Alcuni lo chiamano "il David Cronenberg giapponese". Altri lo confondono con l'omonimo connazionale (sì, Akira). Gli appassionati di horror invece sanno benissimo chi sia Kiyoshi Kurosawa: maestro del J-Horror, l'horror giapponese appunto, è uno degli autori che più ha influenzato il genere negli ultimi 20-30 anni. Basti pensare che uno dei suoi primi film, Sweet Home (1989), ha ispirato l'omonimo videogioco, che a sua volta è stato la base per la saga di Resident Evil.
Ospite di Il Cinema in Piazza, iniziativa promossa da Il piccolo America, che fino al 31 luglio porta a Roma il cinema, precisamente a San Cosimato, Cervelletta e Monte Ciocci, Kiyoshi Kurosawa ha presentato al pubblico italiano Tokyo Sonata (2008), che ha vinto il Premio della giuria al Festival di Cannes, nella sezione Un Certain Regard. Storia di una famiglia che deve fare fronte all'improvvisa disoccupazione del padre.
A moderare l'incontro i fratelli Damiano e Fabio D'Innocenzo, grandi fan del collega giapponese. L'esperienza ha colpito Kurosawa, che il giorno dopo, in collegamento su Zoom, ci ha detto: "È difficile descrivere l'esperienza che ho avuto ieri con poche parole: è stato molto stimolante, qualcosa di nuovo per me. L'ambiente in cui mi sono ritrovato è stato molto particolare: un cinema all'aperto! E poi mi capita raramente di rivedere i miei vecchi film sul grande schermo. Sono rimasto colpito dalla passione per il cinema di un pubblico fatto soprattutto di tanti giovani".
Kiyoshi Kurosawa: Tokyo Sonata e il rapporto con il cinema italiano
Kiyoshi Kurosawa è noto sopratutto per i suoi film horror, ma in realtà ha sperimentato moltissimo. Nella sua filmografia c'è anche spazio per il musical! Ecco perché, quando gli si chiede che rapporto abbia con il cinema italiano, nomina registi diversissimi tra loro: "I registi italiani che mi hanno ispirato e amo sono tantissimi. Uno è Mario Bava. Poi Federico Fellini, che fin da giovane ho apprezzato moltissimo. E anche Sergio Leone".
Kiyoshi Kurosawa: "In futuro, nel cinema giapponese, potrebbe restare solo l'animazione"
E dei fratelli D'Innocenzo invece, che pensa? "Ho visto America Latina, con queste tinte horror e poliziesche: mi ha fatto paura e mi sono divertito. Lo ritengo un bel film" ha detto, proseguendo: "Sono molto giovani, sono alla terza opera, ma hanno già dimostrato tutto il loro talento nel narrare attraverso l'immagine cinematografica, giocando con tanti generi diversi. Spero che continueranno a sperimentare, fino a quando troveranno i temi del loro cinema".
Per quanto riguarda invece il suo film Tokyo Sonata, ha detto: "Inizialmente il finale doveva essere ambientato dieci anni dopo. Si vedeva il figlio minore diventato un grande pianista. Finiva con un concerto in un grande auditorium: il pubblico si alzava in piedi e tra loro c'erano anche i genitori, che acclamavano il pianista. Ho preferito qualcosa di più dimesso, di più quotidiano".
Kiyoshi Kurosawa e gli zombie
Visto che Sweet Home, abbiamo chiesto a Kurosawa cosa pensa dell'evoluzione che ha avuto questo filone del genere horror negli ultimi anni e che cosa rappresenti lo zombie ai giorni nostri, visto che è una metafora che si evolve con il passare degli anni: "È una domanda molto inaspettata e difficile" ha detto, spiegando meglio: "In realtà io non sono particolarmente appassionato di film sugli zombie, quindi non conosco molto questa cinematografia. Gli zombie nascono come un filone del genere horror e a un certo punto si sono trasformati in qualcos'altro. Tendono ad essere una metafora e si avvicinano anche al genere della fantascienza, perché attraverso di loro si può cercare di vedere come potrebbe essere il futuro della società. In questi ultimi dieci anni c'è stata un'esplosione del genere, sia in sala che sulle piattaforme, con storie spesso ambientate in un futuro prossimo. Mi sembra che ci sia una saturazione. E quindi poche metafore da poter ancora sfruttare. Se non si riesce a trovare qualche nuova invenzione per questo genere il pubblico potrebbe cominciare a stancarsi. Se posso azzardare una previsione: una cosa interessante potrebbe essere un ritorno alle origini: la cultura degli zombie nasce con gli schiavi di origine africana di Haiti che, attraverso la loro religione legata anche al vudù, resuscitavano i morti affinché diventassero forza lavoro. Qui c'è tutto il tema della dialettica tra dominio e oppressione, un discorso sulle razze: argomenti che potrebbero essere interessanti per ridare nuova linfa a questo genere".
Kiyoshi Kurosawa e il rapporto con le piattaforme di streaming
Kiyoshi Kurosawa risponde in modo lucido e sempre gentile a ogni domanda. Non si scalda nemmeno su uno dei temi che ha fatto più discutere in questi ultimi due anni. Ovvero il rapporto tra la sala cinematografica e le piattaforme di streaming: "Per la mia generazione il diffondersi delle piattaforme di streaming non rappresenta una minaccia. Il cinema è sempre stato minacciato da altri medium: dalla televisione, poi dall'avvento delle videocassette e dei DVD. Ogni volta il cinema è riuscito a difendersi e a trovare modo di convivere con queste altre forme di fruizione. Cinema e piattaforme di streaming non sono in concorrenza, ma si sostengono a vicenda. In Giappone alcune serie andate in streaming poi sono state proposte anche in sala. Credo che sia prodotti pensati per la tv che per lo streaming contribuiscano a creare interesse per il cinema, qualunque sia la forma in cui viene trasmesso. Un altro aspetto importante è la digitalizzazione: un tempo i film erano realizzati su pellicola cinematografica: adesso invece lo strumento tecnico di cinema e televisione è lo stesso. Questo consente una maggiore permeabilità tra la produzione cinematografica e quella televisiva o per lo streaming".