Inquadrature sporche
L'impegno dei filmmaker d'assalto Esmeralda Calabria, Andrea D'Ambrosio e Peppe Ruggiero si è spinto fin quasi a frugare tra i rifiuti con la videocamera, pur di esprimere lo stupore di fronte al degrado, il degrado di una regione lasciata in balia di interessi quanto mai loschi. Intere aree della Campania ridotte in uno stato da fare invidia alle bidonville del Terzo Mondo? Purtroppo è così, le immagini non mentono. Pensiamo che nessuno, in questo caso, andrà a lamentarsi delle inquadrature sporche di Biùtiful cauntri, perché in fondo è di spazzatura che si sta parlando. E a livello stilistico nessuno, ne siamo altrettanto sicuri, rimprovererà agli autori le riprese nervose e traballanti, perché qui di traballante c'è solo un sistema amministrativo colluso con la criminalità organizzata, nonché con rami malati della politica e dell'imprenditoria.
Mettendo da parte le facili ironie, vogliamo semplicemente dire che il film può essere inquadrato (e conseguentemente apprezzato) quale documentario di denuncia, la cui forza risiede soprattutto nell'accuratezza e nel ritmo incalzante dell'inchiesta. Questo aiuta poi a far luce sulla vera natura dell'emergenza rifiuti esplosa a Napoli e dintorni, argomento trattato troppo spesso con superficialità e approssimazione da altri media. Emblematico è il caso dei servizi televisivi, o dei reportage giornalistici pubblicati su quotidiani a diffusione nazionale, nei quali la drammaticità delle condizioni in cui vive parte della popolazione e la reale entità del disastro ambientale vengono puntualmente ridimensionati, edulcorati. Si concentra magari l'attenzione sui dati che fanno più effetto, ad esempio i sacchi di mondezza ammassati lungo le strade dei principali centri abitati, tacendo però delle discariche abusive in odore (termine quanto mai appropriato) di camorra, o dei siti di stoccaggio dei rifiuti tenuti aperti dalle stesse autorità, anche qualora manchino le basilari condizioni igieniche e di sicurezza. Ecco, è questa mancanza di trasparenza e di informazione seria a rendere la visione di Biùtiful cauntri ancora più sconvolgente.
Raffaele Del Giudice, presidente del circolo di Legambiente Napoli Nord, è Il Caronte che ci accompagna in un inferno di materiali tossici scaricati nottetempo per strada, di malattie causate dall'inquinamento industriale, di intercettazioni telefoniche relative a patti scellerati tra cinici imprenditori del nord ed esponenti della criminalità meridionale. A poco più di 20 km da Napoli vi sono infatti comuni come Acerra, Qualiano, Giugliano, Villaricca, dove le discariche abusive si contano a decine, mentre può capitare che le balle di rifiuti vengano accatastate a qualche decina di metri dalle coltivazioni di fragole. Si rimane turbati di fronte a un paesaggio agricolo stuprato, sconvolto. I già citati Andrea D'Ambrosio, Peppe Ruggiero e Esmeralda Calabria si lasciano guidare dal partenopeo Del Giudice, che nell'eloquio può ricordare un personaggio di Eduardo ma riguardo all'ecologia ha il temperamento di un Michael Moore nostrano, alla scoperta dei tanti, troppi misfatti. I nostri eroi non sono soli. Il loro peregrinare si incrocia di frequente con i volti esausti di altri personaggi, la cui profonda umanità fa trapelare un'amarezza indicibile: pastori le cui greggi sono state avvelenate dalla diossina, agricoltori i cui terreni sono diventati sterili. Con grande dignità costoro si pongono delle domande sui responsabili dello scempio, e noi con loro.
Gli indizi di cui il documentario abbonda fanno poi rima, nel momento che precede i titoli di coda, con quelle didascalie che riassumono il quadro giudiziario della vicenda, facendo riferimento a precise responsabilità di uomini politici, funzionari statali corrotti, vertici di imprese che invece di ripulire il territorio lo hanno violentato. In attesa che siano le aule dei tribunali ad esprimersi, il cinema ha detto la sua (e per un documentario le circa venti copie da destinare alle sale, di cui ha parlato la distribuzione, non sono nemmeno poche); lo ha fatto con immagini eloquenti, ed anche se qualche insistenza di troppo sui macilenti agnellini, in procinto di essere abbattuti per l'avvelenamento da diossina, può aver sfiorato il patetico, qualcosa ci dice che in fondo anche questo era necessario a rendere credibile la denuncia.