Chi ha accolto nella propria casa un animale domestico sa che la sua presenza non è solo una mera compagnia per scacciare la solitudine. Un cane (ma non solo) è in grado di entrare nella nostra esistenza radicandovisi in modo così profondo ed essenziale da diventare un vero e proprio compagno di vita, una figura costante, un affetto fondamentale e per questo insostituibile. Di questo, e altro, parla Good Boy, primo lungometraggio di Ben Leonberg che, con un budget bassissimo e una lavorazione di tre anni, confeziona un film tanto particolare* quanto riuscito. Un horror vissuto da un punto di vista unico: quello di un cane che cerca di salvare il suo padrone da una forza oscura che lo perseguita.

Presentato in Italia ad Alice nella città, quest'opera ha riscosso fin da subito un largo numero di consensi con una percentuale di gradimento di più del 90% su Rotten Tomatoes. Il protagonista, Indy, è nella realtà il cane del regista ed è divenuto in breve tempo uno degli attori a quattro zampe più apprezzati e ricercati con una petizione in corso per fargli ricevere un premio alla notte degli Oscar.
La tenacia di un amico a quattro zampe

La storia, infatti, ruota tutta intorno all'intrepido Indy che con Todd (Shane Jensen), il suo padrone malato, si trasferisce in una casa in mezzo al bosco appartenuta al padre defunto del suo compagno umano. L'isolamento e la natura selvaggia che caratterizzano il luogo sembrano, però, non giovare troppo al suo padrone che, da un po' di tempo, è perseguitato da una strana presenza, una sagoma oscura che si annida nell'ombra e che solo il cane sembra in grado di percepire. Da qui in poi la vicenda racconterà i costanti tentativi di Indy di comprendere e allontanare la minaccia per salvare il suo padrone da un male sconosciuto che non sembra dargli tregua.
Vedere l'orrore con gli occhi di un cane
All'apparenza Good Boy è un film molto semplice: una presenza sovrannaturale che perseguita luoghi e persone e qualcuno che nella solitudine si ritrova a subirne le conseguenze. La filmografia horror è piena di storie simili e in effetti, per quanto riguarda la componente paranormale, questo lungometraggio non si discosta dagli altri in nessun modo. L'unico elemento eccezionale è proprio il cane, questo meraviglioso Toller (Nova Scotia duck tolling retriever), incredibilmente espressivo, che si muove agilmente sulla scena rimanendo protagonista per tutti i 72 minuti di film. Il punto di vista che adottiamo come spettatori è il suo: vediamo ciò che lui vede, ciò che sogna e sente venendo a parte dei suoi timori e delle sue preoccupazioni.

Le figure umane sono meramente di contorno e, infatti, di rado vediamo in volto il suo padrone e mai gli altri che lo circondano. Quando vediamo il viso di Todd è perché Indy lo sta guardando o perché, senza fare spoiler, è in qualche modo necessario alla storia. Di conseguenza anche la maggior parte delle inquadrature sono dal basso, all'altezza degli occhi e del naso del cane e mai avremmo immaginato come questa banale accortezza potesse contribuire ad aumentare quel senso di apprensione e incertezza che domina l'intera pellicola.
Un film più profondo di quanto sembri
Ovviamente Good Boy non è un film perfetto, specialmente dal punto di vista tecnico, ma la maggior parte dei piccoli problemi sono senza dubbio imputabili alla scarsità del budget. In compenso, per quanto riguarda la narrazione, una trama apparentemente semplice nasconde però un'idea complessa e geniale: il racconto della malattia dal punto di vista di chi ci è più fedele, porta ad un coinvolgimento emotivo estremo che ci fa rimanere in tensione fino all'ultimo minuto.

Le ombre in agguato diventano così sinonimo di qualcosa di più profondo, qualcosa che la mente di Indy forse non può comprendere e che quindi spaventa lui e noi ancora di più: quel male che non riusciamo a mettere in conto, che ci perseguita perché siamo umani e fragili. Le ombre sono la malattia incarnata, una piaga dalla quale in quanto esseri fatti di carne non possiamo liberarci ma che spesso tormenta più chi ci vuole bene che noi stessi.

È qui che risiede la profondità del film. Qui, e negli occhioni espressivi di Indy che nel suo piccolo accudisce e non abbandona, regalando affetto incondizionato: presenza viva, costante e gioiosa in una vita di solitudine. Good boy è un colpo al cuore, un attentato ai dotti lacrimali e un horror che spaventa ma allo stesso tempo vi convincerà di aver bisogno di un amico a quattro zampe.
Conclusioni
Good Boy è un horror breve, intenso e commovente che punta dritto al cuore dello spettatore adottando un punto di vista insolito: quello di un cane che deve difendere il suo padrone da un male oscuro che si annida nell’ombra. Qualche imprecisione tecnica dovuta al basso budget non intacca la riuscita complessiva del primo lungometraggio di Ben Leonberg che da vita a un’opera solo all’apparenza semplice ma che attraverso gli occhioni di un cane racconta con efficacia tematiche di spessore come gli affetti e la malattia. Un vero colpo al cuore che vi spaventerà causandovi allo stesso tempo pianti irrefrenabili.
Perché ci piace
- Il cane protagonista, espressivo e innegabilmente adorabile.
- L’espediente del punto di vista animale, efficace e originale.
- La scrittura solo all’apparenza semplice.
Cosa non va
- Qualche imprecisione tecnica dovuta al budget esiguo.