Davide Barletti e Lorenzo Conte sono i due giovani registi di Fine pena mai, film con Claudio Santamaria e Valentina Cervi che si immerge nella tragica vita di un mafioso pugliese, ripercorrendo la sua vita di eccessi, fino al drammatico momento dell'arresto.
"Il film nasce quattro anni fa - dice Barletti - leggendo Vista di interni, il diario dell'ergastolano Antonio Perrone. Ci colpì proprio il libro, per qualità e profondità. Il punto di vista era particolare, molto intimo. Con gli sceneggiatori abbiamo solamente dovuto fare un lavoro di ricostruzione di ambientazione e personaggi. Volevamo indagare un periodo buio della storia italiana, moralmente e socialmente, non avevamo intenzione di fare un gangster-movie classico, e non volevamo prendere posizione né in un senso né nell'altro, cercando di mantenere un certo distacco".
Il film è girato interamente in uno stretto dialetto pugliese. "Abbiamo studiato duramente quel dialetto, un lavoro tecnico complicato. Abbiamo riletto più volte la sceneggiatura in lingua salentina".
Complicato il rapporto tra l'autore del libro, l'ergastolano Perrone, a lungo in regime di 41 bis, dal quale il film ha tratto spunto. "Perrone è stato a lungo in regime di 41 bis - dice Conte - e per lungo tempo abbiamo avuto un contatto esclusivamente epistolare. Il regime di massimo isolamento è terminato solamente qualche mese fa, e l'abbiamo potuto incontrare di persona solo di recente. Evidentemente l'incontro con lui è stato molto strano, c'è stato molto imbarazzo. Lui comunque non ha mai posto domande, dubbi o obiezioni sulla direzione intrapresa dal film".
"L'esigenza da cui nasce questo film è il fatto che il racconto di quegli anni è passato solo attraverso le cronache giudiziarie. Ma quel pezzo di storia aveva bisogno di essere raccontato, c'era proprio bisogno di fare della fiction, di raccontare delle storie. Ha bisogno di respirare quella terra, non di passare solamente attraverso le scartoffie dei tribunali".