Il viaggio di Gogol
Ashimi è una giovanissima ragazza di Calcutta, che sta insegnando alla sorellina a indossare il sari ed ha il dono di una voce cristallina. Ashoke è un giovane studioso che sta lavorando al suo dottorato di ricerca negli Stati Uniti, è un bravo ragazzo che ha un'esperienza terrificante e decisiva alle spalle: si è salvato per miracolo da uno spaventoso incidente ferroviario. Ashimi sa che sposandolo dovrà volare in una fredda terra straniera, abbandonando i familiari, i profumi e il sole di Calcutta e imparare a fare i conti con uno stile di vita completamente diverso, ma accetta, perché le piace il suo sorriso, e le piacciono le sue scarpe americane. In USA Ahimi imparerà a usare la lavanderia automatica e Ashoke acquisterà una bella casa e nasceranno i loro figli, Sonia e Gogol. Questi, il primogenito, porterà il nome (inizialmente temporaneo) dello scrittore russo che Ashoke ama profondamente, e che, in un certo senso, gli ha salvato la vita. Questa è la storia di una famiglia come migliaia, milioni, che compie il suo viaggio alla ricerca di ciò che conta davvero nella lunga e infinatamente troppo breve parabola della nostra esistenza.
Dopo il deludente La fiera delle vanità, trasposizione di uno dei più importanti romanzi vittoriani, Mira Nair torna a parlare dell'India, torna a invitarci a visitare la sua casa e la sua anima, torna a raccontarci quel profondo senso della famiglia che aveva caratterizzato il delizioso Monsoon Wedding del 2001. Il destino nel nome - The Namesake è un adattamento nel senso più classico dal punto di vista della struttura narrativa: dalla visione è possibile intuire i piani narrativi, i punti focali su cui Jhumpa Lahiri, autrice del romanzo, struttura la sua banale e straordinaria epopea familiare; alcuni tratti della narrazione della Nair appaiono troppo episodici e gestiti approssimativamente. Ma quella di Mira Nair è una trasposizione classica anche in senso positivo, perché riesce a rielaborare in immagini, volti, canzoni, dialoghi le emozioni che sono evocate laboriosamente dalla parola scritta senza trasformarle in qualcosa di diverso.
Il film è narrativamente convenzionale, ma i personaggi sono vivi, lo sono di più ogni minuto che passa, come vive, autentiche, comprensibili e condivisibili sono le pulsioni che li muovono. Ashimi, che vorrebbe tornare in India per poter nuovamente cantare. Ashoke, che benedice ogni giorno, perché ogni istante è un dono meraviglioso da quando ha rischiato la vita. E naturalmente Gogol, su cui la seconda parte della storia è focalizzata, un giovane brillante ma sospeso tra due mondi, fluttuante tra due realtà, che fugge le sue origini per poi tornare ad abbracciarle, fino a che non comprende che non ha davvero importanza. The Namesake non ha il brio di Monsoon Wedding: è la dolcezza del ricordo e il più emozionante e caloroso senso di intimità di un riuscito e toccante ritratto di famiglia che non mancherà di convolgere chi si trovi sulla stessa lunghezza d'onda e sappia relazionarsi con questi personaggi così dimessi e quotidiani. Perché tutti, come Gogol, torniamo a casa.
Movieplayer.it
3.0/5