La brutta cultura e il vuoto apparire
Quando una commedia italiana, evidentemente rivolta ad un pubblico giovane, ha tra i suoi obiettivi un'analisi sociologica dei modi di vivere dei giovani d'oggi c'è sempre da dubitare. Non sfugge al sospetto Come tu mi vuoi, favoletta post-adolescenziale che riunisce la coppia di Notte prima degli esami, Cristiana Capotondi e Nicolas Vaporidis, e racconta dell'amore impossibile tra un giovane principe pariolino, tutto donne, droghe e motori, e una ranocchia secchiona che guarda il mondo esterno con la coda dell'occhio e sa rilevarne soltanto l'immoralità del corpo esibito, il tutto consumato tra ambienti universitari, dove la cultura cede il passo all'arrivismo, e il fracasso delle discoteche, luogo ideale per chi vuole essere soltanto immagine senza il pericolo di dover mettere insieme frasi di senso compiuto. Essere o apparire? E' questo l'annoso problema della protagonista Giada, la cui figura rivela il totale disinteresse per la bellezza fisica o per un look più moderno, concentrata com'è soltanto sullo studio, che l'ha allontanata da quegli altri che si limita a guardare da una certa distanza. E rispetto a questi Giada si sente migliore, per la sua capacità di entrare nella profondità delle cose, senza limitarsi alle impressioni di superficie. Inutile dire come ogni posizione elitaria pecchi sempre di clamorosa ingenuità.
Volfango De Biasi, regista romano al suo primo lungometraggio, fa muovere il racconto dall'incontro tra questo strano essere intellettualoide e la superficialità della Roma da bere, popolata da personaggi di plastica, tutti uguali, vestiti degli stessi abiti firmati, forme generose ben in vista e cervello fuori uso. Tra di loro c'è Riccardo, il classico figlio di papà che si fa grande coi soldi che gli passano i genitori e si circonda di donne per non affrontare la triste realtà di una vita vuota e senza punti fermi. Ma si sa i poli opposti finiscono con l'attrarsi, e tra Giada e Riccardo sboccerà un tenero sentimento che andrà oltre le schermaglie per la differente estrazione sociale, e per due modi di rapportarsi alla vita agli antipodi. Lo sviluppo della trama è naturalmente scontato, i personaggi, tutti eccessivamente caricaturali, sembrano cristallizzati nel proprio stile di vita, in un modo di pensare che non ammette ripensamenti: i ricchi, belli ed imbecilli restano fieramente tali. Soltanto i protagonisti, per le esigenze del percorso classico della favola, si concedono la possibilità di cambiare per vedere l'effetto che fa, per capire cosa c'è al di là dei propri limiti, e per permettere alla persona amata di accettare il proprio mondo privato con più leggerezza.
Cristiana Capotondi è la mina vagante dell'orgoglio intellettuale di marca nerd negli ambienti del nulla. Sotto i suoi brufoli e i grandi occhiali, come ogni favola vuole, non può che nascondersi un essere meraviglioso che la cultura da biblioteca ha provveduto a coprire di polvere. Si può essere ed apparire? Sembrerebbe di no, secondo De Biasi, anche perché quando l'essere intelligente scopre le sue grazie e sceglie di metterle in mostra subentra subito la corruzione: Giada ruba i soldi dalla trattoria dove lavora ed ancheggia per diventare l'assistente del suo professore, quando nella sua recente vita da brutto anatroccolo era stata rifiutata per quel ruolo. De Biasi mette insieme una serie di siparietti sempre uguali che provano a far sorridere facendo scontrare le esagerazioni della normalità di oggi con una diversità esasperata, demodè ma di certo più accattivante. Le vie di mezzo non sono contemplate. Forse qualcuno troverà Come tu mi vuoi una commedia godibile, un film italiano senza pretese che cerca di trovare un punto di incontro tra la superficialità e l'essenza. Certo è che di quest'opera così lieve ed evanescente non può restare nulla, o forse soltanto il lavoro interessante operato da Cristiana Capotondi sul suo personaggio. E di questa operazione resta soprattutto un dubbio: ma c'è davvero più di una risposta possibile alla domanda essere o apparire?