Il debutto alla regia di Sara Petraglia è un film di cui è difficile dare una connotazione specifica, in qualche modo sicura o certa in modo totalizzante. Si tratta di una pellicola certamente "piccola" se parliamo di portata produttiva, è anche una pellicola intima, una pellicola che incontra un immaginario dall'eco quasi "caligariano" e, per finire, una pellicola poetica, immaginifica, forse metafisica.

Potremmo quasi affermare che il debutto alla regista romana è un film che sfugge, che vive al di là di quello che vediamo sullo schermo, delle geografie dei luoghi e dello spazio occupato dalle sue due splendide protagoniste. La cosa interessante in questo senso è che il suo titolo è L'Albero, ovvero qualcosa di fisicamente imponente e con delle radici profonde. Come se esso facesse da bussola, un punto fermo in virtù del quale il titolo può librarsi, esplorando, sicuro, altri lidi.
Il senso è proprio quello della narrazione di un'esplorazione da parte di un personaggio in particolare. Un personaggio di cui adottiamo lo sguardo sin dall'inizio del film e che non molliamo mai, fino a comprendere come il mondo che vediamo sia soprattutto il suo e, come tale, parziale e soggettivo, ma anche potenzialmente più profondo di quello reale.
L'Albero preferito di Bianca

Bianca (Tecla Insolia) è una giovane studentessa universitaria che però preferisce dedicarsi alla scrittura dei suoi romanzi piuttosto che ai banchi di scuola. Le cose più importanti che si possono dire su di lei è che ama Leopardi, adora l'albero che sorge davanti la sua casa al Pigneto e che vive con Angelica (Carlotta Gamba), la sua migliore amica e la persona che preferisce al mondo.
La loro è una vita da bohemien metropolitane in piena regola, dato che la loro principale occupazione è passare le giornate nel mezzo di un malinconico far niente accompagnato dall'ossessiva e continua ricerca di cocaina (forse i primi bohemien privilegiavano altre droghe, ma tant'è). Una vita che le stringe sempre di più l'una all'altra fino a confondere e miscelare i loro stessi confini, persino ai loro occhi.

Leitmotiv che arriva a provare fortemente Angelica, la quale ha una dimensione più vacua rispetto alla sua dirimpettaia, che per il suo essere travolgente e autoriferita viene spesso accusata di essere egoista e incurante verso chi si ritrova a gravitarle, suo malgrado, intorno. Forse Bianca ama l'albero perché trova con lui qualcosa in comune, anche se non proprio in un'accezione positiva. Dalle sue radici può infatti originarsi una spirale tossica, che rischia di distruggere tutto, a meno che qualcuno non decida di interromperla.
La vita "sognata"

Andando oltre le definizioni e le apparenze, una chiave di lettura a fuoco per L'Alberopotrebbero essere quello del coming of age, di cui, quanto meno, rispetta le strutture. Non un doppio coming of age, nonostante la presenza di due protagoniste, ma quello della Bianca di Tecla Insolia. Come anticipato, noi viviamo il film attraverso i suoi occhi. Lei è, infatti, quella inquadrabile, anche da un punto di vista di identità, ed è anche la sola che muove l'azione e definisce tutto il resto, compresa l'Angelica di Carlotta Gamba.
Quest'ultima sembra, dal canto suo, quasi una proiezione (il film stesso ce lo dice, trovando una soluzione forse un tantinello didascalica) della sua amica, sodale e amante, tant'è che quando arriva la sua ribellione è come se il film subisse uno scossone esistenziale tale da farlo cambiare profondamente, costringendolo ad ammettere la sua natura, anche problematica, come quella del personaggio il cui mondo interiore rappresenta. La dimensione immaginativa che trova Sara Petraglia è interessante, perché è quella delle anime inquiete e irregolari, quelle che potrebbe provare nostalgia per la giovinezza mentre sono nel fiore dei loro anni o trovare nella cocaina l'equazione perfetta dell'amore, distruttivo e deludente.

La cosa che funziona meno del film è paradossalmente proprio il suo simbolismo, partendo da "L'Albero" del titolo, volutamente pensato per funzionare secondo diverse chiavi di lettura, come se lo spettatore ad un certo punto desistesse dal tentativo di darsi una spiegazione e si lasciasse andare. Cosa che il titolo in parte gli concede, salvo poi avere paura di non sapersi indirizzare. La cosa migliore sono invece le due protagoniste, che danno corpo ad una cornice interessante dal punto di vista semantico, ma che senza i loro volti non sarebbe riuscita a trovare una forma compiuta.
Conclusioni
L'Albero è l'intrigante esordio di Sara Petraglia, che sceglie una cornice poetica (quasi metafisica) per creare un coming of age particolarissimo, beneficiando di un duo protagonista eccellente e affiatato composto da Tecla Insolia e Carlotta Gamba. Una pellicola che funziona fino a quando riesce a smarcarsi da didascalismi e indicazioni precise, salvo poi cedere un po' quando torna con i piedi per terra. Con buona pace del suo titolo.
Perché ci piace
- Le due protagoniste sono bravissime.
- La variazione sul tema del coming of age funziona.
- La dimensione sognante e sfuggente è interessante.
Cosa non va
- Il simbolismo a volte è controproducente.
- Ci sono dei passaggi un po' didascalici.