A dieci giorni dalla grande serata degli Oscar, Forest Whitaker, il candidato più probabile alla vittoria nella categoria di migliore attore protagonista, ha presentato a Roma L'ultimo re di Scozia, il film che gli ha fatto già conquistare un Golden Globe e numerosi altri premi per la sua interpretazione del dittatore ugandese Idi Amin. In conferenza stampa Whitaker racconta com'è riuscito ad entrare nelle profondità in un personaggio così controverso e cosa gli ha lasciato l'incontro con la "sua" Africa.
Signor Whitaker, vestire i panni di un dittatore così spietato come Amin non dev'essere stato facile. Come ha lavorato al personaggio?
Forest Whitaker: Ho cominciato a prepararmi a Los Angeles, prendendo lezioni di swahili, guardando tanti documentari, vecchi telegiornali e leggendo i suoi discorsi, anche quelli in dialetto, per cercare di capirlo fino in fondo. Arrivato in Uganda ho parlato con i suoi amici, le sue fidanzate, con coloro che erano al suo fianco quando era presidente, provando così a comprendere la sua cultura e il suo stile di vita. Ogni personaggio è unico, particolare, e anche il tuo modo di affrontarlo è diverso. Il fatto che abbia dovuto fare tanta ricerca per entrare in questo personaggio ha modificato le vibrazioni nel processo di costruzione del personaggio, mi sono dovuto impegnare molto non solo a livello tecnico ma anche emotivo.
Come descriverebbe lei Amin?
Forest Whitaker: Lo descriverei prima di tutto come un soldato. Tutte le sue azioni sono state alimentate da questa sua natura di soldato, perché di fronte ai problemi si è andato a chiudere in trincea e ha combattuto cercando di sopravvivere. Se da soldato gli veniva detto chi erano i nemici, da presidente li ha dovuti trovare da soli, spesso sbagliando. Amin aveva una sorta di ingenuità che all'inizio l'ha fatto muovere in assoluta buona fede, senza considerare le conseguenze a lungo termine delle sue azioni. Col passar del tempo le sue decisioni hanno forgiato l'economia e quello che è oggi l'Uganda, ma Amin è soprattutto quello che ha fatto ammazzare migliaia di persone.
Il popolo ugandese ha avuto e ha tuttora un rapporto contraddittorio con il dittatore Amin. Da un lato c'è il fascino per un personaggio carismatico, dall'altro l'odio per le sue ingiustizie. Come ha vissuto lei l'opinione pubblica ugandese rispetto alla figura di Amin?
Forest Whitaker: E' la dualità stessa del personaggio che divide gli ugandesi. Molti riconoscono il fatto che lui ha cercato di cambiare determinate cose nel suo paese, come cacciare gli asiatici che controllavano l'80% dell'economia o i cambiamenti apportati alla costituzione, permettendo alla gente di essere più libera, per esempio rispetto al Kenya che è ancora sotto il dominio britannico. Altri lo considerano solo un tiranno, altri ancora un eroe. E' stato l'unico leader africano a cacciare gli occidentali e a dire "noi ce la possiamo fare da soli". Naturalmente poi c'è l'altra faccia della medaglia, che è quella di un dittatore terribile che ha fatto tanto male alla sua gente.
Quanto è simile Amin agli altri dittatori che hanno insanguinato mezzo mondo con la loro ferocia?
Forest Whitaker: Penso che il tratto comune di tutti i dittatori sia la loro capacità di motivare le persone e il carisma che esercitano su queste. Qualche tempo fa mi trovavo all'Hotel Nazionale di Cuba e mentre ero a letto ho sentito una voce provenire dalla strada. Mi sono affacciato alla finestra e ho visto tante persone per strada che stavano ascoltando dagli altoparlanti la voce di Fidel Castro che teneva un discorso. Quella voce era così carismatica che mi aveva completamente abbagliato. Amin è venuto dal nulla ed è stato bravissimo ad esercitare un forte carisma sul popolo ugandese, passando dall'anonimato a prendere in giro il mondo intero, che all'inizio vedeva in lui una persona in grado di cambiare le cose in Africa. Anche i giornali inizialmente lo adoravano e spesso erano così attratti dal suo fascino dal tacere sulle atrocità che commetteva.
Qual è stato il suo impatto con l'Africa nella preparazione di questo film?
Forest Whitaker: Essendo di origine africana per me è stata una bella occasione andare in Africa, assorbire e fare mia la cultura africana, un qualcosa che è diventato parte integrante della mia anima. Quando sono ripartito da quel continente ero sicuramente una persona diversa da ciò che ero prima.
Tra qualche giorno lei sarà ad Hollywood per la cerimonia degli Oscar. Pensa che riuscirà a portare a casa la statuetta di migliore attore?
Forest Whitaker: Mi auguro, prima di tutto, di trascorrere una bella serata in compagnia della mia famiglia e dei miei amici, anche perché è molto difficile vedere il proprio lavoro riconosciuto così ad alti livelli. Tutti i candidati all'Oscar come miglior attore hanno reso nei rispettivi film delle performance eccezionali, e tutti hanno cercato di dire, attraverso i loro personaggi, cose importanti. Will Smith ha affrontato il problema dei senzatetto, Leonardo Di Caprio quello del commercio dei diamanti, Peter O'Toole quello della vecchiaia e Ryan Gosling in Half Nelson ha interpretato molto bene il ruolo di un maestro alle prese con dei ragazzi difficili. Sarà una bella sfida, ma voglio soprattutto godermi la serata insieme alle persone che amo.