Dopo la proiezione stampa dell'interessante film d'esordio di Paola Randi, la regista e il cast hanno risposto alle domande dei giornalisti, parlando dei temi del film e del peculiare modo in cui questo li affronta.
E' un esordio sicuramente originale, Into paradiso, il primo lungometraggio della regista Paola Randi già presentato a Venezia, nella sezione Controcampo. Un film che anche laddove si lascia andare a qualche banalità di troppo a livello di sceneggiatura (specie nella seconda parte) riesce a raccontare un tema sociale come l'immigrazione in modo non convenzionale, rovesciando quella che è la prospettiva comune e costruendo una storia ricca di vitalità e humour nero. Dopo la proiezione romana dedicata alla stampa, si è svolto un interessante incontro che ha visto la presenza della regista, del produttore Fabrizio Mosca e degli attori Gianfelice Imparato, Saman Anthony e Peppe Servillo. "Io già amavo molto i cortometraggi di Paola", ha esordito il produttore. "Qui ha voluto raccontare la realtà di questo quartiere napoletano, in cui c'è una grande armonia tra i residenti e la comunità srilankese: è stato un modo molto originale di trattare il tema. Con questo film volevamo fare una piccola 'chicca', un film che la gente avesse piacere di vedere e che all'uscita lasciasse una sensazione positiva."
"Volevo raccontare l'Italia multietnica con ironia", ha detto la regista. "Così ho cercato un luogo che mi permettesse di farlo. Io sono lombarda e non ho una grande esperienza della realtà di Napoli, ma quando mi sono trovata lì ho visto questa comunità di srilankesi nel bel mezzo della città, così ho pensato potesse fare al caso mio. Sono stata lì quattro mesi per fare ricerche, e mi sono stupita di trovare questa realtà in mezzo alla metropoli, ma quasi nascosta, come una specie di Sri Lanka in miniatura ricreato dagli immigrati: ho pensato così di ribaltare la situazione tipica, rendendo un italiano prigioniero nella sua città, e ho scelto per questo ruolo la figura di un precario che ha appena perso il lavoro. Tra l'altro, Napoli è una vera e propria metropoli contemporanea, vivacissima, multietnica, che offre moltissimi luoghi a chi vuole scoprirli. Più che di integrazione, comunque, il mio film parla di coabitazione forzata: è una situazione più rispondente alla realtà, ma può essere anch'essa fonte di ricchezza." Qualcuno le fa notare la contaminazione di linguaggi che il film esprime, compreso il fumetto e il videoclip. "A me piace lavorare sulla memoria emotiva, oltre che sul sogno ad occhi aperti", ha continuato la Randi. "Mi piaceva anche l'idea di visualizzare il processo logico con cui uno scienziato affronta la realtà, mi divertiva rappresentare il dibattito tra i vari personaggi della memoria, per finire col vero e proprio sogno esotico. Va detto che ho avuto un team fantastico, degli attori straordinari che hanno lavorato insieme a me sulla scrittura. C'è stata molta improvvisazione, ma soprattutto un grande affiatamento sul set.""A me del film ha attirato la storia e il fatto che chi girava fosse milanese", ha detto Gianfelice Imparato. "Inoltre ho amato molto il mio personaggio, e più di tutto l'energia positiva che c'era sul set." Peppe Servillo si è soffermato invece soprattutto sull'ambientazione: "Quell'ambiente chiuso per me è stato come una dimensione teatrale. Eravamo a stretto contatto, in comunicazione ravvicinata; inoltre, mi stimolava confrontarmi con un registro come quello della commedia. Mi ha stupito comunque come gli abitanti del quartiere abbiano subito metabolizzato la nostra presenza: i napoletani hanno la caratteristica di adattarsi subito alle realtà nuove, reagendo magari nei modi più disparati, ma accettando le novità senza problemi. Quella di Napoli è davvero una realtà contemporanea e internazionale.""Sognare in Italia è difficile", ha detto Saman Anthony, il protagonista proveniente dallo Sri Lanka. "E questo film per me è stato un sogno che è diventato realtà. E' vera la frase detta da un personaggio nel film: noi tendiamo a farci i fatti nostri, perché veniamo in Italia innanzitutto per lavorare. Problemi di coabitazione a Napoli? Credo ci siano, come ci sono ovunque, d'altronde.""La scelta di Saman è dovuta innanzitutto al fatto che ci serviva qualcuno che conoscesse la cultura italiana", ha detto la regista. "Per il lavoro dell'attore serviva una persona che fosse in grado di comprendere i nostri riferimenti culturali, era fondamentale per partecipare a un film come questo. Saman ci è parso subito la persona adatta." Un ultimo cenno, la regista l'ha riservato alla scarsità di registe donne nel nostro panorama cinematografico: "E' il solito problema della scelta tra la famiglia e la carriera, una realtà che esiste in ogni professione. Ma è una realtà che non ha senso in una società contemporanea: l'uomo non si è mai posto dilemmi del genere. C'è una disparità numerica assurda, specie nel campo dello spettacolo, ma le cose andrebbero riequilibrate: l'energia creativa delle donne serve moltissimo. Nel nostro lavoro bisognerebbe creare una vera e propria parità di diritti".