Il petroliere a Berlino con Anderson e Day-Lewis

Il regista sbarca a Berlino in compagnia dello straordinario interprete e racconta la genesi del suo ultimo, applauditissimo lavoro.

Necessario tributo di applausi da parte della critica e grande concentrazione di fans per l'arrivo a Berlino del cast de Il petroliere, affresco storico potente e privo di sbavature diretto da Paul Thomas Anderson, regista che non sbaglia un colpo passando con notevole disinvoltura attraverso i generi più disparati senza mai farsi imbrigliare dalle regole. Ad affiancarlo nella presentazione berlinese di quest'ultimo lavoro, candidato a otto nomination agli Oscar tra cui miglior film e miglior regia, il camaleontico Daniel Day-Lewis , che si erge su tutto e tutti interpretando magistralmente l'avido faccendiere Daniel Plainview, e il giovane Paul Dano, che già si era fatto notare in Fast Food Nation e nel brillante Little Miss Sunshine. E' lo stesso Anderson ad aprire la conferenza illustrando brevemente la genesi del film e le ragioni della scelta di adattare un classico della letteratura. Una banale malattia e un periodo di riposo forzato a Londra hanno spinto il regista a leggere Oil! di Upton Sinclair, libro che lo ha letteralmente folgorato spingendolo a progettare un adattamento cinematografico focalizzato essenzialmente sulla prima parte del romanzo, quella meno politica e più romanzata, e sulla straordinaria figura del protagonista. "Non so perchè ho scelto di adattare un classico della letteratura, non c'è un motivo preciso. E' un romanzo epico che mi ha colpito per la sua potenza narrativa, perciò mi sono rivolto ai miei collaboratori per sapere se era possibile portarlo sul grande schermo. Un libro incredibile come questo contiene in sé già un milione di ragioni per adattarlo, non ultima quella di portare la mia personale visione sull'allegoria narrata da Sinclair."

La stampa americana ha paragonato Il petroliere ad altre possenti biografie narrate per immagini, quali The Aviator o addirittura Quarto potere. Accostamenti non casuali visto che "il romanzo di Sinclair si concentra sulla biografia di uno di quei personaggi che colonizzarono lo sterminato Ovest creando dal nulla immense fortune. Tutte storie, queste, che finiscono male: tra questi self made men sono comunissime morti precoci, anni passati in carcere o svariate tragedie. Anche in questo caso il film, come il romanzo originario, non è altro che una grande allegoria sulla degenerazione della rapacità tipica di questi uomini di frontiera pronti a tutto pur di conquistare denaro e potere. L'arricchimento improvviso e la conseguente avidità sempre crescente cambiano per sempre le cose causando l'inevitabile sgretolarsi della famiglia composta da padre e figlio. E' anche il senso del titolo originale del film, There will be blood. Il sangue è quello originario, fondativo di una nazione difficile e contraddittoria come gli Usa".

Una parabola tanto complessa si conclude con un finale straordinario e imprevedibile, ovviamente risolutivo visto che non lascia aperta alcuna possibilità. Ispirandosi a foto d'epoca, Anderson ambienta l'epico atto finale in una sala da bowling privata perfettamente ricostruita, luogo decisamente interessante per concludere il film. Straordinaria anche la resa delle musiche ricche di sonorità atipiche che sottolineano con vigore le scene clou de Il petroliere. La critica è tutta concorde nel sottolineare la bellezza della ricercata colonna sonora composta da Jonny Greenwood e scritta per la quasi totalità alla fine delle riprese. Le musiche risultano particolamente evocative proprio perché concepite in strettissimo rapporto con le immagini epiche che costellano la pellicola, anche se non direttamente legate ai personaggi di Daniel Plainview ed Eli Sunday.

Schivo e riservato come sempre, Daniel Day-Lewis dispensa sorrisi, ma di fronte alle numerose domande dei giornalisti riguardo alla costruzione del personaggio, alla preparazione inziale, alla voce e alla gestualità, mette subito in chiaro le cose sottolineando come il mestiere dell'attore non si possa descrivere a parole, ma è qualcosa di innato che scaturisce dalla propria interiorità, e invita dunque i giornalisti presenti in sala a non limitarsi a ripetere domande già lette sui giornali e costantemente ripetute. "Quello dell'attore è un mestiere misterioso, a volte mi sento di vivere nei panni di qualcun altro. Non sono sempre io a decidere i film da girare, spesso sono le situazioni o i personaggi che si offrono a me. E' un lavoro lento, complesso, io inzio a preparare un ruolo moltissimo tempo prima dell'inizio dellle riprese, e grande importanza ha il ruolo del regista a cui mi affido completamente se le cose funzionano. E' un processo controllato da tanti fattori, alcuni talvolta imprevedibili".

Il suo controverso antieroe Daniel Plainview suscita ammirazione per la violenza e imprevedibilità impresse nel carattere tanto da paragonarlo a un personaggio dell'Antico Testamento. "In realtà di biblico Daniel ha solo il nome" - puntualizza Anderson - "più che alla Bibbia io sento affinità con Moby Dick. Comunque in ognuno di noi c'è un po' di Daniel Plainview".

Il giovane Paul Dano interviene solo per sottolineare l'importanza di una simile esperienza nella carriera di qualsiasi attore, lavorando a stretto contatto con un fuoriclasse straordinario come Daniel Day-Lewis non si può che imparare moltissimo sull'arte dellla recitazione e la sua vicinanza rende facili anche le scene più complesse che mettono a dura prova sia la preparazione fisica che quella emotiva. Ed è proprio Lewis a concludere con una battuta la conferenza: a chi gli chiede con che stato d'animo attende la cerimonia di premiazione risponde "nervoso, ma fingendo di essere rilassato oppure rilassato, ma fingendo di essere nervoso. L'importante è che cercherò di divertirmi". E viste le premesse assieme al divertimento potrebbe arrivare una statuina per la migliore interpretazione maschile.