L'occhio della morte arriva in Occidente
Sydney Wells è una talentuosa musicista che ha perso la vista quando era ancora una bambina. E' bella, benestante, vive in una splendida casa e finalmente assapora la possibilità di tornare a vedere grazie a un trapianto di cornea. L'operazione riesce perfettamente ma le causa continue e spaventose allucinazioni e violenti incubi notturni. Progressivamente riesce a dare un senso compiuto alle sue visione e comprende di essere in grado di vedere la morte, perché portatrice di cornee appartenute a una giovane messicana, morta probabilmente in circostanze poco chiare.
A volte ritornano. Sembrava bella e archiviata la pratica dei remake horror made in Asia e invece ecco, fuori tempo massimo, spuntare l'ennesimo svogliato saccheggio americano. Se poi si sceglie come modello uno dei prodotti più sopravvalutati del genere, come The Eye di Oxide Pang Chun e Danny Pang e si decide di farne una copia carbone (diminuendo solo il numero di vittime dell'incidente finale e aumentando lo sfarzo glamour dell'abitazione della protagonista) senza neanche tentare una lettura stilistica o narrativa minimamente personale, la possibilità di uscirne con un film rimarchevole si fa davvero ardua. Specie se David Moreau e Xavier Palud - reduci dal discreto ma non trascendentale horror francese Them - ci mettono anche del loro con una regia compassata e anonima e una direzione degli attori deficitaria.
Al di là di una piattezza complessiva, che rischia perfino di far rimpiangere la rozza efficacia del modello orginale (che era già sostanzialmente un prodotto derivativo) The Eye è un film che attualmente non ha ragione di esistere anche sotto il profilo meramente commerciale e che va oltre la tanto affossata tendenza americana a internazionalizzare e banalizzare il cinema altro, per divenire il paradigma di un'industria dal fiato corto e dalle idee confuse. Almeno, o soprattutto, in campo horror, dove la rinnovata tendenza a un indurimento tematico e grafico, anche all'interno della produzione mainstream, si dimostra ancora come solo il risultato delle dinamiche sociali contemporanee, più che l'esplicitazione di un presa di posizione forte. A questo va aggiunto che anche sotto questo proflilo, The Eye è un film vecchio di almeno cinque anni e sembra essere uno scarto della ringumania che sbancò non pochi botteghini occidentali poche stagioni fa, ma che rispetto agli standard attuali latita sotto il profilo delle emozioni forte e della quantità dii sangue e frattaglie. Se poi qualcuno ha ancora il tempo e la pazienza di interpretare il film di Moreau e Palud come una moderna riflessione sulla produzione di immagini e sulla responsabilità dello sguardo e di salvare capre e cavoli con un artificio critico vecchio come il cinema, amen. A ognuno le proprie ossessioni.