavoro di Neil Young nel quale i Pearl Jam presero per una volta il posto dei Crazy Horse con risultati deflagranti.
The Long Road esiste anche in una versione dei Pearl Jam pubblicata come retro di I Got Shit nel mini album Merkinball.
Sean Penn e Susan Sarandon si rendono protagonisti di interpretazioni maiuscole e l'ex marito di Madonna iniziò qui a costruire mattone su mattone una carriera di attore sempre più credibile ed impegnato che lo porterà in tempi più recenti a deliziarci nei drammatici ruoli di Mi chiamo Sam, Mystic River e 21 Grammi - Il peso dell'anima, prestazioni degne del premio Oscar come miglior attore protagonista che quest'anno si è meritatamente aggiudicato.
Da premio Oscar è anche questa colonna sonora che offre buoni pretesti a tutti i maniaci del completismo discografico.
Se per i fans dei Pearl Jam è impossibile rinunciare alle due chicche del disco, per chi ama il Boss è impensabile fare a meno dell'inedito di Springsteen e per chi si nutre di pane e country è inevitabile la curiosità di valutare l'intervento di Johnny Cash (altro grande artista recentemente scomparso).
Far parte di questo soundtrack ha un valore anche politico e sociale, significa schierarsi apertamente contro la pena di morte, e non a caso gli artisti presenti sono personalità che non si sottraggono certo a prendere posizione, sovente a scapito della possibilità di incrementare il proprio successo.
Ora che sono tutti nomi eccellenti, idolatrati a ascoltati, si prestano volentieri a dire la propria perché sanno che essere rockstar è anche e soprattutto una missione; sono dei privilegiati che dal proprio posto d'onore possono mandare messaggi al mondo, messaggi che hanno la caratteristica di poter essere facilmente amplificati dai media; i loro fans li seguono attentamente e se i messaggi sono positivi ben vengano le star impegnate.
Patti Smith, Tom Waits, Suzanne Vega, Michelle Schocked, Steve Earle, Lyle Lovett ci metterebbero due minuti a scrivere un hit-single da milioni di copie, se Vedder invece che darsi alla musica sufi componesse un paio di ballatone da classifica centuplicherebbe la propria notorietà e la propria presenza radiotelevisiva, ma non è questo ciò che cerca e non è questo ciò che vogliono i suoi ammiratori.
Potrebbero vendere milioni di dischi ma questo è il livello di notorietà che possono accettare per poter preservare la propria identità.