Il lungo tempo della noia
Long Time Dead, opera prima di Marcus Adams, fino ad ora dedito a videoclip e spot pubblicitari, non ci ha convinto. Il film è l'ennesimo horror giovanile, che vede un gruppo di ragazzi che abitano quasi tutti nello stesso stabile ritrovarsi ad un rave party in un magazzino londinese: per ravvivare la serata ricorrono alla solita seduta spiritica utilizzando una tavoletta Oujia, strumento attraverso cui i morti comunicano con chi tenta di evocarli ed elemento comune a molti horror. L'esperienza però non sarà divertente come speravano i ragazzi: sulla tavoletta si compone il messaggio "Morirete tutti". Da qui, naturalmente, iniziano una serie di morti violente dei partecipanti alla seduta, i ragazzi, senza volerlo, hanno richiamato in vita il potente Djiin, malvagio demone del fuoco, su cui si ha notizia nella mitologia araba venuto a completare quanto iniziato molti anni fa in un'analoga seduta molti anni prima in Marocco.
Il demone è legato però ad uno di loro. I giovani protagonisti infatti ignorano che il padre di uno dei partecipanti alla seduta è chiuso in manicomio accusato di satanismo, proprio in relazione a quanto avvenuto anni prima nel 1979 in Marocco, quando nel corso di un'analoga seduta spiritica l'evocazione dello stesso demone trasformò la rievocazione in tragedia. A questo si unisce la misteriosa figura del padrone di casa, scontroso e con qualcosa da nascondere, qualcosa che naturalmente è legato al nostro demone.
Il film va avanti senza particolari sussulti, le morti a catena dei protagonisti si susseguono senza adrenalina, nè l'ambientazione prevalentemente notturna e la casa in stile gotico in cui vivono i ragazzi servono a far emergere il film. Le morti arrivano sempre quando e dove te le aspetti, nessun colpo di scena, nessun sussulto che riesca coinvolgere lo spettatore amante del genere. Il demone è là dove ti aspetti che sia, per ammazzare chi già sai morirà.
Long Time Dead, che si affida ad un cast di giovani attori, molti dei quali alla loro prima vera esperienza cinematografica, sembra destinato a non lasciar tracce nell'ormai vasto panorama dell'horror giovanile, ci piace solo segnalare la presenza, in questa produzione angloamericana, di una montatrice italiana, Lucia Zucchetti. Da rivedere invece Marcus Adams, troppo legato ad una sceneggiatura inconsistente ed ha in soggetto mediocre, a cui lui stesso ha contribuito, per poter essere giudicato alla sua prima regia. Forse la cosa migliore del film restano le musiche che accompagnano con una certa efficacia l'intero film.