Tutti conosciamo la storia del Mostro di Firenze, tutti ne abbiamo sentito parlare, ne siamo stati spaventati, inquietati. Tutti sappiamo tutto. O pensiamo di saperlo. Perché si tratta di una materia così vasta, complessa, incerta, insoluta che in realtà basta scavare un minimo per scoprire che quello che pensavamo di conoscere non era che la sottile superficie di una palude di inquietudini che affondano le loro radici in un periodo precedente a quello che è stato più ampiamente dibattuto e nei risvolti malsani della storia socio-culturale del nostro paese.

Per questo Il Mostro che Stefano Sollima ha diretto per Netflix ha un valore ancora maggiore di quanto avremmo immaginato in prima battuta, perché sceglie consapevolmente e con intelligenza di affrontare una traccia meno nota dai media dell'indagine sul Mostro di Firenze, la cosiddetta pista sarda che si lega in modo preponderante alla parte iniziale del percorso criminale e spaventoso del killer. Tracciando parallelamente uno spaccato dell'Italia di quegli anni, sfruttando il contesto in cui le vicende si vanno a collocare per raccontare quanto (o se) il nostro paese sia cambiato da allora.
Sulle tracce del Mostro
Quando parliamo del Mostro di Firenze, ci riferiamo a una serie di delitti compiuti in aree isolate della campagna toscana. Otto duplici omicidi, per sedici vittime quindi, lungo un intervallo di tempo di 17 anni per quello che è il primo e più efferato serial killer del nostro paese. Il filo conduttore? L'arma, una Beretta calibro 22. Sempre la stessa a cominciare da un primo delitto del 1968 ricollegato in un secondo momento al Mostro. Ma non è l'unica firma dell'omicida, che compiva quelli che erano con netta evidenza delitti contro le donne, con gli uomini subito eliminati per concentrarsi sulle loro compagne in modo brutale, arrivando in molti dei casi a delle dissezioni degli organi genitali.

Delitti che a oggi non hanno ancora una soluzione definita e certa, tanto che il racconto di Sollima e i suoi autori esplora più piste, lasciando che l'opinione dello spettatore segua il flusso e cambi di conseguenza, episodio dopo episodio, man mano che conosce diversi possibili mostri, potenziali colpevoli che nel corso di questa lunga e infruttuosa indagine sono stati presi in esame.
Punti di vista diversi per sensazioni differenti
L'operazione interessante di scrittore de Il Mostro è proprio nel cambiare e seguire diversi punti di vista, ripetendo alcune sequenze più volte con delle variazioni dovute al cambio di prospettiva usato. Una scelta funzionale e molto efficace, che ripropone alcuni momenti chiave della quotidianità dei personaggi proponendo di volta in volta nuovi dettagli che alternano il significato complessivo di quanto viene mostrato. È una soluzione che intriga, cattura e offre spunti di riflessione interessanti, ma allo stesso tempo trasmette il senso di smarrimento e straniamento di chi per anni ha seguito tracce differenti per poi cambiare inevitabilmente strada una volta giunto davanti a un muro.

È infatti la scrittura il vero punto di forza della serie Netflix, perché ragionata, accorta, intelligente per costruzione e sviluppo. Tanto da far passare in secondo piano la minore efficacia di alcuni membri del cast rispetto ad altri, perché è la traccia da seguire che ci cattura come in una vera indagine, lasciandoci credere di volta in volta che una nuova traccia possa portare finalmente a una sorta di soluzione. Come è stato per anni per coloro che si sono occupati del caso e che ancora adesso si immergono nella mole di dati e indizi, incongruenze e piste senza sbocco.
La regia efficace, e rispettosa, di Stefano Sollima
Stefano Sollima segue questo flusso con una regia pulita, forse meno potente di quanto ci abbia mostrato in passato per quanto riguarda la quotidianità di questi discutibili personaggi, ma lucida e puntuale nell'arricchire di nuovi dettagli i momenti chiave man mano che li riviviamo. Discorso diverso per le sequenze più tese ed estreme, che riguardano soprattutto gli omicidi: questi vengono riproposti con una fedeltà maniacale, affidandosi agli atti processuali e tutto il materiale a disposizione, ma ponendosi da una giusta distanza che permetta di mantenere il rispetto per le vittime, senza scivolare in inquadrature e dettagli morbosi.

Il Mostro si rivela quindi interessante per ciò che racconta e per come lo mette in scena. Lo spettatore può vivere un iniziale senso di smarrimento perché non troverà i nomi e gli snodi della vicenda di cui si è maggiormente parlato in televisione negli anni caldi delle indagini, ma una volta immerso nella storia non potrà che rimanere ipnotizzato, e agghiacciato. E siamo sicuri che di Pacciani, i Compagni di Merende e gli altri nomi noti ci sarà modo di parlare ancora, in una eventuale seconda stagione che Netflix potrà mettere in cantiere.
Conclusioni
Un'ottima serie che si concentra su una porzione di indagini meno nota del caso del Mostro di Firenze. Stefano Sollima con Il Mostro propone uno spaccato dell'Italia di quegli anni, anche splendidamente ricostruita in quanto a scenografie e costumi, per mostrarci anche il contesto in cui gli omicidi del Mostro si verificavano.
Perché ci piace
- L'attenzione per la Pista Sarda e una porzione di storia meno nota.
- La ricostruzione storica di quegli anni, tra scenografie e costumi, ma anche in quanto a contesto socio-culturale in cui ci si muove.
- Le meticolosa ricostruzione degli omicidi, trattati con la giusta distanza e il corretto rispetto per le vittime.
- La scrittura e il modo in cui i diversi punti di vista guidano lo spettatore in direzioni sempre differenti.
Cosa non va
- Qualcuno potrebbe restare spiazzato dal focus su una parte di storia che non si concentra sui nomi noti della vicenda.
- Non tutto il cast è ugualmente convincente.