Liberamente tratto dall'omonimo romanzo scritto da Corrado Augias e dalla moglie Daniela Pasti (inviata di Repubblica) nel 1987, Tre colonne in cronaca fu, con grande sorpresa di tutti, un grande flop ma fu un film atipico perché si inserisce come film drammatico in una filmografia improntata sulla commedia leggera com'era ed è ancora oggi quella dei Vanzina, un film che racchiudeva l'esatto contrario di quello che erano abituati a fare di solito. Forse disorientato da questa scelta così 'estremista' da parte sia di Volonté che dei due figli di Steno, il pubblico non premiò il coraggio di entrambe le parti di mettersi in gioco con un lavoro del genere. Ambientato nel mondo dell'alta finanza fatto di ricatti, delitti e intrighi politici, il film racconta la scalata di un potente uomo politico per impadronirsi di un giornale di opposizione. A ventiquattro anni di distanza il Bari International Film Festival rende omaggio con una vastissima retrospettiva ad uno degli attori più carismatici, eclettici e appassionati della nostra cinematografia e a quello che ad oggi è ancora uno dei suoi film da protagonista più significativi. A vent'anni dalla scomparsa di Gian Maria Volonté poter vedere i suoi film sul grande schermo fa davvero un grande effetto, per noi addetti ai lavori ma anche per il pubblico (giovane e meno giovane) che già dal primo giorno ha affollato la proiezione del film presso il Multicinema Galleria.
Il 'metodo' Volonté"Per imparare la parte aveva un metodo che secondo lui era infallibile, scriveva tutto a mano su un quaderno e poi se la recitava a memoria" - ha dichiarato Carlo Vanzina che a suo tempo rimase molto affascinato dal modus operandi meticoloso e talvolta maniacale di lavorare dell'attore - "ecco perché i ciak con lui duravano sempre pochissimo, aveva sempre la battuta pronta in mente e questo gli concedeva la libertà di spaziare con la fantasia, di improvvisare anche qualcosa di diverso, di accentuare sguardi e pronunce per aggiungere sempre del suo alla sceneggiatura e ai suoi personaggi". Era capace di diventare più vero del vero e insieme ad Alberto Sordi è stato uno degli attori più memorabili che il nostro cinema ricordi, ma nonostante questo i ragazzi di oggi non li hanno mai sentiti nominare. "Stamattina c'è stata la proiezione di Tre colonne in cronaca ed in sala erano presenti tanti studenti con i quali dopo abbiamo chiacchierato" - ha raccontato Carlo Vanzina - "mi sono stupito molto del silenzio che c'era in sala, dell'attenzione che il film ha suscitato in loro nonostante solo uno su trecento avesse idea di chi fosse Gian Maria Volonté". Ma mentre Sordi è stato sempre lo specchio migliore degli italiani, era istintivamente vero e metteva un po' di se stesso in tutti i personaggi che interpretava e nel suo modo unico di conciliare satira e comicità, Volonté assumeva sempre una maschera diversa e trovava un modo sempre diverso di esprimersi e raccontare i suoi personaggi: "Era un attore che non voleva nasconderti la verità, faceva sembrare tutto vero ma ti faceva anche capire che in quel momento stava recitando. Volontè non buttava mai via neanche una parola ed era un attore che apparteneva ad un cinema di altri tempi in cui i ruoli erano ben separati e definiti, il regista faceva il regista, lo sceneggiatore scriveva, l'attore recitava. Oggi tutto si è mischiato e per me l'unico attore che merita di essere paragonato a Sordi e Volonté è Toni Servillo" - ha detto con sincerità Enrico Vanzina - "tutti gli altri hanno ancora molto da dimostrare". Un film atipico
Quando iniziò a prendere piede il progetto di trasporre il romanzo di Augias, Carlo Vanzina pensò subito a Volonté per il ruolo da protagonista ma era consapevole che sarebbe stato difficile, forse impossibile convincere un attore di quel calibro ad accettare il ruolo e ad affidarsi ad un regista non proprio avvezzo a quel tipo di cinema. "Lo avevo conosciuto tanti anni prima sul set de L'armata Brancaleone" - ha confessato Carlo Vanzina - "e dopo tanto tempo lo chiamai e gli feci leggere il copione. Lui senza neanche un'esitazione mi disse 'sì, lo faccio' e io quasi non credevo alle mie orecchie visto che in quell'anno era anche protagonista di Porte Aperte di Gianni Amelio". La delusione fu cocente per via dei risultati al botteghino ma Tre colonne in cronaca fu anche un film molto importante per la carriera dei Vanzina perché non solo anticipò in maniera impressionante le vicende politiche reali del nostro paese ma fu soprattutto una grande sfida per tutti, tanto che Volonté confessò più volte alla figlia Giovanna Gravina Volonté (anche lei presente a Bari in questi giorni di retrospettiva in cui il pubblico può assistere gratuitamente a ben 75 eventi dedicati alla memoria dell'indimenticato attore) di aver vissuto con Carlo sul set una delle migliori esperienze professionali di tutta la sua carriera. "Col senno di poi posso senz'altro dire che questo film ha segnato in maniera indelebile la nostra carriera" - ha spiegato Carlo con grande onestà - "ci è servito per capire quale fosse realmente il nostro cammino, ad infognarci in un genere, la commedia, che poi ci ha portati al successo ed è stato bello rivederlo oggi sul grande schermo perché ho riscoperto una mia creatura che per troppi anni avevo messo da parte perché mi aveva fatto tanto soffrire". Per non perdere la memoria
Concepito per aiutare le giovani generazioni a conoscere e le meno giovani a ricordare quello che il nostro Paese ha rappresentato per il cinema mondiale, il Bif&st lavora per non perdere contatto con il passato e per far sì che nomi come quelli di Elio Petri, Pietro Germi, Ettore Scola (che non a caso è il Presidente del Bif&st), Mario Monicelli, Roberto Rossellini e Federico Fellini entrino in contatto con i giovani fruitori che affollano oggi i cinema italiani, di fare in poche parole quello che la tv di Stato e la scuola oggi non fanno più e cioè aiutare a tramandare la nostra cultura e in particolare il nostro cinema di generazione in generazione. "Il grande cinema è importante tanto quanto la letteratura e la musica ma noi ci ostiniamo a produrre solo show televisivi che parlano di cucina, ormai la televisione non è più una cosa seria e i registi televisivi non vengono più neanche citati tanto hanno perso la loro importanza" - ha detto Enrico Vanzina con un tono un po' seccato - "il cinema è un'arte meravigliosa che nei decenni è stata capace di influenzare il pensiero degli italiani e qualche volta ha anche destabilizzato la classe politica quindi fa parte di noi fino nel profondo e va valorizzato in maniera adeguata". La grande bellezza del cinema italiano
Può un Oscar restituire un po' di ottimismo e coraggio al cinema italiano di oggi? Forse sì, ma sarebbe sbagliato pensare che Benigni, Salvatores, Bertolucci, De Sica e oggi Sorrentino siano in grado di fare film da Oscar in serie: "Il cinema non è una catena di montaggio" - ha detto Enrico Vanzina - "ma di certo l'Oscar vinto da La grande bellezza ha restituito credibilità e fiducia all'industria cinematografica italiana, ci ha fatto capire che non siamo affatto gli ultimi della classe ma che l'Italia è di nuovo un Paese che cinematograficamente può vincere".