Arriva dalla Spagna lo slasher estivo targato Netflix per salutare la bella stagione in chiave di genere. Si tratta de Il club dei lettori assassini, trasposizione dell'omonimo bestseller iberico di Carlos Garcia Miranda, un mix letterario tra horror e young adult divenuto velocemente un piccolo guilty pleasure in patria. La derivazione cinematografica piuttosto stereotipata, le maschera, gli adolescenti, il gore appena accennato e la facilità d'adattamento hanno presto convinto il colosso dello streaming a opzionare il romanzo per un film originale da piattaforma, affidando la sceneggiatura direttamente da Mirando e la regia a un filmmaker spagnolo in erba, Carlos Alonso Ojea. Un prodotto che risponde a tutti i tropi di genere e che consegna a Netflix una piccola hit stagionale in catalogo, nonostante la sua significativa distanza qualitativa da una bontà di risultato sufficiente e la totale mancanza di una sola ispirazione che possa dirsi anche solo in minima parte inedita.
Chi ha paura dei clown?
La storia de Il club dei lettori assassini è interamente ambientata a Madrid, per la maggiore parte tra gli interni e gli esterni della sua prestigiosa università. Protagonisti del racconto sono un gruppo variegato di personaggi, che vanno da Angela - final girl stereotipo - fino al fascinoso Nando e al donnaiolo e arrogante Rai. Loro insieme a Sebas, Virginia, Sara, Koldo ed Eva fanno parte del club del libro della MCSU, un piccolo manipolo di appassionati lettori che puntualmente s'incontra nei piani interrati dell'università per discutere di questo o quello scritto. L'ultimo scelto è un romanzo che tratta della clownfobia, la paura immotivata dei pagliacci, e quando accade qualcosa di sconvolgente ad Angela il gruppo per intero decide di mettere in piedi "uno scherzo" a base di clown spaventosi per punire il colpevole del misfatto. Quando il gioco si trasforma in tragedia compare però dal nulla un misterioso scrittore online che inizia a pubblicare un capitolo dopo l'altro un romanzo che sembra conoscere fin troppo bene la vicenda, anticipando inoltre la morte di ognuno dei protagonisti di paragrafo in paragrafo.
Le prime vittime mettono in allarme i membri del gruppo che iniziano a dubitare l'uno dell'altro, il tutto mentre omicidi e racconto finiscono online tra web e cronaca mediatica, suscitando interesse, seguito e scalpore. Mentre Angela è afflitta da fobiche visioni che le fanno perdere contatto con la realtà, la situazione degenere velocemente e sembra che in qualche modo tutto sia riconducibile a lei. Ma chi si cela dietro la maschera del clown assassino? E perché, soprattutto, questi omicidi riguardano solo i membri del club di lettura?
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Una "pagliacciata" anni '90
Fosse uscito tra il '97 e il 2000, Il club dei lettori assassini sarebbe divenuto facilmente un piccolo cult di genere, spalancando le porte a un franchise con diversi seguiti e chissà quali altre espansioni. Il problema è che l'opera di Ojea arriva in un momento storico in cui persino i maestri di genere sono incapaci di reinventare lo slasher a stretto giro, dove per la maggior parte si è già detto tutto e in alcuni casi persino troppo. Forse solo la trilogia conclusiva di Halloween firmata da David Gordon Green è riuscita a unire concetto e classicità in un progetto dal forte valore tematico, insieme intelligente e divertito, con qualche sporadica novità proveniente anche dall'unione di slasher e loop storytelling in Auguri per la tua morte (dove per altro veniva sovvertita persino la figura della final girl) e nel più recente Freaky con l'idea dello scambio di corpi. Per il resto assistiamo ormai da anni a un'affastellarsi inconcludente di titoli copia carbone che spesso non riescono nemmeno ad appassionare nell'inventiva prostetica o sanguinolenta, privi di soluzioni efficaci. Purtroppo Il club dei lettori assassini rientra in questa categoria, facendo man bassa di idee provenienti da Scream, So cos'hai fatto e Urban Legend per unire l'horror cinematografico alla letteratura e tentare di giocare con i due medium insieme con risultati piuttosto mediocri.
La caratterizzazione dei personaggi di Miranda è un'accozzaglia superficiale di stereotipi senza identità, concettualmente funzionale al discorso narrativo ma totalmente priva di virtuosismo o brillanti finalità di genere, come accadeva ad esempio in Quella casa nel bosco di Drew Goddard. Siamo davvero ai limiti dell'imitazione a mandate, a un bricolage cinematografico di conclusioni visive e narrative senza forza innovativa né mordente o passione. Un film corto, blando e prevedibile che deve la sua esistenza a un cinema di genere memorabile oggi brutalizzato e impoverito da una mitomania dilagante dove il male peggiore e l'inconsistenza dell'imitazione e la modestia di una gratificazione istantanea che vuole travestirsi d'ambizione. Praticamente uno specchio ridicolo della nostra società.
Conclusioni
In conclusione, Il club dei lettori assassini mette in scena uno spettacolo derivativo di genere senza soluzioni originali né ispirazioni inedite, adattando con la sola forza della fedeltà narrativa la storia iniziale, comunque più funzionale su carta che su schermo. Un film d'attrattiva anni '90 more of the same di Scream e Urban Legend con poco da dire e con mordente estetico sufficiente a intrattenere svogliatamente per novanta, vuoti e prevedibili minuti. Non fosse per i giganti citati - e copiati - forse non potrebbe nemmeno esistere, il che rappresenta il suo massimo punto di forza e la sua debolezza più estrema.
Perché ci piace
- Le continue citazioni a Scream et similia
- Qualche scenetta gore azzeccata.
Cosa non va
- Totalmente e banalmente derivativo.
- Scrittura narrativa e caratteriale inadeguata.
- Elasticizza le regole del genere fino a renderle inverosimili e ridondanti.