In attesa di rivederlo di persona in Italia, il maestro Kiyoshi Kurosawa si è concesso virtualmente al Noir in Festival 2021 per una lunga chiacchierata in cui ha parlato del suo cinema, ma anche delle tendenze internazionali, fotografando la situazione causata dall'emergenza sanitaria globale. In Giappone, per fortuna, i cinema sono aperti e i bassi contagi, qualche mese fa, hanno permesso l'uscita del suo ultimo lavoro, Wife of a Spy, presentato in anteprima nel concorso della Mostra di Venezia lo scorso settembre.
Wife Of A Spy segna la prima incursione di Kurosawa nel film storico. "Da tempo volevo affrontare questo periodo storico" spiega il regista. "Volevo parlare del Giappone degli anni '40, in piena guerra, che però nel film non vediamo. Sarebbe costato troppo. Ho scelto perciò di focalizzarmi sulle ripercussioni della situazione nelle città. Questa, per me, era l'ambientazione storica ideale per affrontare il tema delle tensioni tra società e individuo. Non volevo fare un tipico film di spionaggio, ma denunciare i crimini di guerra dell'esercito giapponese in Manciuria. Nel film si mostra l'essenziale, ma molto rimane avvolto nel mistero".
L'amore per il lato oscuro e l'orrore
Kiyoshi Kurosawa, da sempre grande frequentatore dei generi, ammette di amare il mistero, l'orrore, la suspence come parte integrante del cinema, ma la passione per la paura deriva soprattutto dalla formazione comune a quelli della sua generazione: "Quando ero piccolo andavo a vedere Godzilla, i mostri e tanti film cupi. Entrare al cinema significava entrare in una sala buia in cui vedevi tante persone che morivano. Questo è il motivo che mi spinge a fare questo tipo di film. La società contemporanea tende a eliminare la paura, è una processo naturale, ma questo non significa che si riesca a eliminare del tutto".
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La passione per il cinema non impedisce a Kurosawa, che oltre a essere regista e produttore è anche critico, di avere una chiara percezione della debolezza della sola immagine, che è "il riflesso di ciò che vediamo. Se ci mettiamo a guardare un video su YouTube ci stanchiamo subito, dopo un minuto le immagini non hanno più forza. Sono una forma di espressione debole e ambigua. Quello che cattura l'attenzione è la storia, la dimensione narrativa. Ciò che viene tenuto fuori dal quadro è più intrigante". Il regista 65enne ammette di avere una certa perciò specifica di essere un "tradizionalista. Quando parlo di immagini in movimento penso ai film che andiamo a vedere il cinema. Oggi tutti guardano video su smartphone e iPad. Non so se divertimento sia la parola giusta, ma si scambiano informazioni. I video che circolano in rete durano pochi minuti e ce li portiamo dietro in tasca, ma quella stessa persona paga un biglietto, entra al cinema per vedere un film, si emoziona. Questa magia succede ancora ed è la mia unica grande speranza".
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Cinema di genere e cinema internazionale
Da profondo conoscitore della settima arte e studioso dei generi, Kiyoshi Kurosawa, spesso associato, soprattutto in Occidente, al J-horror, è in realtà un frequentatore di vari generi su cui mette in guardia spiegando che "essendo la musica più potente delle immagini, può manipolare le emozioni oppure determinare l'appartenenza di un'opera a un genere piuttosto che a un altro. Basti pensare agli western americani, o agli spaghetti western e Sergio Morricone. Per questo motivo, quando giro mi affido molto alla musica, ma sto anche in guardia. Appena inizia la musica, tutto ciò che era vago viene messo a fuoco con chiarezza. La musica rappresenta la sconfitta dell'immagine".
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Pur essendo la sua opera profondamente radicata nella cultura giapponese, Kiyoshi Kurosawa guarda con interesse alle esperienze internazionali e ha scelto per alcuni dei suoi lavori location estere. Tra le sue opere si annovera perfino una produzione francese, Daguerrotype, film gotico che il regista spiega di aver girato in Francia "per caso. Era un progetto che avevo in mente da tempo, all'inizio avevo progettato di girare in Inghilterra, ma l'opportunità era sfumata. Anni dopo mi hanno proposto di girare in Francia e questo mi ha permesso di ridare vita alla storia. L'esperienza francese ha confermato la mia idea. In Giappone e in Europa l'industria è simile. Per me la vera contrapposizione è tra cinema americano e resto del mondo. Quando ci troviamo a girare un film ci chiediamo se fare o non fare un film all'americana. Girare in America mi farebbe sentire a disagio, ma in Italia lavorerei anche subito".
Uno sguardo al futuro del cinema... e dell'animazione
Da buon tradizionalista, Kiyoshi Kurosawa prova a difendere la tradizione cinematografica in cui ha operato finora non senza uno sguardo preoccupato al futuro. In Giappone, coi cinema aperti, la produzione prosegue anche se, in tempi di emergenza sanitaria, questo significa costi maggiori e temi di produzioni più lunghi. "Non ho ancora girato in queste condizioni quindi non so cosa significhi concretamente" ammette il regista. "Non so come sarà il cinema dopo l'emergenza, ma esiste il rischio che la pandemia diventi una scusa per far sì che tutta la produzione si trasferisca sull'animazione. L'idea in Giappone circola da tempo. I rischi di contagio sono molti bassi e gli anime ottengono grande successo. L'anno scorso, nonostante l'emergenza, un anime ha ottenuto incassi record. Credo che l'animazione sia uno strumento potente per raccontare una storia, molto vicino al cinema, ma in un film è importante ciò che si decide di riprendere e di non riprendere. Non so se nell'animazione ciò sia possibile, ma in futuro in Giappone potrebbe rimanere solo l'animazione. Chi come me ha sempre lavorato con gli attori potrebbero perdere il lavoro e dover andare all'estero per fare film".