Scrivere la recensione de Il Flauto Magico di Piazza Vittorio significa tenere conto di tutta una serie di cose che non hanno necessariamente a che fare con il cinema. Significa ricordarsi costantemente cosa sia e cosa rappresenti l'Orchestra di Piazza Vittorio, ma anche cosa significhi Piazza Vittorio in sé, quell'angolo così peculiare, quello snodo centrale eppure esotico di Roma.
Mozart multietnico
La zona di Piazza Vittorio, a due passi dalla stazione Termini, è una delle più multietniche della capitale, e l'Orchestra è nata proprio per dare una valorizzazione, una voce e un senso artistico a questa commistione di culture, a questo incontro giornaliero che sarebbe altrimenti rimasto creativamente inespresso.
La decisione di adattare Il Flauto Magico di Mozart, proprio come è stato fatto per altre opere come la Carmen e il Don Giovanni, inizia proprio da questo concetto: presentarne una trasposizione rivisitata in chiave Piazza Vittorio, location dove i più disparati generi musicali potessero trovare spazio e con al centro innanzitutto un'idea, quella della convivenza pacifica e proficua di diverse culture.
E allora può succedere che l'intera opera si modifichi per aderire a quest'idea, che la storia sia ambientata nel giardino al centro di Piazza Vittorio, che assume contorni magici al calar della notte, che i personaggi cambino, che i toni assumano una sfumatura più favolistica, che il principe Tamino sia il cubano Eresto Lopez Maturell, che la Pamina interpretata da Violetta Zironi canti in inglese, o che Sarastro sia Fabrizio Bentivoglio, uno degli autori della sceneggiatura. E che, ovviamente, sia anche la musica a cambiare, passando con disinvoltura dal folk al raggae, dalla classica al pop o al jazz. Ogni strumento è un rimando, ogni sonorità è un omaggio alle tante matrici che compongono l'orchestra, e la piazza.
Il flauto Magico di Piazza Vittorio può funzionare al cinema?
Certo poi bisogna fare i conti con delle considerazioni più strettamente cinematografiche, visto che, dopo aver calcato tanti palcoscenici, il grande schermo è ora lo spazio scelto per raccontare quest'opera. Mario Tronco E Gianfranco Cabiddu, i due registi, hanno spiegato come l'impiego degli effetti speciali sia volutamente artigianale, e che, oltre alla musica, un elemento espressivo importante del film siano le scenografie, che rappresentano un vero e proprio omaggio all'arte scenografica teatrale, con macchinari in bella vista e sfondi dipinti.
Il punto è che sul piano della resa cinematografica può capitare che queste immagini risultino respingenti e poco accattivanti. Non perché l'estrema definizione sia un canone imprescindibile, tutt'altro, ma qui sembra che la composizione dell'immagine abbia spesso una natura anti cinematografica, visti gli standard a cui lo spettatore è ormai abituato, anche per la bassa definizione. Un po' come per gli eventi, che i sociologi analizzano per la loro "notiziabilità", qui le immagini potrebbero essere passate sotto la lente della "cinematograficità", e, che sia voluto o meno, non supererebbero la soglia minima che serve a catturare lo spettatore.
Lo sbocco più naturale per questo film sembra essere quello didattico nelle scuole, per tutto quello che incarna, dal messaggio di coesione sociale e di arricchimento culturale, all'attualizzazione di una grande opera di Mozart, una delle più importanti figure europee (europeiste?) di sempre. L'Orchestra di Piazza Vittorio è una di quelle realtà importanti e da preservare, simbolo splendente di quello che una certa Roma vorrebbe ardentemente essere: una grande capitale europea aperta e multietnica, in continua e pacifica lotta contro l'imbecillità di chi separa. Per questo, se volete conoscerla meglio, andate a vedere i loro spettacoli dal vivo, il cinema (per ora) non gli rende giustizia.
Conclusioni
Nella recensione de Il Flauto Magico di Piazza Vittorio emergono le due anime del film: quella lodevole dell'impegno sociale per l'integrazione che l'Orchestra di Piazza Vittorio rappresenta per Roma e per l'Italia, e quella meno brillante della resa cinematografica di questo film, che troppo spesso presenta immagini che possono avere un effetto un po' respingente nei confronti dello spettatore.
Perché ci piace
- Il lavoro di riarrangiamento dell'opera di Mozart in moltissime chiavi musicali.
- Il messaggio di arricchimento culturale proveniente dall'incontro di culture diverse.
Cosa non va
- La qualità delle immagini non invoglia lo spettatore alla visione.
- Portare una rivisitazione di Mozart al cinema è coraggioso, ma il rischio noia è sempre dietro l'angolo.