Autore nel 2016 di uno dei maggiori successi del cinema francese di quell'annata, Il medico di campagna, approdato anche in Italia (e con un nuovo lungometraggio, Première Année, in uscita nei prossimi giorni), Thomas Lilti, classe 1976, si era già fatto apprezzare in patria nel 2014 grazie alla sua opera seconda, Ippocrate, che a quattro anni di distanza arriva finalmente anche nelle nostre sale.
Presentato alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes 2014, accolto da un ottimo responso da parte del pubblico (quasi un milione di spettatori in Francia) e candidato a sette premi César, Ippocrate trae ispirazione dalle esperienze personali del regista: in gioventù, infatti, Thomas Lilti aveva intrapreso gli studi di medicina su pressione paterna, pur senza smettere di coltivare la passione per il cinema. Un passato a cui Lilti ha attinto in maniera particolare proprio per Ippocrate, connotato da una forte impronta autobiografica.
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Giovani medici crescono
Al ventenne Vincent Lacoste, volto singolare ed espressivo (e co-protagonista quest'anno di Plaire, aimer et courir vite di Christophe Honoré), è affidato il ruolo del personaggio focalizzatore del film: Benjamin Barois, un giovane interno che si ritrova catapultato in un malridotto ospedale pubblico per cominciare il proprio tirocinio sotto la supervisione del padre, il professor Barois (Jacques Gamblin), direttore della struttura. Fin dal suo bizzarro esordio, quando gli viene assegnato un camice macchiato e della taglia sbagliata, il volenteroso Benjamin entra dunque a far parte di un microcosmo circoscritto e frenetico, irto di difficoltà e nel quale ogni decisione e ogni gesto potrebbero comportare conseguenze di drastica importanza.
Con un tono narrativo che si mantiene costantemente sul registro del dramedy, Ippocrate si sofferma pertanto sulla quotidianità del servizio in ospedale, affiancando al neofita Benjamin una figura che assumerà un'importanza sempre maggiore: quella di Abdel Rezzak, medico algerino interpretato da Reda Kateb (vincitore del César come miglior attore supporter). Un personaggio rigoroso nella professione quanto schivo nei rapporti con i propri colleghi, il cui atteggiamento di scrupolosa serietà eserciterà una notevole influenza sulla crescita professionale e umana di Benjamin.
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Un dramedy fra intrattenimento e riflessione
Connotato da un approccio tendenzialmente realistico, declinato però in quella chiave da commedia drammatica volta ad accattivarsi la simpatia del pubblico, Ippocrate rappresenta un classico esempio di cinema 'medio', con le sue virtù e i suoi limiti, che porta avanti il proprio racconto senza nutrire grandi ambizioni, ma seguendo i canonici percorsi narrativi del racconto di formazione. Nello specifico, il film di Lilti utilizza come nucleo di tensione e di conflitto i dilemmi morali che vanno ad intrecciarsi con il lavoro dei medici: primo fra tutti, il contrasto fra l'accanimento terapeutico e la pietas nei confronti della sofferenza dei pazienti. Un conflitto che, nella pellicola, si consumerà attorno al corpo martoriato e in fin di vita dell'anziana signora Richard (Jeanne Cellard).
Forse meno originale, ma nel complesso più riuscito e convincente rispetto al successivo Il medico di campagna, Ippocrate è un'opera che sa miscelare con abilità intrattenimento e riflessione, facendo leva su una valida squadra di interpreti - Vincent Lacoste si dimostra un'azzeccatissima scelta di casting - e su un ritmo agile e spedito; con una parte finale, laddove esplode lo scontro all'interno dell'ospedale, probabilmente più trascinante, ma non esente da una certa frettolosità nel voler introdurre elementi da cinema impegnato e di denuncia civile in merito alle condizioni non proprio ottimali della sanità pubblica francese.
Movieplayer.it
3.0/5