Per il suo primo lungometraggio, l'attore e regista Pier Paolo Paganelli si inoltra nel territorio della fiaba dando vita a uno strano mix che contiene echi di classici come Pollyanna, La piccola principessa, Big Fish e Freaks Out. Nel mondo di Incanto una perfida istitutrice che ha il volto di Vittoria Puccini può coesistere con un gruppi di circensi dal cuore d'oro capitanati da Giorgio Panariello, per una volta distante dal suo personaggio comico, e Stefano Pesce. Tutto è strano, curioso, atipico in questo mondo fuori dal tempo fatto di abiti austeri e calessi trainati da biciclette, di porte magiche e bambini maltrattati per sete di denaro.

Il personaggio di Vittoria Puccini è il primo ad apparire in scena nel drammatico incipit in cui un sofferente Andrea Bosca, malato terminale di tisi, detta le sue ultime volontà al notaio, che ha il volto corrucciato di Giorgio Colangeli, intestando la maestosa villa e i suoi beni alla figlia, la piccola Margot (l'espressiva Mia McGovern Zaini). La volontà dell'uomo è trasformare la casa in un orfanotrofio gestito dalla governante Felicia (Puccini) per non far crescere Margot da sola. Ma i piani della donna, che aspira a costringere la piccola a vendere tutto e mettere le mani sul malloppo, sono ben diversi. Dopo aver raccattato orfani dalla strada con l'aiuto del compagno Max, Felicia rinchiude Margot in una stanza privandola di libertà ed educazione scolastica. Ma un giorno, a rompere le uova nel paniere, arriva un circo, ed è proprio tra i circensi che Margot si rifugerà dopo essere scappata dalla villa/prigione, imparando a conoscere e utilizzare le abilità che possiede.
Come misurarsi con un genere lontano dalla tradizione

Con una buona dose di coraggio, Incanto rappresenta il tentativo di Pier Paolo Paganelli di cimentarsi con un genere poco avvezzo all'italica propensione per il realismo. Come Gabriele Mainetti prima di lui, anche Paganelli prova ad adattare i codici della tradizione a un cinema immaginifico, aperto all'imprevisto e al soprannaturale, libero dai vincoli del naturalismo. Quello di Incanto è un mondo avulso dalla società in cui i bambini non ricevono un'istruzione, le autorità si palesano di rado e solo sotto forma di un perplesso assistente sociale che ha l'aspetto rassicurante di Paolo Sassanelli. I buoni hanno il cuore tenero, mentre i cattivi sono macchiette improbabili come il Max di Greg o streghe dall'aspetto avvenente e l'animo nero come la Felicia di Vittoria Puccini.

Con gli ingredienti che ha a disposizione, il regista offre al pubblico cinematografico una narrazione vivace, incalzante, non priva di momenti volti a suscitare emozione (l'attraversamento della porta magica del circo da parte di Margot). Gli effetti speciali limitati all'osso, ma finalizzati al racconto concepito da Paganelli con l'aiuto dei co-sceneggiatori Jacopo Del Giudice e Davide Rossetti, valorizzano la dimensione magica della storia veicolata dall'astrusa compagine circense guidata dal clown Charlie (Panariello). Al di là di generici temi quali la fiducia in se stessi e nel potere dell'immaginazione, però, Incanto non sembra ambire a condividere lo stesso potere metaforico di tante fiabe e si limita a sfiorare la superficie delle potenzialità del genere, concentrandosi sul puro intrattenimento.
Un cast troppo televisivo?

Non mancano ingenuità nello script di Incanto né momenti in cui la narrazione risulta meno fluida e più impacciata. Lo stile registico semplice e lineare e la presenza di alcuni volti prettamente televisivi indicherebbero un prodotto rivolto per lo più a un pubblico casalingo, nonostante l'uscita cinematografica. Ma sono le scelte di casting a concentrare su di sé l'attenzione.

Di fronte a personaggi surreali e a una recitazione brillante e antinaturalistica, alcuni interpreti funzionano meglio di altri. Se Andrea Bosca e Giorgio Colangeli sono efficaci anche in brevi cameo, la cattiva di Vittoria Puccini risulta stridente e priva del fascino delle villain delle fiabe Disney, per citare un modello di riferimento. Poco incisivo Greg, a funzionare è soprattutto lo sgangherato gruppo dei circensi che trasuda magia e buoni sentimenti fin dalla prima rocambolesca apparizione. Sorprende Giorgio Panariello in un ruolo per lui inedito, quello del dolce e protettivo clown Charlie. Al suo fianco, l'uomo proiettile Stefano Pesce e l'acrobata Mia Benedetta contengono echi delle poetiche e strampalate creature circensi che popolano le pellicole di Tim Burton e Guillermo del Toro.
Conclusioni
Coraggioso il tentativo di Pier Paolo Paganelli di cimentarsi con un genere lontano dalla tradizione italiana come la fiaba nel suo primo lungometraggio da regista, come sottolinea la nostra recensione di Incanto. Il film funziona sul piano dell’intrattenimento grazie ad alcune soluzioni azzeccate e alla poesia del circo nonostante le stile semplice e alcune interpretazioni macchiettistiche, ma difetta sul piano del potere metaforico della fiaba.
Perché ci piace
- La scelta di addentrarsi in un territorio lontano dalla tradizione.
- La poesia della rappresentazione dei circensi capitanati da un inedito Giorgio Panariello.
- Alcuni momenti particolarmente emozionanti.
Cosa non va
- Alcune caratterizzazioni, come quella di Vittoria Puccini, risultano forzate.
- Qualche ingenuità nella sceneggiatura.
- Qualche ingenuità nello script.