Gruppo di attrici in un interno
Chi può dire esattamente quando un'attrice abbia smesso di recitare? Nella vita privata quali dei suoi atteggiamenti sono espressione della sua naturale spontaneità, o frutto di una maschera artificiosa che permane anche oltre i confini del set? Molto spesso le vicende personali delle star, inclusi i loro matrimoni e i divorzi, appaiono più fittizi di quelli dei personaggi da essi incarnati sullo schermo. Questi e altri interrogativi suscita la visione di The Actresses, esperimento meta-cinematografico di Lee Je-yong che si situa in maniera del tutto unica (per il panorama sudcoreano, ma non solo) al confine tra documentario e finzione. Sei note attrici coreane, appartenenti a diverse generazioni, sono convocate su un set fotografico durante la vigilia di Natale per celebrare con un servizio speciale l'anniversario del magazine Vogue. Il film è il semplice resoconto del dietro le quinte di questo evento, ma è al tempo stesso anche un'indagine sul mondo dello spettacolo e dello star system coreano, e una riflessione tutt'altro che banale sull'impossibilità di discernere tra apparenza ed autenticità, nel cinema così come nella vita.
The Actresses si caratterizza per un impianto della messa in scena del tutto ibrido e difficilmente decifrabile. Da una parte il film appare come una fedele cronaca documentaria, dal momento che ciascun personaggio (non solo le attrici, ma anche tutto lo staff al servizio di Vogue) si limita a impersonare se stesso. D'altro canto, si tratta anche di un'opera dalla sceneggiatura rigidamente scritta, che circoscrive uno sviluppo narrativo del tutto fittizio. Come interpretare allora il film? Probabilmente la soluzione migliore è quella di considerare The Actresses come un omaggio alla straordinaria ricchezza e molteplicità di sfumature che possiede l'arte della recitazione, e come un monumento alle diverse forme di fascino e bellezza incarnate dalle sei attrici.
Ciascuna delle protagoniste possiede una caratterizzazione psicologica che viene dettagliatamente sviluppata nel corso del film. All'inizio ognuna appare un po' distante dalle altre, e occupa una posizione specifica all'interno del gruppo come in una sorta di schema sociale. C'è l'ultima arrivata Kim Ok-vin, fresca del successo di Thirst ma ancora impacciata e inesperta; l'avvenente modella Kim Min-hee che, pur essendo ancora giovane, comincia già a sentirsi minacciata da nuove rivali; la star Choi Ji-woo, che si atteggia a diva internazionale perché ha ottenuto uno straordinario successo in Giappone; l'attrice in crisi Ko Hyun-jung, sovrappeso e ancora vittima del trauma da divorzio; la matura Lee Mi-suk e la matriarca Youn Yuh-jung, raffinata e affascinante nonostante l'età avanzata. All'inizio è come se ciascuna di loro recitasse davvero una parte ben specifica e si comportasse nei confronti della altre come se stesse leggendo le battute da un copione. Ma con il proseguire della giornata di lavoro, le sei attrici finiranno per avvicinarsi vicendevolmente e conoscersi meglio, complice anche una cena improvvisata in studio durante la vigilia di Natale. L'intera seconda parte del film si svolge, infatti, quasi interamente attorno a un tavolo, con le protagoniste che vivono un'esperienza quasi catartica liberandosi delle loro maschere e confessando le loro autentiche emozioni e paure. Pare allora, all'improvviso, svilupparsi per davvero un'autentica solidarietà e un'intimità reciproca. Solo a questo punto lo spettatore pensa che attorno al tavolo non siano sedute delle attrici, ma delle semplici ragazze e donne come tante altre. Ma chi ci dice che anche in questo caso non siamo di fronte a un inganno, a una straordinaria pantomima messa in opera da professioniste della simulazione? Sta proprio qui il fascino ambiguo e sfuggente di un film come The Actresses, capace di farci riflettere sulla bellezza illusoria e ingannevole del cinema (e della vita).