Happyend, la recensione: una storia non solo giapponese

Nella sezione Orizzonti dell'ottantunesima Mostra del Cinema di Venezia arriva il nuovo lungometraggio di Neo Sora, che stavolta porta al cinema una storia da lui scritta che parla di crescita, nazionalismo e xenofobia.

Il cast in una scena del film Happyend

La fine dell'adolescenza è un periodo delicato e complicato, se poi avviene in un clima sociopolitico teso e in una nazione che non ti accetta, può rivelarsi qualcosa di difficile da attraversare. Di questo parla Happyend, il nuovo film di Neo Sora, regista già transitato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia lo scorso anno con il documentario Ryuichi Sakamoto: Opus, dedicato a suo padre, scomparso da poco. Quest'anno presenta il suo nuovo lungometraggio, del quale si è occupato anche della scrittura, nella sezione Orizzonti. Un passo importante in una carriera che sembrerebbe in ascesa. L'obiettivo che si pone è ambizioso: raccontare una storia di crescita e maturazione descrivendo allo stesso tempo una serie di problematiche politiche e culturali che dipingono il Giappone di un ipotetico prossimo futuro, un luogo che però, tristemente, presenta delle criticità assimilabili a quelle di altre nazioni anche molto distanti dall'arcipelago del Sol Levante.

Crescere e allontanarsi in una trama che parla di xenofobia

Happyend Un Momento Del Film
Una scena del film

Yuta e Kou sono due migliori amici, inseparabili fin dall'asilo. Entrambi però ora stanno per diplomarsi insieme a quei ragazzi che formano con loro un gruppo di amici affiatato. Nonostante si conoscano tutti da tempo alcuni di loro non hanno origini giapponesi e per questo vengono visti dalle autorità e dall'opinione pubblica come elementi problematici quando, invece, sono solo ragazzi normali che vogliono divertirsi e trascorrere le proprie vite in tranquillità, sognando in grande. Quando uno scherzo al preside della loro scuola fa scattare l'allerta, però, tutto inizia a cambiare. In un paese dove il crescente nazionalismo e conseguente xenofobia sono in crescita la situazione si fa tesa e Yuta e Kou si ritroveranno a fare scelte molto diverse che rischieranno di allontanarli.

Happyend e una scrittura complicata

Happyend Una Sequenza Del Film
Gli studenti tentano di parlare con i professori

Le diverse tematiche che si intrecciano e compenetrano rendono Happyend un film complesso, sia da scrivere che da giudicare. Neo Sora lo costruisce quasi come un coming of age ma allo stesso tempo punta fortemente su quella che è la componente politica della storia che alla fine va di pari passo e a volte quasi offusca, il sentire dei protagonisti, il loro tormento, ma soprattutto i loro timori per il futuro. Presi in un punto di passaggio della vita sono divisi tra l'istinto e la voglia di divertirsi e quello di andare avanti e costruirsi un futuro, magari tentando di plasmare una società più egualitaria. Quello che manca quindi alla scrittura del film è l'equilibrio che sarebbe servito per tenere in equilibrio tutte le componenti presenti. Va detto, però, che l'idea e lo spunto narrativo risultano comunque forti, specialmente se rapportate a personaggi interessanti anche se non ugualmente curati.

Una regia ispirata

Quello che però funziona è la regia: Sora ha la capacitò di costruire delle immagini dalla composizione quasi perfetta, delle inquadrature comunicative ed efficaci sempre al servizio della storia e pensate per valorizzare al meglio i personaggi in scena. Anche la fotografia di Bill Kirstein va a supporto di tutto questo, calibrando bene luci e ombre in modo naturale e mai artificioso perché, alla fine, Happyend è una storia semplice ambientata in un mondo complicato. Il film non sbalordisce ma nemmeno delude ed in effetti riesce alla fine nel suo intento: quello di far riflettere sul crescente clima di tensione e xenofobia che sta prendendo piede insieme alle frange della destra più estrema.

Conclusioni

Happyend è una pellicola sentita ed ispirata che però nella scrittura non riesce a trovare l’equilibrio necessario a valorizzare ogni singola componente narrativa. I personaggi sono interessanti, quasi quanto l’idea alla base della sceneggiatura, ma purtroppo non riescono sempre a trovare lo spazio e la cura necessari. Buona la regia, forte di immagini dalla composizione quasi perfetta ed espressiva.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
4.0/5

Perché ci piace

  • L’idea alla base del lungometraggio.
  • La regia, fatta di immagini curate.
  • La fotografia, naturale e funzionale.
  • I personaggi interessanti…

Cosa non va

  • … che però vengono a volte soffocati dalla tematica sociopolitica.
  • Il poco equilibrio nella scrittura.